Proposta di riforma irricevibile
-
I giovani vogliono essere giudicati senza ricorrere a pietismi
Egr. Direttore,
ho appena finito di leggere “Domani è oggi”, scritto dal rettore della Bocconi Francesco Billari e volevo, lei permettendo, offrire qualche considerazione critica sul contenuto. Tema di fondo del libro è: “far sbocciare tutti i talenti che servono alla nave demografica italiana”. I talenti sono quelli dei giovani e la nave (“fasciame” di adulti che grava tutto su una “chiglia” di ventenni) quella che un tempo era una piramide (ampia base giovanile che sostiene agevolmente tutte le fasce di età più elevata). Vista la scarsità di boccioli – questo è in sostanza il succo della riforma – nei prossimi anni urge sia aumentarne il numero, “prendendoli” giocoforza da altri Paesi, sia innalzarne al massimo le potenzialità apprenditive così da laurearne il più possibile. Il “capitale umano” (numero di persone pesato per livello di istruzione) che ne scaturirebbe, fondamentale per la crescita e per l’innovazione, darebbe una scossa notevole all’economia del Paese con ricadute sulla ricchezza e sul benessere generale: il welfare che ne discenderebbe, votato alla compatibilità tra lavoro e vita familiare, all’eguaglianza tra generi, alla cura dei giovani dall’asilo fino all’università aiuterebbe ad essere genitori più propensi degli attuali ad allevare prole: non passerebbe molto tempo che la nave tornerebbe piramide e … tutti felici e contenti.
Quadretto idilliaco ma totalmente irrealistico: i talenti non sbocciano per forza e direzione naturali proprie: tutti, non solo quello della matematica o delle lingue, ma anche quello della volontà, della fermezza, del coraggio nell’assumere responsabilità familiari e sociali vanno, non solo alimentati, ma anche esercitati, corretti, potati. Pensare di favorire il “pieno sviluppo della persona umana” – questo propone in concreto il professore – istituendo una scuola superiore ad indirizzo unico (uguali materie per tutti fino alla terza superiore, opzionali solo negli ultimi due anni) e, ciliegina sulla torta, nessuna possibilità, se deficitari, di ripetere l’anno (“bocciare non serve”, l’Invalsi insegna che “gli studenti che hanno ripetuto un anno in passato non sono riusciti a recuperare i deficit di apprendimento”) è credere nell’Età dell’Oro (“… né avevano la necessità di coltivare la terra poiché da essa cresceva spontaneamente ogni genere di pianta”).
A parte la bizzarria dell’argomento avverso alla bocciatura (se nessuno dei bocciati ha ottenuto beneficio dall’anno ripetuto, v’è il preoccupante sospetto che scarso sia pure quello dei non ripetuti); a parte il danno che subirebbe il già deteriorato ascensore sociale (unica possibilità di affrancazione del “povero”) con l’ulteriore immissione di titoli di studio svalutati; a parte l’incongruenza col mercato del lavoro (sono i tecnici-professionali a mancare più dei laureati); è impossibile che una scuola siffatta offra ai giovani lo stimolo per impiegare al massimo dello sforzo le proprie potenzialità apprenditive: offrire stesse materie a tutti (stessa estensione e stesso approfondimento) fino all’età di 16 anni, precludere i piani alti della formazione (latino, greco, derivate, integrali… : le “finestre temporali di apprendimento” vanno rispettate), vietare gli intervalli di recupero, se non è pratica lobotomizzante per i talentuosi e sedativa per tutti gli altri, poco ci manca.
I giovani odiano gli intruppamenti generalisti, amano la competizione e desiderano essere giudicati senza pietismi. Visto che la scuola esita a farlo, tra i tanti surrogati ideati, molti di loro usano misurare il proprio valore nell’esercizio fisico strabiliante (parkour e similari): se fossero costretti (pena la bocciatura) a confrontarsi con altrettanto stupefacenti esercizi intellettuali (di logica grammaticale e matematica, ad esempio), perché dovrebbero rifiutarsi, per eseguirli, di applicare anche al cervello quelle stesse capacità ludo-ginniche? Se la scuola esercitasse il suo ruolo valutante scevra da ipocrisie, i giovani, acquisendo una conoscenza sempre più realistica delle proprie capacità e limiti, potrebbero finalmente iniziare a porre i presupposti per addivenire ad un comportamento maturo e responsabile. Se vogliamo che la nave ritorni piramide è questa la via da seguire, non certo quella dell’agio e della comodità.
Cordiali saluti.
Mario Refatti