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Veloci come i riders

Sbarca a Bolzano “Deliveroo”, il servizio di consegne di cibo a domicilio. Ma per i fattorini della “gig economy” le tutele sul lavoro sono ancora insufficienti.
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Foto: web

Dopo Trento, arriva anche a Bolzano il primo servizio di “food delivery”, ovvero di consegne di cibo a domicilio con l'ordinazione eseguita tramite una app e la consegna da parte dei “riders”, i fattorini in bicicletta o scooter. Saranno 20 i ristoranti serviti in città dalla piattaforma “Deliveroo” – in primis i due McDonald's di piazza della Parrocchia e zona industriale. L'azienda è una dei leader del settore: in tutta Italia 2000 ristoratori aderiscono al servizio e 1300 riders sono impiegati dalla società, di cui il 50% sono studenti. Bolzano è la 25esima città italiana in cui è possibile ordinare "comodamente da casa" con l'applicazione di Deliveroo.

L'economia dei “lavoretti” a chiamata

Un'opportunità di business che vede anche altre piattaforme online – quali Just Eat, Foodora, Glovo e UberEats con qualche differenza l'una dall'altra – applicare varie forme di contratti di lavoro: i fattorini sono inquadrati e retribuiti con contratti di collaborazione, partite IVA o ritenuta d’acconto. In media ricevono intorno ai 5 euro a consegna, meno di 4 euro netti tolte tasse e contributi. Alcuni ricevono anche una parte di retribuzione fissa, legata al numero di ore in cui si rendono disponibili: Deliveroo è una delle poche piattaforme che offre – almeno per ora – una paga oraria.

Dall'algoritmo a una giusta paga

Mentre l'Unione Europea iniziava a mettere mano alle regole della gig economy, il ministro al lavoro e allo sviluppo economico Luigi Di Maio – non appena insediatosi nei due dicasteri – aveva promosso un incontro con i rappresentanti delle piattaforme digitali di food delivery e i “riders”, con l'obiettivo di formulare una proposta per la tutela delle condizioni di lavoro e della retribuzione dei nuovi “pony express”. Il tavolo tecnico di mediazione, riunitosi per la prima volta a luglio, dopo i primi annunci sarebbe però finito su un binario morto, come spiega Davide Serafin sul blog “giustapaga.it. Di Maio – nel caso non si fossero avviate le trattative, o fossero fallite – aveva minacciato di inserire nel “decreto dignità” una norma che trasformava i lavoratori della gig economy da autonomi a subordinati, inserendo il divieto del lavoro “a cottimo”, che lega lo stipendio al numero di consegne effettuate. Più consegne si fanno o maggiori sono le distanze coperte – con evidenti rischi per la sicurezza – più è alta la retribuzione media oraria.

Lavoratori autonomi o subordinati?

I ciclo-fattorini delle app di consegne a domicilio sono lavoratori autonomi a tutti gli effetti: esenti dall'obbligo di presentarsi al lavoro con orari e giornate precise, ma anche senza il diritto a ferie e malattia, non sempre provvisti di copertura assicurativa – e con il dovere di procurarsi e mantenere i propri mezzi di lavoro. Un lavoro precario, dove si può essere licenziati senza che sia fornita alcuna spiegazione, mentre gli algoritmi delle app tendono a favorire chi lavora di più. Per queste ragioni non sono mancati gli scioperi tra i ciclo-riders: anche i lavoratori di Deliveroo sono in stato di agitazione in molte parti d'Europa, così come in Italia. Il primo timido passo verso un inquadramento del lavoro dei fattorini, nel solco di una maggiore tutela dei diritti, è stata la firma della “Carta di Bologna” promossa dall'amministrazione comunale e dall'organizzazione bolognese “Riders Union”, cui però hanno aderito solo due piattaforme minori di food delivery.