"Ripartire dalla medicina di genere"
Nell’ultimo incontro di ieri (sabato 17 settembre) al Poplar cult di Trento si è parlato di vulvodinia. L’incontro, dal titolo Vulvodinia e altre malattie invisibili, ha avuto come ospiti Giorgia Soleri, attivista ed influencer e Giuditta Pini, parlamentare uscente del PD e prima firmataria del disegno di legge per il riconoscimento della vulvodinia e della neuropatia del pudendo come malattie invalidanti.
Soleri ha iniziato raccontando la sua esperienza con la malattia e il lungo calvario prima della diagnosi, arrivata solamente 11 anni dopo i primi sintomi. Difatti, pur colpendo, secondo stime recentissime, una persona su 7, la vulvodinia rappresenta ancora una patologia poco indagata. Una problematica che ricorre, purtroppo, quando si parla di medicina di genere e questioni femminili: solamente da pochissimo tempo la medicina ha iniziato a trattare i disturbi in maniera più personalizzata, ma resistono ancora moltissimi costrutti sociali che continuano ad influenzare diagnosi e trattamenti medici. Giorgia Soleri ha sottolineato che anche a lei sia spesso capitato di essere rubricata come persona in perfetta salute, affetta da sintomi di fatto inesistenti, in una spirale di depressione, che l’ha portata ad avere intenti suicidi. Questa situazione, comune a molte pazienti, sta venendo alla luce grazie ai social, strumento potente che permette di dare voce a molti invisibili. La stessa Soleri ha raccontato del conforto trovato nelle varie pagine e nei blog, un conforto tale da spingerla a diventare lei stessa promotrice di questa battaglia, mediante il suo ruolo da influencer.
Solamente da pochissimo tempo la medicina ha iniziato a trattare i disturbi in maniera più personalizzata, ma resistono ancora moltissimi costrutti sociali che continuano ad influenzare diagnosi e trattamenti medici
Un impegno concretizzatosi poi nella proposta di legge per far entrare la vulvodinia e la neuropatia del pudendo all’interno dei livelli essenziali di assistenza (LEA) del nostro sistema sanitario nazionale (SSN). Un iter, quindi, nato dall’azione di comitati e di attiviste, raccolto poi da Giuditta Pini, che ha deciso di portare queste istanze in Parlamento; il ddl ha trovato l’approvazione di tutti i partiti, anche di Fratelli d’Italia, inizialmente contrario, ma si è fermato alla Camera, dove è stato già depositato.
Ora sarà la nuova legislatura ad occuparsene, ma Pini ha ribadito la necessità di ripensare il sistema sanitario nazionale in maniera più inclusiva: se le malattie possono colpire tutti, le modalità di costruzione del welfare sono squisitamente politiche e scegliere di abbandonare parti più deboli di popolazione fa parte di un preciso modo di concepire la sanità. Le cure, infatti, sono spesso molto costose e il caso della vulvodinia non fa eccezione, eppure quando si parla di patologie prettamente femminili si assiste ad una certa resistenza: solo da pochi decenni, infatti, si è iniziato a parlare di medicina di genere e di come farmaci e terapie non funzionino allo stesso modo su uomini e donne, anche se i test considerano ancora come parametro l'uomo bianco di corporatura media. Le donne devono poi confrontarsi con il resistente stereotipo della fragilità mentale e dell’isteria, che si traduce in una minore convinzione verso i loro sintomi, considerati spesso immaginari o sovrastimati.
Le donne devono poi confrontarsi con il resistente stereotipo della fragilità mentale e dell’isteria, che si traduce in una minore convinzione verso i loro sintomi
Tra la retorica del partorirai con dolore e le lungaggini burocratiche, ci sono voluti 5 anni per approvare un protocollo d’intesa, con centri di ricerca e università, che recepisse le istanze della medicina di genere, mentre l’attuale accordo sulla suddetta legge non è riuscito neanche ad istituire dei centri per le diagnosi in ciascuna regione. Il compito spetterà quindi al prossimo Parlamento, ma le Regioni e le Province Autonome possono comunque svolgere importanti funzioni in campo sanitario e anche in Trentino è già stata presentata una mozione per il riconoscimento della vulvodinia, la cui discussione, però, continua a non essere calendarizzata. Un ulteriore sintomo, forse, della resistenza all’accettazione delle istanze delle donne.