Quando la patria uccide
L'unica informazione che fino a poco tempo fa era in mio possesso sulla comunità ebraica residente in Alto Adige - e specificatamente a Merano - risaliva ad un libro del giornalista Piero Agostini intitolato "Alto Adige, la convivenza rinviata" (Praxis 3, 1 edizione 1985) ed era rinvenibile a pagina 170 in un paio di righe:
«E' una pagina bruttissima, comprensibile soltanto (ma con molta fatica) tenendo presente che per le popolazioni tedesche locali l'8 settembre significò per sempre il giorno in cui, dopo vent'anni, potevano rientrare in possesso di pieni diritti. Ma perché allora, oltre alla caccia all'italiano, ci fu la caccia all'ebreo? Perché questa turpe ripulitura del quartiere ebraico di Merano, con tutta quella gente ammassata in una cantina in attesa di finire nei vagoni piombati? La disponibilità a comprendere è tanta. Ma confesso che non è facile».
Il libro di cui parlo in questo articolo l'ho scoperto per puro caso durante una ricerca in internet sui temi dell'antisemitismo in generale e di quello sudtirolese in particolare. L'editore è Raetia e gli autori sono rispettivamente Sabine Mayr e Joachim Innerhofer. Del libro vorrei citare tre parti. La prima, è un estratto della quarta di copertina:
Ma perché allora, oltre alla caccia all'italiano, ci fu la caccia all'ebreo? Perché questa turpe ripulitura del quartiere ebraico di Merano, con tutta quella gente ammassata in una cantina in attesa di finire nei vagoni piombati?
«Le vittime altoatesine della Shoah vennero sorvegliate ed espulse dalle autorità fasciste e in gran parte perseguitate e deportate da nazisti locali. Dopo il 1945 a molti sopravvissuti fu negato il risarcimento dei danni materiali e il ricordo delle vittime venne rimosso.
"Quando la patria uccide" documenta le molteplici forme in cui si manifestò in Sudtirolo l'antisemitismo, profondamente radicato in questa terra (il grassetto è mio), racconta le sofferenze di tante vittime della Shoah e dà un nome a colpevoli e profittatori.
Le vittime sudtirolesi del nazismo amavano la loro Heimat e hanno dato un importante contributo nel campo della medicina, dell'economia, delle infrastrutture, della cultura, del turismo del giornalismo della vita sociale. Riportare alla luce le tracce lasciate dalla comunità ebraica nella storia dell'Alto Adige significa dare loro un riconoscimento, seppur tardivo».
"Quando la patria uccide" documenta le molteplici forme in cui si manifestò in Sudtirolo l'antisemitismo, profondamente radicato in questa terra, racconta le sofferenze di tante vittime della Shoah e dà un nome a colpevoli e profittatori.
La seconda, è la parte iniziale di una delle prefazioni, scritta da poeta e drammaturgo austriaco Peter Turrini:
«Io pronuncio la parola "Heimat" (patria) a malincuore, e quando arriva in bocca, la sputo fuori velocemente. Per me è decisivo, dove un uomo si sente a casa. Per un momento, per un lasso di tempo, o per tutto il tempo. Questo sentimento può essere avvertito nei confronti di un'altra persona, nei confronti di una regione; può fare riferimento a una situazione o a dei suoni. Il concetto "Heimat" non è stato abusato soltanto durante il nazismo ma anche in tempi presenti. Da una parte manifestazioni patriottiche e di costume spuntano a bizzeffe ma dall'altra questa terra è impoverita o fatta a pezzi da superstrade. Il nostro cibo, prodotto industrialmente, è pieno di veleno ma nella pubblicità vengono mostrati idilli rurali, tanto da ricordare l'estetica fascista. Tutto ciò che è stato rovinato viene riproposto, esaltato, come ideologia in un'ottica consumistica o kitsch».
Il concetto "Heimat" non è stato abusato soltanto durante il nazismo ma anche in tempi presenti.
Chi scrive di un «l'antisemitismo, profondamente radicato in questa terra» non suggerisce un'ipotesi di lavoro e non ipotizza un tema sul quale effettuare una ricerca, ma fa un'affermazione tanto chiara quanto netta. Ma è davvero così? Ed è veramente possibile parlare di antisemitismo sudtirolese ancora oggi?
La terza parte del libro che vorrei citare è la seguente:
«Nel 1933 Merano era l'unica città in Italia in cui ci furono azioni antisemite (scritte offensive, insulti a ebrei, eccetera); fu un effetto a distanza provocato dalla presa di potere del partito nazionalsocialista, in una città ove sin dal 1931 vi era un gruppo locale del partito nazionalsocialista (costituito da cittadini tedeschi), ma fu anche un'espressione dell'atteggiamento ostile nei confronti degli ebrei da parte di certi gruppi della popolazione della città, osserva Leopold Steurer, aggiungendo che i membri del "Turnerbund" di Merano, l'associazione meranese del movimento ginnico tedesco, ebbero un ruolo decisivo nella formazione del "Voelkischer Kampfring Südtirol" (VKS, in italiano Fronte patriottico tirolese). La conseguenza fatale di questa precorritrice posizione antisemita fu che gli ebrei residenti a Merano furono le prime vittime della persecuzione micidiale, tragica conseguenza dell'occupazione tedesca in Italia».
Nel 1933 Merano era l'unica città in Italia in cui ci furono azioni antisemite (scritte offensive, insulti a ebrei, eccetera); fu un effetto a distanza provocato dalla presa di potere del partito nazionalsocialista, in una città ove sin dal 1931 vi era un gruppo locale del partito nazionalsocialista (costituito da cittadini tedeschi)
Nonostante l'obiettivo del libro sia quello della testimonianza, e da questo punto di vista lo scopo si può dichiarare più che raggiunto, ciò che rimane dopo la lettura di tutte le storie delle famiglie ebraiche e dei loro destini illustrati nel testo è il germe di un ragionamento molto più profondo ed esteso che come un filo rosso colleghi Südtirol e sudtirolesi, Heimat, nazismo e, per l'appunto, antisemitismo.
L'impressione ben fondata è che una compiuta comprensione dell'assetto sociopolitico del Südtirol e delle sue dinamiche (spinte nazionaliste e secessioniste comprese) non possa prescindere da una altrettanto compiuta comprensione dei fenomeni del nazismo e dell'antisemitismo sudtirolese - quest'ultimo soprattutto come concetto dell'altro da sé - e del peso e influsso che questi due fattori hanno costituito nella costruzione della società sudtirolese dal dopoguerra ad oggi.
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