Largo al Rosatellum bis
Altro giro, altra corsa. L’ultimo tentativo in ordine di tempo per portare a casa la riforma elettorale si chiama Rosatellum bis, un misto di proporzionale e di maggioritario, una sorta di Mattarellum rivisitato. Il testo, depositato in Commissione Affari costituzionali della Camera dal relatore Emanuele Fiano del Pd, prevede in sostanza la suddivisione in collegi uninominali (36%) e collegi con il proporzionale (64%), senza premio di maggioranza. L’assegnazione di 231 seggi alla Camera e 102 seggi al Senato avviene in collegi uninominali con formula maggioritaria, in cui a vincere è il candidato più votato, i restanti seggi vengono invece assegnati con metodo proporzionale, nell’ambito di collegi plurinominali. La soglia di sbarramento resta al 3% per le liste singole e al 10% per le coalizioni. Niente voto disgiunto e scheda unica. Considerata anche la parità di genere: nel complesso delle candidature presentate da ogni lista o coalizione di liste nei collegi uninominali a livello nazionale, nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento, con arrotondamento all'unità più prossima. A favore della proposta dei dem si sono schierati Forza Italia e Lega Nord; contro invece Movimento 5 stelle (che parla di “legge anti-M5s”, di “porcata” e di “inciucio contro” di loro perché lascerebbe via libera all’“accozzaglia delle coalizioni”), Mdp-Cp e Fratelli d’Italia.
L’intoccabile Trentino-Alto Adige
Il Rosatellum bis ripristina dunque i collegi uninominali in Trentino-Alto Adige così da non fare torti, evidentemente, a Svp e Patt. Saranno sei i collegi in Senato: tre in Alto Adige (Merano, Bolzano e Bressanone) e tre in Trentino (Trento, Rovereto e Valsugana), alla Camera 11 saranno i deputati eletti, 6 con collegi uninominali come per il Senato e 5 in un collegio unico regionale. La soglia di sbarramento sarà del 20% regionale che tradotto vuol dire che la Svp non dovrà preoccuparsi di stringere alleanze con partiti nazionali per poter entrare in Parlamento. Propositivi Daniel Alfreider e Karl Zeller, che giudicano il compromesso accettabile, “siamo sulla buona strada”, dicono.
“Prima conseguenza della legge elettorale: salta d’incanto il collegio uninominale per la Camera di Bolzano/Laives, l’unico nel quale in modo autonomo, ossia anche senza una necessaria intesa con la Svp, i partiti italiani potevano esprimere un eletto”, tuona invece il consigliere provinciale di Alto Adige nel cuore Alessandro Urzì che insiste: “In tutti i collegi di Merano e Bressanone la Svp parte senza concorrenti e vince a tavolino. Negli altri due l’accordo ormai scontato con il Pd (lo hanno ribadito decine di volte Renzi e Fiano) gli garantisce o di collocare un proprio candidato (accadrà, ne siamo certi, già si mormora di Durnwalder) o di scegliere il candidato di lingua italiana dal menu presentato dal Pd, come è accaduto in passato. Ossia la Svp nei tre e tre collegi uninominali prenderà tutto (sei parlamentari). E ciò senza partita ma poi sceglierà anche l’eletto o i due eletti nei collegi di Bolzano Bassa Atesina di lingua italiana uno dei quali potrebbe essere un bellunese, ossia Bressa, l’uomo che in ogni stagione ha dato voce alla Svp all’interno del Governo. Favore ricambiato”.
Uno spiraglio, conclude Urzì, si apre nella quota proporzionale “dove saranno possibili coalizioni ma sulla base di listini bloccati. Cinque gli eletti in regione per la Camera, si può pensare a due e mezzo a testa per provincia con la Svp che anche qui strapperà forse il risultato maggiore grazie alla soglia regionale del 20% che sarà mantenuta e che metterà fuori gioco le sue opposizioni (a partire dai Freiheitlichen) ma anche ogni altra lista territoriale come l’Alto Adige nel cuore”.