“Ripensare il sistema di Dublino”
Salto.bz: In commissione LIBE al Parlamento europeo ha preso il via l'esame dell'attesa revisione del “regolamento di Dublino”. Lei è la relatrice-ombra per il gruppo dei S&D. In cosa consiste la riforma e perché siete critici a riguardo?
Elly Schlein: Siamo alla terza revisione del Regolamento di Dublino – che stabilisce i criteri per determinare lo Stato membro competente per l’esame di ogni richiesta d'asilo presentata nell’UE – ed è tempo di superarne l’ipocrisia originaria, quella che ha lasciato gravare le maggiori responsabilità sui Paesi alle frontiere calde dell’Unione. Il testo proposto dalla Commissione Europea nel maggio scorso, nell’ambito della riforma del Sistema Europeo Comune di Asilo, è debole e insufficiente. Non supera il criterio del primo Paese d'accesso, e prevede anzitutto un obbligo in capo agli Stati di primo arrivo di fare dei check preliminari di inammissibilità delle richieste, che oltre a gravarli ulteriormente, costituirebbero un pericoloso filtro discrezionale all’ingresso per un gran numero di richiedenti.
Il testo elaborato dalla Commissione non prevede alcuna misura di ricollocamento?
La Commissione propone un meccanismo “correttivo” di ricollocamento solo nel caso in cui la capacità di accoglienza di uno degli Stati Membri raggiunga il 150%, quindi a crisi già scoppiata. Si tratta di un criterio matematico ed astratto, che non tiene conto del fatto che i sistemi di accoglienza in molti Stati sono già al collasso. È una proposta che mira più ad assecondare l’ossessione securitaria di alcuni Stati che non a risolvere le storture attuali con meccanismi più efficaci ed equi. Si prevede persino una via d'uscita per quegli Stati che non vogliono fare la propria parte, e che anziché accogliere potrebbero pagare 250mila euro a rifugiato che rifiutano, come se si potesse davvero dare un prezzo ai diritti delle persone e agli obblighi di accoglienza che derivano dai Trattati internazionali ed europei. Che peraltro già prevedono, agli articoli 78 e 80, la solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità tra Stati membri, principi completamente traditi da una realtà in cui 6 Stati su 28 affrontano da anni l’80% delle richieste d'asilo presentate nell’UE.
Su quali parti del testo interverranno i vostri emendamenti?
La scorsa settimana la relatrice del Parlamento, la svedese Wikstrom, ci ha presentato una prima bozza di relazione che già migliora molti aspetti del testo, e in questa settimana presenteremo i nostri emendamenti. Sono convinta della necessità di ripensare il sistema di Dublino costruendolo su basi totalmente diverse, anzitutto superando il criterio del primo paese di accesso, come il Parlamento già chiede da tempo, e favorendo, quindi, un'equa distribuzione delle responsabilità tra Stati membri. Bisogna dare priorità al ricongiungimento familiare, prevedendo un’estensione della nozione di famiglia, ad oggi troppo restrittiva. E’ necessario agire anche sulla parte che riguarda i minori stranieri non accompagnati, che rischiano di essere incentivati a nascondersi fino al raggiungimento della loro meta finale. Bisogna, in sostanza, costruire un sistema basato sulla fiducia reciproca, tra Stati membri e con i richiedenti: solo così, prendendo in considerazione il più possibile i legami esistenti di ogni richiedente con gli Stati membri, si possono tenere al centro i diritti delle persone ed evitare movimenti secondari. Questi i punti salienti su cui ci stiamo concentrando, per non rendere vana o addirittura peggiorativa la riforma di Dublino.
Bisogna costruire un sistema basato sulla fiducia reciproca, tra Stati membri e con i richiedenti asilo
Possibile ha definito l'applauso dell'assemblea PD all'intervento di Emma Bonino sull'immigrazione “un monumento all'ipocrisia”. Questo mentre sono in corso di conversione i decreti-legge su sicurezza e immigrazione del ministro Minniti. Il governo sta riducendo i diritti dei richiedenti asilo?
I due decreti-legge Minniti ci riportano ai tempi bui dei pacchetti sicurezza Maroni, e sono discriminatori, pericolosi e presentano profili di incostituzionalità, come hanno detto bene Andrea Maestri e Pippo Civati nella conferenza stampa congiunta con Sinistra Italiana di qualche giorno fa. Il decreto legge sulla sicurezza colpisce i soggetti più deboli della società, affidando ai sindaci poteri sregolati di ordinanza, sulla base di quest’idea del sindaco-sceriffo, con il rischio di gravissime compressioni dei diritti fondamentali. Un PD che continua a inseguire la destra con politiche ossessivamente securitarie, che hanno già fallito in questi anni e che calpestano i diritti, finisce per legittimare e rafforzare proprio quella destra che ritiene di voler sfidare. E a pagarne le conseguenze sono sempre i più deboli della società, mentre sulla lotta alle povertà e diseguaglianze non si muove nulla. Il decreto sull’immigrazione appare essere studiato appositamente per ridurre i diritti dei richiedenti asilo. Vengono eliminate tutele giuridiche fondamentali, quali il grado d’appello per i richiedenti protezione internazionale, e vengono riportati in auge i CIE, rinominati “centri per il rimpatrio”: in questi anni si sono rivelati luoghi di detenzione a tutti gli effetti, con ancora minori tutele rispetto alle carceri, dei veri e propri monumenti all'insufficienza delle nostre politiche migratorie, che mancano sempre l'obiettivo di gestire il fenomeno con lungimiranza ed efficacia.
Come possiamo essere credibili nel chiedere ai governi UE una maggior condivisione degli sforzi, se poi al nostro interno non diamo il buon esempio?
In Sudtirolo, dopo una fase di gestione emergenziale da parte della Provincia, alcuni comuni stanno aderendo alla rete Sprar. Anche la città di Bolzano ne sta discutendo.
Il vero problema è che bisogna superare l’approccio emergenziale che con assembramenti inumani, centri di conflittualità più che di accoglienza, è risultato fallimentare e insostenibile per i richiedenti asilo così come per i territori dove sono ospitati. Raggruppare i migranti in grossi centri sovraffollati significa sistematicamente vederne violati i diritti fondamentali, in una gestione caotica e lontana dalle esigenze basilari delle persone. Impedendo non solo un’accoglienza dignitosa, ma minando le possibilità di inserimento nel tessuto sociale. Come possiamo essere credibili nel chiedere ai governi UE una maggior condivisione degli sforzi, se poi al nostro interno non diamo il buon esempio?
Perché l'accoglienza diffusa dello Sprar sarebbe la risposta più efficace?
Sono pochissimi i comuni che partecipano allo Sprar. “Possibile” già a novembre scorso ha reso pubblico e a disposizione di tutti un atto di indirizzo per le politiche locali, approvato da alcuni consigli comunali, col quale proponevamo di diffondere l’adesione allo SPRAR in tutti i territori, per evitare le distorsioni e le strumentalizzazioni che stiamo vedendo. Il modello dell’accoglienza diffusa, con pieno coinvolgimento degli enti locali, è la risposta più efficace ed ha già dimostrato di funzionare, in Italia, anche in contesti locali molto diversi da Nord a Sud. Il sistema Sprar si è rivelato più efficace, perché evita cortocircuiti istituzionali, gli affidamenti diretti e i mancati controlli sulla gestione, ed evita decisioni che sembrano calate dall’alto e aumentano il conflitto. Servono accordi chiari e piena collaborazione. Non dimentichiamo che se gestita bene l'accoglienza porta importanti benefici ai territori che ospitano, come dimostrano le buone pratiche di diversi comuni italiani come Riace, Acquaformosa, Camini e molti altri.
Sabato mattina, 18 marzo, l'europarlamentare di "Possibile" Elly Schlein ha parlato davanti a 120 studenti del Liceo Pascoli di Bolzano del regolamento di Dublino e delle politiche europee di accoglienza. Nel pomeriggio è poi intervenuta alla Biblioteca delle Culture del Mondo, su invito di CRATere e Bozen accoglie. Qui il video dell'incontro.