se l'è o mi o ti, mejo mi
Saranno anche epocali, segneranno l'inizio di una nuova era, verranno ricordate come uno spartiacque e fungeranno anche da pietra fondente, ma queste elezioni un pelo noiose lo sono. Tutta colpa della spada di Sofocle che incombe sui contundenti e (ma anche ma), come bene fece a sottolineare Van der Kerkhof nella sua troppo precocemente rinnegata "Quando cambia il capo meglio non sembrare uno che crea rogne", che arrivi Arno e vada via Durni per l'odiens è già più che abbastanza.
In palio non c'è praticamente nulla, al massimo qualche posto da comprimario che passerà i prossimi 5 anni a contare i cappuccini bevuti dagli assessori. Mica come in febbraio, dove in un collegio senatoriale c'era in ballo l'annessione del Sudtirolo alla Svizzera, qua è tutto un tirare a campare, con poche eccezioni.
Una delle quali è senz'altro il derby tra Comunisti Italiani e Rifondazione. Sembra poco, ma nel Sudtirolo del 2013 abbiamo la grande opportunità di stabilire se avevano ragione Stalin o Mao, Krusciov o Tito, Cossutta o Bertinotti, Stielike o Socrates, il tutto passando tra Carlini e Maffei. Mi domando con quale coraggio uno andava in giro a dire che la spinta propulsiva della rivoluzione d'ottobre era esaurita.
Un bel vedere è anche dai grillini, la sfida tra fortiniani e borzotei (amici di feisbùc di Maria Teresa Fortini e Alessandro Borzaga, il capolista Köllensperger non ha chances, a Don Bosco quasi nessuno si prenderà la briga di scrivere il suo nome) non ha nulla da invidiare alle epiche battaglie fra le correnti della vecchia DC. Chiaro che Fanfani e Rumor avevano più savuàrfèr, ma dopo decenni di pollai televisivi non è che ci si potesse aspettare di meglio.
Questi son gli unici che sembrano ricordarsi di una regola che è fondamentale nelle elezioni dove ci sono le preferenze, quella che venne prolissianamente sintetizzata da Fernando Couto in una delle sua meno celebri encicliche del periodo parmense, quella intitolata "se l'è o mi o ti, mejo mi"