Kultur | Parole e significati

Delle parole. Della parola: "Patria"

Finché si possono usare le parole, conviene farlo. Del resto, dipende dall'uso che se ne fa. Speriamo in bene
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Con mio grande sconforto leggo le ultime dichiarazioni del filosofo Umberto Galimberti: "Parole come patria e valori o tradizioni sono morte. Richiamano scenari che non esistono più, gli Stati vanno aboliti lo diceva già Kant“. Queste esternazioni giungono oggi da  Modena per il Festivalfilosofia, in merito al significato di alcune parole tornate molto alla ribalta nel discorso politico. E proprio su questo filo rosso di “parole che non descrivono più il nostro mondo, ma che vengono da quelle greche e giudaico cristiane e rimandano a uno scenario che non esiste più”.
Dispiace perché mi sembra evidente che il filosofo Galimberti sia molto seguito, al pari dello storico Alessandro Barbero di cui ricordo: «Rischio di dire una cosa impopolare, lo so», aveva esordito lo storico intervistato da Silvia Francia su La Stampa, «ma vale la pena chiedersi se non ci siano differenze strutturali tra uomo e donna che rendono a quest'ultima più difficile avere successo in certi campi. È possibile che in media, le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi?».
È possibile, è possibile... più che spavalderia, la chiamerei... sobrietà? Consapevolezza? Non vorrei aggiungere... serietà?

E domando quale termine dovremmo sostituire alla parola "patria". Se manca la parola manca il concetto, per cui ancora chiederei, che cosa adottare, visto che evoca scenari così cupi? È evidente, che sono d'accordo su un punto: dipende dal modo, un intento nazionalistico e provocatorio è certamente poco auspicabile. Ma un conto è l'intenzione, il tono, il contesto, un conto il sostantivo. 
Anzi, i sostantivi: valori, tradizioni, patria. Non esistono?

Sbaglierò, ma la parola "patria" deriva da "pater", termine latino.
In tedesco troviamo "Vater", in inglese "Father". "Pater" sta a indicare il nome del capofamiglia, che, a sua volta, contiene la radice “pa” di pascere (nutrire, proteggere).Pastore, pascolo, proteggere...
Nel suo Vocabolario delle istituzioni indoeuropee, Émile Benveniste pone un netto accento sulla denominazione della paternità: in sintesi, si può ritenere che appartenga all’indoeuropeo comune la traslazione del legame paterno dall’uso “fisico” a quello mitologico e poi divino. Mentre nelle lingue indoeuropee l’appellativo di padre non ha una stretta connotazione biologica (mio padre), in quanto può indicare tanto il dio supremo delle religioni politeiste, quanto l’unico Dio in quelle monoteistiche (Padre nostro), in quelle extraindoeuropee invece la paternità indica una relazione individuale e personale, biologica.
Tralascio di approfondire l'etimologia dei termini "valore" e "tradizioni". Lunghi discorsi sarebbero da fare.

Mi torna in mente una mia risposta data nel corso di una recente riunione di lavoro, in cui suscitò critiche il mio aver usato la parola "patria" nella seguente frase: "La - patria - di alcuni pittori del Rinascimento era Venezia, della quale rimangono famosi la sensibilità degli artisti  per la luce ed il colore...".
Per cui dissi: "Cari signori, nessuno meno di me ha intenti nazionalistici o razziali. La parola"patria" può indicare un'appartenenza parentale o sentimentale, a differenza, ad esempio, del corrispondente"Heimat" che sottende un legame con il suolo. Che poi, come sostiene Galimberti, l'aggettivo "heimlich", di radice sassone, assuma anche il significato di "famigliare" , associato al concetto di "casa", è altro discorso. E mi dispiace, nella suddetta accezione, la parola "patria", con tutto il rispetto, continuo ad usarla. Volentieri".
A me, richiama questi scenari:luce, colore, arte, paesaggio . D'altra parte, "Omnia munda mundis", come si dice: “...la malizia è negli occhi di chi guarda". Più parole usiamo, più concetti esprimiamo. Sta a noi, usarle in modo appropriato.

https://www.huffingtonpost.it/blog/2023/09/17/news/delle_parole_della_parola_patria-13377899/