"La Storia Continua"
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Oggi (giovedì 19 dicembre) alle ore 19, alla Nuova Libreria Cappelli, Daniele Rielli presenterà insieme a suo padre Michele il libro "La Storia Continua”. L'opera, nata dalla traduzione e integrazione del diario di guerra del nonno Luigi Rielli, racconta la sua esperienza durante la Seconda Guerra Mondiale: dalla chiamata alle armi, al fronte e alla prigionia in Inghilterra, fino al difficile ritorno a una vita di pace, segnato dalla perdita del padre e dall'incontro con la figlia nata durante la sua assenza.
SALTO: Primissima domanda rituale: di cosa parla "La storia continua" e come mai avete scelto questo titolo?
Daniele Rielli: Il libro nasce dal diario di guerra e poi di prigionia scritto da mio nonno Luigi Rielli durante la seconda guerra mondiale. Quando sul finire del 1942 mio nonno fu chiamato al fronte aveva già 35 anni, che sarebbero già tanti oggi per un soldato ma allora erano proprio tantissimi, aveva già una figlia e mia nonna era incinta della secondogenita. L’Italia però era in una condizione talmente disperata che stava raschiando il fondo del barile, chiunque fosse arruolabile doveva partire. Luigi era un agricoltore, mai coinvolto con il partito fascista, e in un quaderno che si porta con sé scrive quello che vede: un esercito raccogliticcio, male armato, per nulla addestrato, lontano mille miglia dalla retorica guerriera del regime. Prende parte agli scontri con gli americani in Sicilia, dove l'esercito viene completamente sbaragliato dalla superiorità tecnologica statunitense; proprio lì viene fatto prigioniero e passa lunghi anni prima in Tunisia e poi a Londra e racconta anche questo periodo nei dettagli. In cima a molte pagine del quaderno mio nonno scrive "La storia è lunga" o "la storia continua". Entrambe le cose sono vere perché la storia è stata davvero lunga anni e per fortuna Luigi poi è riuscito a fare ritorno a casa; la storia quindi ha potuto continuare. Da qui il titolo: nonostante l'assurdo, la violenza e i lutti la storia va avanti.
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Quando è nata l'esigenza di riaprire questo capitolo della storia - già toccato in Fuoco Invisibile - e raccontarlo nella sua interezza?
Questo era un progetto che mio padre, come racconta lui stesso nel libro, aveva in mente da anni e aveva sempre rimandato; io vidi il diario per la prima volta più di vent'anni fa, avevo appena iniziato l'università quindi il manoscritto era a casa nostra da tempo, da quando fu scovato a casa di mio nonno, nel Salento, dopo la sua morte. Per renderlo pubblicabile serviva però un lavoro di traduzione dal dialetto all'italiano, di ricerca - per riempire i buchi e spiegare i passaggi che per il lettore di oggi non sono immediati, ed editoriale, per dare una forma di libro compiuto all'oggetto che ne sarebbe venuto fuori. Dei primi due si è occupato mio padre, integrando il diario con la sua esperienza di figlio di un reduce di guerra, raccontando la storia del manoscritto ritrovato, del lavoro che ha richiesto. In un bel capitolo verso la fine del libro ha raccontato la sua infanzia nel poverissimo secondo dopoguerra e come quell'esperienza del tutto fuori dall'ordinario avesse cambiato per sempre mio nonno. Solo per fare un esempio: ci sono ancora elementi del lessico famigliare della mia famiglia che risalgono a quell'esperienza e personalmente l'ho scoperto proprio grazie a questo libro. Io poi mi sono occupato della veste editoriale del libro.
Nel libro c'è tutto nel senso che c'è il testo originale e, a fronte, la traduzione, una scelta radicale presa per tutelare la natura di documento storico del manoscritto.
In “Fuoco Invisibile" la storia era raccontata in forma sintetica per sottolineare come gli ulivi (mio nonno era un agricoltore e gli ulivi e l'olio erano una parte fondamentale della sua vita) segnassero la continuità fra le generazioni ormai da secoli e come gli esseri umani siano riusciti a distruggerli con la malagestione dell'epidemia di xylella. Quel capitolo serviva a dire: mio nonno, che era un agricoltore che nella vita normale sarebbe andato a malapena al paese di fianco, è finito in paesi lontanissimi, ha assistito alla morte dei suoi amici, all'assurdità della guerra, non è più riuscito a rivedere suo padre vivo ma quando finalmente è tornato gli ulivi erano ancora lì, come sempre. Settanta anni dopo invece sono bastati i social network, una classe politica grottesca e la bassissima istruzione scientifica della popolazione italiana per ucciderli. Il contrasto mi sembrava notevole, per quello il capitolo. "La storia continua" invece è la storia di un figlio che ritrova suo padre, perché finalmente Michele è riuscito a fare i conti con Luigi e salvare a suo modo la sua memoria. L'oggetto narrativo è lo stesso ma la prospettiva è completamente diversa. L'innesco poi è un sogno. Come racconto ne "Il Fuoco Invisibile" sia mio padre che mio nonno hanno sempre riposto molta fede in alcuni sogni che loro ritengono avere valore metafisico. L’impasse nella realizzazione di questo libro – rimasto in sospeso per più di due decenni – per mio padre è stato rotto da un sogno, è dopo questo evento che finalmente ha preso la decisione di imbarcarsi in questa piccola impresa letteraria.Il processo di traduzione: cosa avete cercato di mantenere intatto e cosa avete rielaborato
Nel libro c'è tutto nel senso che c'è il testo originale e, a fronte, la traduzione, una scelta radicale presa per tutelare la natura di documento storico del manoscritto. Oltretutto è anche interessante linguisticamente perché mio nonno scriveva in una lingua ibrida fra italiano e dialetto che ha anche dei momenti piuttosto divertenti.
C'è un episodio del diario che l'ha colpita particolarmente e che possiamo "spoilerare" ai nostri lettori?
Ce ne sono tanti, uno lo racconto anche ne "Il Fuoco invisibile", uno sliding doors in cui mio nonno non rimane ucciso per una questione di centimetri, fosse stato poco più in là e non ci sarebbe stato mio padre e neppure io, ovviamente. Qui però voglio citare un altro momento: durante la prigionia a Londra, a Luigi erano concesse anche delle libere uscite, sempre però indossando la divisa da prigioniero di guerra. Durante una di queste passeggiate suona l'allarme aereo: sta arrivando un bombardamento tedesco, le v2 che avevano distrutto mezza città e ammazzato decine di migliaia di persone. Mio nonno racconta che un civile inglese lo chiamò e lo fece entrare di corsa in un rifugio anti-aereo, salvandogli probabilmente la vita. Se ci pensi stiamo parlando di un nemico, un esponente di un esercito che in altre parti del mondo in quel momento stava sparando sui figli degli inglesi. Eppure quell'uomo lo fece entrare, anzi fu lui a chiamarlo e forzarlo dentro il rifugio. È un gesto commovente, mio nonno l'ha raccontato per tutta la vita.
Giovedì 19 dicembre, alle ore 19, alla Nuova Libreria Cappelli, Daniele Rielli presenterà insieme a suo padre Michele il libro "La Storia Continua”.