Cutro e noi
Una donna siriana e i suoi due figli si aggirano per la stazione di Brennero. Agli occhi distratti dei pendolari dello shopping ben si confondono tra i turisti che scelgono la zona di frontiera per una pausa di qualche ora, prima di ripartire per il viaggio. Ma B. sa già che la sua sosta sarà più lunga di quella dei turisti che nel frattempo hanno già sgomberato in gran parte la stazione verso le proprie destinazioni. Comincia a piovere e B. si accampa con i figli all’ingresso, pronta per passare la notte. È qui che viene intercettata e accompagnata dagli operatori di Volontarius al Centro di primo contatto, vuoto da diversi mesi a seguito della ripresa dei pattugliamenti congiunti tra Austria e Italia e il rafforzamento della presenza militare lungo le stazioni prossime al confine, una delle manifestazioni dell’impegno assunto i mesi scorsi e rinnovato nelle ultime settimane tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il cancelliere federale austriaco, Karl Nehammer.
Alla stazione di Gries am Brenner, prima tappa austriaca da Brennero, sono addirittura cinque gli agenti che raggiungono meccanicamente i binari per i consueti controlli del treno. La procedura è la solita e spaventosamente veloce. Si sale dal fondo e si attraversano i vagoni, fissando i volti uno ad uno. Non servono i documenti quando la pelle, gli occhi agitati e le scarpe consunte parlano a sufficienza. Paradossalmente è stata proprio la carnagione e gli occhi chiari di B. a farla passare inosservata dalla polizia di frontiera durante la controversa procedura del racial profiling, un’azione tipicamente poliziesca finalizzata ad attività di controllo e indagine sulla base di motivazioni direttamente riconducibili al bagaglio etnico.
Sebbene il rafforzamento dei controlli di frontiera al Brennero abbiamo effettivamente ridotto i flussi lungo l'asse, la politica repressiva e della chiusura ha già dimostrato negli anni le proprie lacune.
Nei 420 chilometri di frontiera che separano il territorio italiano da quello austriaco, il passaggio di San Candido, nell'Alta Val Pusteria, è tornato ad essere uno dei più battuti dalle persone in movimento, conferma il Capo di Gabinetto di Bolzano, Federico Malavasi. Lontano dall’eco del mainstream e della propaganda, la tratta può contare su facili collegamenti dalla rotta balcanica verso l’Austria, oltre che di controlli di frontiera molto più labili e porosi.
Le rotte migratorie non si fermano, ma si spostano. La loro geografia è in costante mutamento, coerentemente al clima politico e normativo dell’Unione Europea e degli stati nazionali. A ogni chiusura si apre una nuova strada, ogni volta più lunga, impervia e letale.
La strage di Cutro del 26 febbraio 2023, dopo aver provocato 94 morti, tra cui 35 minori, oltre ad esserne l’esempio più lampante, assieme al drammatico naufragio di Pylos dello scorso giugno, ha servito l’occasione al governo dell’ultradestra di Giorgia Meloni per inasprire ulteriormente la già sofferente legislazione in materia di asilo e permesso di soggiorno, rendendo sempre più labile il confine tra detenzione e accoglienza.
La strage che si fa legge
Il pretesto della lotta ai trafficanti è stata la chiave retorica che ha accompagnato il percorso verso la controversa Legge n.50/2023, che nei fatti concreti rappresenta un enorme balzo all’indietro in termini di tutela dei richiedenti asilo presenti sul territorio nazionale. La risposta del Governo alla strage è stata la celebrazione di un Consiglio dei Ministri straordinario proprio a Cutro, approvando con l’occasione il decreto n. 20 del 2023, successivamente convertito in legge, recante: “Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare”.
La nuova normativa interviene con sostanziali cambiamenti in tema di immigrazione clandestina e di flussi di ingresso per lavoro, incidendo in maniera ancor più rilevante sulla protezione internazionale e sulla protezione speciale. Tra le novità, viene eliminato dall’ordinamento il permesso di soggiorno per protezione speciale, prevedendo che i permessi già rilasciati e in corso di validità possano venire rinnovati una sola volta con durata annuale; viene limitato drasticamente il divieto di espulsione per motivi di salute; si impedisce di convertire il permesso di soggiorno rilasciato per cure mediche in permesso di lavoro; viene limitato il permesso per calamità alle situazioni “contingenti ed eccezionali” e non più alla sola situazione di “grave calamità”, che diventa rinnovabile per soli 6 mesi senza possibilità di conversione in permesso per motivi di lavoro.
Il Decreto Cutro ha compromesso fortemente anche la procedura stessa per la richiesta di riconoscimento della protezione internazionale. A preoccupare i giuristi e attivisti per i diritti umani è anche l’introduzione di una nuova procedura accelerata per domande presentate direttamente alla frontiera o in zone di transito, qualora il richiedente provenisse da “Paese di origine sicura”. La lista aggiornata dal Governo inserisce Gambia, Costa d’Avorio, Georgia e persino la Nigeria (al 143esimo posto su 163 paesi dell'ultima edizione del Global Peace Index) alla lista già composta da Albania, Algeria, Bosnia Erzegovina, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Senegal, Serbia, e Tunisia. L’obiettivo è quello di introdurre una presunzione di manifesta infondatezza delle domande d’asilo presentate dai cittadini dei Paesi elencati, perché “in via generale e costante” non si registrerebbero persecuzioni, torture né violenze indiscriminate.
Proprio i cittadini richiedenti nigeriani, secondo il rapporto asilo Migrantes, nel 2022 avrebbero ottenuto il 41% degli esiti positivi in Commissione territoriale, che ha confermato lo stato di profonda insicurezza del paese di provenienza, riassunti, del resto, dalla stessa Farnesina nel portale dedicato ai viaggiatori italiani all’estero.
Nel limbo della legge
Le modifiche inserite nella recente normativa, introducono una procedura accelerata di esame della domanda di protezione internazionale per i richiedenti provenienti da un Paese di origine cosiddetto sicuro, che comporta il dimezzamento dei tempi per presentare ricorso e l’assenza della sospensiva automatica del provvedimento di espulsione collegato al diniego, anche qualora la domanda di protezione internazionale venisse presentata direttamente alla frontiera o nelle zone di transito.
Con il governo Salvini-Conte le procedure accelerate iniziano a diventare strumentali alla negazione del diritto di protezione, a causa del procedimento sbrigativo e del mancato accesso alle informazioni da parte dei richiedenti asilo e all'assistenza legale. Le previsioni introdotte con la Legge n.50/2023 ampliano a loro volta la portata della casistica per la quale è possibile disporre il trattenimento.
Tale disposizione si aggiunge a quanto già previsto dal precedente Decreto Salvini, che aveva introdotto la procedura accelerata per il richiedente che presenta la domanda di protezione internazionale direttamente alla frontiera o nelle zone di transito dopo essere stato formato per aver eluso o tentato di eludere i relativi controlli. Con la nuova normativa, la procedura si potrà applicare in maniera massiva a chiunque giunga in Italia in modo spontaneo.
Per quanto riguarda il trattenimento dei richiedenti protezione internazionale, non si può parlare di novità assoluta. Già nel 2016, l’allora il Ministro dell’interno del Partito Democratico, Marco Minniti, pubblicava le Procedure Operative Standard per le quali “la persona può uscire dall’hotspot solo dopo essere stata foto-segnalata concordemente con quanto previsto dalle norme vigenti, se sono stati completate tutte le verifiche di sicurezza nei database, nazionali ed internazionali, di polizia”.
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Con il verificarsi di afflussi eccezionali, spesso sono state adottate iniziative diverse che prevedevano il trattenimento prolungato della persona senza alcun accesso alla procedura di asilo. Trattenimenti che hanno visto condannare l’Italia diverse volte dalla Corte dei Diritti Umani di Strasburgo, dimostrando come nel corso degli anni, le autorità italiane costringessero in condizioni disumane e promiscue anche donne, vittime di abusi, minori e soggetti vulnerabili.
I richiedenti asilo, compresi quelli sottoposti alla procedura Dublino, non saranno più inseriti nei circuiti della rete SAI, i piccoli centri di accoglienza che favoriscono l’integrazione, ma potranno invece essere trattenuti automaticamente nei centri di detenzione, dagli hotspot ai CPR (noti per le reiterate e accertate violazioni dei diritti umani fondamentali) per tutta la durata della procedura. In aggiunta viene introdotta la possibilità di trattenerli per determinare la sussistenza degli elementi su cui si basa la domanda di protezione internazionale e i soggetti per cui sussiste il rischio di fuga (mancato possesso di passaporto o documento equipollente, dichiarazione di generalità false).
Al tempo stesso, viene previsto il trattenimento durante lo svolgimento della procedura di frontiera, qualora la persona straniera non abbia consegnato alle autorità un passaporto, documento equipollente valido oppure idonea garanzia finanziaria alla permanenza sul territorio italiano. Il trattenimento può avvenire negli hotspot, nei centri di soccorso e prima accoglienza e, in caso di arrivi eccezionali, anche nei CPR.
E in Alto Adige?
Recentemente, complice la spinta nazionale e le incombenti elezioni, anche il governo provinciale è tornato a promettere a gran voce l’apertura di un Centro di Permanenza per il Rimpatrio sul territorio regionale. Il presidente della Giunta, Arno Kompatscher ha espresso la volontà di mettere immediatamente a disposizione un edificio di proprietà provinciale. Sullo stato dei lavori, viene mantenuto ancora il massimo riserbo. Il capo di Gabinetto fa sapere di non rilasciare dichiarazioni a riguardo e rimane vago anche sull’effettiva implementazione del Decreto Cutro nella provincia di Bolzano, specie per quanto concerne la questione del trattenimento e della procedura accelerata in frontiera, ribadendo che “è ancora tutto in fase di definizione”.
La poca chiarezza della norma ha già portato il Tribunale di Bologna a disporre la sospensione del provvedimento impugnato di rigetto della domanda di asilo per manifesta infondatezza (con il diritto del richiedente asilo alla titolarità, e al rinnovo semestrale, del permesso di soggiorno provvisorio conseguente alla proposizione della domanda di asilo) e il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione.
Ancora molto generica è la previsione dei luoghi nei quali i richiedenti possono essere trattenuti a fini di identificazione, dalle caserme a luoghi istituiti ad hoc.
Non è ancora chiaro inoltre se la definizione di “zone di frontiera e di transito” nelle quali verranno applicate le procedure accelerate corrisponderanno a quelle già individuate dal decreto del Ministro dell'Interno 5 agosto 2019 (che individua le zone di frontiera o di transito nelle province di Trieste, Gorizia, Crotone, Cosenza, Matera, Taranto, Lecce, Brindisi, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa, Catania, Messina, Trapani, Agrigento, Città Metropolitana di Cagliari, Sud Sardegna) o se verranno ulteriormente ampliate con la pubblicazione dei prossimi decreti attuativi, tenendo aperta dunque anche l’ipotesi concreta della Provincia di Bolzano.
Rimane tuttavia impensabile pensare che la detenzione amministrativa dei richiedenti asilo, (che ha la pretesa di diventare una misura generalizzata per quanto l’applicabilità effettiva sia ancora da dimostrare) anche nei luoghi non identificabili come centri di detenzione, sia effettivamente in grado di soddisfare gli obblighi procedurali e le garanzie di libertà personale previste dalle Direttive dell’Unione europea in materia di rimpatri ed accoglienza dei richiedenti asilo.
Mit den von der Wirtschaft
Mit den von der Wirtschaft dringenst geforderten Arbeits-Kräften, für Arbeiten die von den Südtirolern kaum mehr angenommen werden (Äpfel klauben, Weinlese, Küchenhilfe in Gastbetrieben, Reinigung, Hilfs-Tätigkeiten usw.), kommen MENSCHEN mit Bedürfnissen (wohnen, Familien-Zusammen-Führung, religiöse Tätigkeit, Freizeit-Gestaltung).
Dafür müssen die Möglichkeiten bereit gestellt werden. Die Forderung, dass sie nach erledigter Arbeit wieder in ihr Ursprungs-Land verschwinden sollten, ist MENSCHEN-v e r a c h t e n d!