Wirtschaft | I dati

Quanta strada manca

Lavoro: in Alto Adige le donne occupano ancora poche posizioni di rilievo e sono più precarie degli uomini. Morandini, consigliera di parità: “Servono nuovi modelli”.
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Foto: upi

Pochi progressi sono stati fatti in Alto Adige riguardo la parità fra i generi sul lavoro. È quanto attesta il 4° Rapporto sulla situazione occupazionale delle donne nelle grandi imprese altoatesine con più di 100 addetti, relativo al biennio 2014/2015, illustrato oggi (20 dicembre) dalla consigliera di parità Michela Morandini.

Le maggiori differenze

I risultati nel loro complesso - si legge nel documento - mostrano uno scenario preciso: uomini e donne non sono alla pari nel mondo del lavoro, le donne ‘arrancano’ dietro gli uomini. La quota delle occupate raggiunge il 67,7% ma in alcuni comparti del settore privato è ancora presente una forte segregazione, con le donne che sono ancora sottorappresentate nelle posizioni dirigenziali e sono maggiormente interessate da contratti precari molto più spesso dei loro colleghi uomini, con i passaggi dal tempo determinato a un contratto a tempo indeterminato che restano ancora prerogativa maschile. Nello specifico per quel che riguarda l’impiego a tempo determinato le donne lavorano più spesso e più a lungo degli uomini con contratti a termine (1 donna su 4 contro 1 uomo su 10). In evidenza anche le differenze retributive fra i generi: nelle imprese private altoatesine le donne guadagnano mediamente il 17,2% in meno dei loro colleghi uomini e nelle posizioni dirigenziali la forbice si allarga ulteriormente.

 

Le opinioni

“È ovvio - ha sottolineato Morandini commentando i dati - che tutti gli interventi fino ad oggi non hanno portato ai risultati sperati: appare pertanto necessario un investimento in una cultura sociale e famigliare, per rompere con i vecchi modelli di ruolo, ma anche in una cultura imprenditoriale sensibile al genere: non ci possiamo permettere di escludere forze specializzate dal mercato. Vanno quindi proposti nuovi modelli, più dinamici, non solo per le donne ma anche per le nuove generazioni”. Christine Pichler, presidente AFI/IPL, l’Istituto per la promozione dei Lavoratori che ha collaborato all’elaborazione dei dati, ha rilevato che “se negli ultimi 8 anno la situazione occupazionale delle donne nelle grandi aziende private altoatesine non è peggiorata, essa non è nemmeno migliorata. Lì dove la società è già arrivata, non è ancora arrivata l’economia privata. Uomini e donne non sono uguali, sul lavoro”.

Silvia Vogliotti, vicedirettrice AFI/IPL, ha spiegato in cosa consiste questa disuguaglianza: “Le lavoratrici del privato spesso si trovano in una sorta di 'labirinto di cristallo', coinvolte molto più degli uomini in rapporti di lavoro precari, a termine, a orario ridotto, con percorsi assai difficoltosi quando si tratta di uscire dalla precarietà”. “Nel periodo in cui i lavoratori del baby boom si ritirano e si aprono spazi per le nuove generazioni”, ha dichiarato il presidente del consiglio provinciale Roberto Bizzo, “è importante garantire spazi di piena partecipazione alle donne, frenate ora dal cosiddetto 'tetto di cristallo' che impedisce l’accesso alle posizioni apicali, dal gender gap relativo al salario, dalla necessità di coniugare lavoro fuori casi e lavoro di cura e sostegno in famiglia: se si vuole garantire la partecipazione di tutti al mondo del lavoro, bisogna mettere sul piatto tutti gli strumenti necessari per superare questi ostacoli”.

I nodi

La recessione economica (in orizzonte temporale 2009-2015) ha sopito le aspettative dei lavoratori tout court mentre il part-time si è trasformato (spesso) da strumento di conciliazione famiglia-lavoro a strumento anticrisi per le aziende. Cresce infatti l’involontarietà del tempo parziale, sia per donne che per uomini. Da segnalare anche l’aumento dei congedi di paternità, ma considerando una fascia temporale più ampia (2009-2015) permane una netta connotazione femminile di tali congedi. Non sono stati contemplati nel rapporto le tipologie contrattuali Co.co.co. e partite IVA, né i voucher di lavoro (che hanno registrato una enorme crescita nel 2015), tipologie che invece caratterizzano fortemente l’universo lavorativo sia femminile che maschile. Nel breve periodo, inoltre, per effetto del Jobs Act, cresce il numero dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, permangono tuttavia dubbi su future stabilizzazioni una volta terminati gli sgravi.