Pesticidi, cosa rischiamo?
“Cosa succede al Dna umano con l'esposizione cronica ai pesticidi?”, intorno a questa domanda si è svolto il dibattito, organizzato a Cles, in Trentino, lo scorso venerdì sera (18 marzo), dal Comitato per la difesa della salute. In una sala gremita dell’Istituto comprensivo del comune della Val di Non - talmente affollata che decine di persone sono state costrette a rinunciare a partecipare non trovando posto nell’auditorium - i ricercatori Renata Alleva dell'Irccs Rizzoli di Bologna e Marco Tomasetti dell'Università delle Marche hanno presentato uno studio scientifico effettuato sui residenti in tre abitazioni della valle professionalmente non esposti all'uso dei pesticidi (dunque non frutticoltori). Tomasetti ha spiegato l’effetto di tali pesticidi sul Dna umano che creerebbero una rottura del genoma, inibendo la naturale funzione ricostruttiva e, proprio per questo, obbligherebbero la cellula a riprodursi in maniera errata. Ciò non significa certo malattia istantanea, ma è comunque una premessa a tumori o malattie neurodegenerative. All’esposizione dello studio, che sarà pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Molecular Nutrition & Food Research, dunque, è seguito, per la prima volta, un confronto diretto fra Cds e vertici della frutticoltura trentina.
Un tema di stringente priorità, dunque, quello degli effetti dei pesticidi, che continua a tenere banco anche in Alto Adige. Un’indagine sanitaria è stata svolta dalla Provincia - sollecitata da una interrogazione dei Verdi - riguardo un'eventuale maggiore incidenza di tumore come causa di malattia e morte nella popolazione residente in zone ad alta intensità di coltivazione (dunque anche di uso di pesticidi) e zone a bassa intensità. Il risultato dell’analisi, condotta nel periodo 2003-2007, ha evidenziato che tra le due tipologie “non ci sono differenze statisticamente significative”.
Secondo Patrizia Gentilini, oncologa e componente del Comitato Scientifico della Associazione dei Medici per l’Ambiente, a cui i consiglieri provinciali ambientalisti Riccardo Dello Sbarba, Brigitte Foppa e Hans Heiss hanno trasmesso la risposta dell’assessora Martha Stocker, l’indagine seguirebbe il modello adottato nel “Progetto di Sorveglianza Epidemiologica sugli effetti della salute connessi all’esposizione a fitofarmaci in Valle di Non”. Fra le criticità esposte da Gentilini (a questo link il report nel dettaglio) relativamente allo studio della Provincia c’è il fatto, ad esempio, che, “a differenza della Val di Non in cui è presente quasi esclusivamente la coltura della mela, la valle dell’Adige e più in generale il territorio della provincia di Bolzano è caratterizzato da più di un tipo di monocoltura: quella della vite e quelle della mela e della pera. Tanto i principi attivi dei pesticidi utilizzati quanto i periodi di trattamento non sono del tutto sovrapponibili”. Oggetto di contestazione, inoltre, è il fatto che, almeno per il momento, nell’analisi della Provincia “sono state indagate solo le patologie tumorali e, tra queste, neppure tutte: tra quelle ormonocorrelate, ad esempio, si è considerata la sola prostata per i maschi, mentre sono assenti tiroide, reni e mammella, né sono stati presi in considerazione i melanomi”.
Nel tracciare le sue conclusioni, spiega la dottoressa, “non è possibile oggi asserire che la mancata osservazione di significative differenze tra due diverse popolazioni - l’una ritenuta più esposta e l’altra meno esposta ai pesticidi utilizzati nelle rispettive aree di residenza - significhi assenza di rischio per le popolazioni oggetto di indagine derivante dall’utilizzo di tali sostanze”. E dunque la mancata osservazione di significative differenze “è, casomai, semplice e diretta conseguenza dello stesso disegno dello studio e delle sue carenze metodologiche, tali da non renderlo atto ad evidenziare le differenze cercate”. La parola passa ora nuovamente, ancora su iniziativa dei Verdi, alla Provincia.
Auch beim Passivrauchen hat
Auch beim Passivrauchen hat es sehr, sehr lange gedauert, bis von der Tabakindustrie dessen Schädlichkeit anerkannt wurde, lange versuchte die Tabakindustrie das zu verharmlosen.
Wenn man das ummünzt auf die mögliche Schädlichkeit der Pestizide, so muss alles unternommen werden, auch hier echte Klarheit zu schaffen.