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Il mestiere del libraio

Monica Dori racconta la storia della Libreria Arcadia di Rovereto.
Monica Dori
Foto: il masetto/facebook

Era l’inverno del 2016 quando Monica Dori e Giorgio Gizzi lasciano Roma per aprire una libreria a Rovereto. Prima di approdare sotto i portici di via Felice e Gregorio Fontana, i titolari dell’Arcadia maturano l’idea di lasciare Casal Palocco, un quartiere che si estende tra l’Eur e Ostia, alla ricerca di una nuova sede per la loro libreria. Le strade sono due: cambiare zona della capitale o cambiare città. Rispetto alla seconda possibilità, la condizione è quella di trovare un altrove che abbia dei comodi collegamenti con Roma così da poter mantenere entrambe le attività. Alla fine la scelta cade su Rovereto, una decisione questa che trova i suoi motivi nel fatto che nel Nord Est si legge di più rispetto al resto d’Italia, nella posizione strategica di Rovereto per raggiungere altre città fuori regione e nel legame che Monica e Giorgio hanno con questa città. Per un anno Monica e Giorgio tengono anche l’Arcadia romana per poi decidere di dedicarsi solo a quella di Rovereto. Dopo sei anni di vita trentina il loro bilancio è positivo: in libreria c’è via vai anche in una mattina infrasettimanale di inizio ottobre e le presentazioni – eventi su cui la libreria punta molto – fanno il “tutto esaurito”.

In un panorama che vede diventare le librerie una sorta di supermercati del libro, se non sezioni stesse dei supermercati, e dove Amazon – il più grande negozio on-line di libri nel mondo – rappresenta una concorrenza spietata se non insostenibile, sono le librerie indipendenti o quelle di quartiere le uniche a rispettare quella che secondo Roberto Calasso è la regola della buona libreria: “la buona libreria è quella dove ogni volta si compra almeno un libro e molto spesso non quello (o non solo quello) che si intendeva comprare quando si è entrati”.

salto.bz: Come si diventa librai?

Monica Dori: Prima di tutto è necessario avere una grande passione per la lettura, ma questo non basta, anche se alcuni pensano che sia sufficiente. Bisogna sempre considerare che la libreria è un esercizio commerciale: non si deve vendere solo quello che piace a noi, ma quello che piace ai lettori perché siamo al loro servizio.

Le scuole di librai (in particolare quelle che prevedono una parte pratica) sono utili, perché insegnano il lato meno romantico ma più pratico del mestiere. Io stessa, all’inizio della mia carriera, sono caduta nella retorica romantica che circonda il lavoro della libraia: il mio era un assortimento di sola letteratura che non avrei mai venduto. Poi un vecchio libraio che mi aveva fatto scuola mi fece notare che il mio era un atteggiamento snob.

Infine, è importante essere curiosi: leggere riviste, inserti culturali, ascoltare i consigli dei lettori… Insomma, in libreria non si deve mai salire in cattedra.

Ci sono dei libri “da leggere” se si vuole diventare librai?

Questa è una risposta personale, perché non esistono manuali in senso stretto. Io consiglierei “Gli anni” di Annie Ernaux, perché è un po’ tutto: un memoir, un romanzo, un flusso di pensieri. Poi è utile la lettura di “Librerie” di Jorge Carrión, perché riesce a trasmettere l’importanza di considerare quella della libraia una professione fatta tanto di commercio quanto di passione per la lettura.

Come si può concorrere con Amazon?

Quella di Amazon è la concorrenza più spietata dal punto di vista economico, ma Amazon ha un problema: chi compra su Amazon prende solo quello che sa già di volere. La nostra è invece una libreria che vive sui consigli e spesso da qui si esce con un titolo che non si conosceva.

Nel 1546 Étienne Dolet è il primo libraio a bruciare sul rogo perché accusato di diffondere idee eretiche attraverso i libri che scrive, pubblica e vende nel suo negozio. Nel 2019 La Pecora Elettrica, libreria antifascista romana di Centocelle, subisce due incendi che la costringono a chiudere definitivamente. Ricordando questi episodi, secondo te esiste e qual è il ruolo politico di uno spazio come quello della libreria?

A mio avviso il ruolo politico e sociale di una libreria non deve connotarsi politicamente, perché non deve fare alcuna censura. La libreria non deve far trapelare da che parte sta (sebbene alla fine si capisca), ma è necessario che accenda la curiosità dei lettori così che possano mettere in discussione le proprie idee.

Credo che oggigiorno ci sia il rischio concreto che venga meno la lettura complessa. La libreria dovrebbe invogliare a prendersi il tempo per leggere, riflettere e approfondire. È la mancanza di approfondimento che fa sì che si abbocchi ai vari slogan.

 

 

La case editrici danno sempre più spazio agli influencer. C’è il rischio reale che anche il mercato del libro diventi appannaggio dei volti di Instagram e TikTok?

La libreria deve considerare la pubblicità degli influencer perché, muovendo una fetta di mercato, rappresenta una possibilità di vendite. Noi abbiamo studiato questi fenomeni e siamo concordi sul fatto che non dobbiamo essere snob. Se una persona entra in libreria e chiede un titolo che a noi non piace, è giusto averlo e darglielo.

Detto ciò, la libraia e il libraio devono essere degli influencer per i propri lettori. La libreria deve crearsi un proprio piccolo patrimonio editoriale da consigliare. A mio avviso, una libreria dovrebbe saper coniugare la pubblicità degli influencer al fine anche di monetizzare e accumulare, secondo la propria indole, un patrimonio di libri amici che la caratterizzano.

Quali sono i tre titoli che consigli più spesso in questo momento?

Questa domanda è facile: “I miei genitori” di Aleksandar Hemon (Crocetti Editore), “Adattarsi” di Clara Dupont-Monod (Edizioni Clichy) e “Vite pericolose di bravi ragazzi” di Chris Fuhrman (Atlantide).

Rispetto a quest’ultimo libro c’è una bella storia. Anni fa a Roma abbiamo invitato ISBM all’interno di un ciclo di incontri sulle case editrici. Quel giorno diluviava e alla presentazione non si era presentato nessuno. Apparentemente fu un flop, ma fu in quell’occasione che ISBM ci parlò di “Vite pericolose di bravi ragazzi” presente nel loro catalogo. Ci convinsero a tal punto che comprammo tutta la tiratura. Quando siamo arrivati a Rovereto il titolo non era più disponibile perché nel frattempo ISBM era fallita. Negli anni abbiamo cercato di convincere qualche casa editrice che ci sembrava adatta a ripubblicare quel titolo ed è così che a luglio di quest’anno è tornato in libreria. Noi ne abbiamo già vendute molte copie. Questo per dire che un buon libro trova la sua strada se accompagnato da un libraio. Ecco quello che può fare una libraia e un libraio!

 Quali sono le più belle librerie in cui sei mai entrata?

El Ateneo a Buenos Aires e una libreria di cui non ricordo il nome nel quartiere di Exarchia ad Atene. Mi ricordo che aveva molta scelta di poesia. Mi aveva lasciato un velo di tristezza perché non c’era dentro nessuno eppure era evidente come quella libreria fosse la creatura del suo libraio.