Era un venerdì santo
Oggi è il 28 marzo. Ho pensato alla Nurije quando ho notato il giorno sul calendario. Da lei ho imparato come preparare in poco tempo gli strangolapreti saltati al burro e noci croccanti. Era di Valona ma aveva imparato la cucina trentina. Faceva l'aiuto-cuoca e stava dietro allo chef senza fiatare, seguendo ogni suo gesto, quando spolverava il pepe sull'arrosto, lo zucchero a velo sulla torta di mele, quando impastava la pizza e preparava il coniglio al forno. Il cuoco era un trentino alto e scontento. Grosso e sarcastico. Aveva una testa quadrata, piena di capelli ondulati, ma voleva un gran bene alla Nurije. Io servivo ai tavoli in sala. La colazione. Andavo in giro con vassoi ora pieni di cornetti caldi, caffè e latte, ora del tutto vuoti. Passavo le stoviglie a lei e buttavo il resto nell'umido. Quando l'ho vista per la prima volta, ho pensato: Ma che sguardo funesto!
Piccolina, gli occhi volpini, tenebrosi, sempre al riparo dai miei. Appena la guardavo abbassava la testa e strofinava il banco o riordinava le teglie o prendeva e mangiucchiava un pezzo di frutta voltandomi le spalle. Finché un giorno, quando ha deciso di volermi bene, mi ha raccontato del suo fratellino, la luce dei suoi occhi. Il ragazzo aveva appena 16 anni e voleva raggiungere la sorella a Monclassico,Trento. Il 28 marzo del 1997, senza dare ascolto ai suoi, era salito sul Kater i Rades e, di sera, la nave maledetta era partita da Valona per Brindisi. Non è sopravvissuto e il suo corpicino non è mai stato recuperato. È uno dei 24 dispersi e dei 81 morti. Solo 34 i supersititi. Era un venerdì santo. Oggi il mio pensiero va al fratello di lei e alla sorella di Fatmir. Non l'ho mai conosciuta, ma ho saputo la loro storia leggendo questo:
"La sorella (di Fatmir) che è morta,(il 28 marzo 1997, Kater i Rades) era incinta, e al momento dell'affondamento, stravolta dal terrore e dall'asfissia, ha partorito. (...) Ma il bambino (il feto espulso) non è mai stato ritrovato. Quando è stato recuperato il suo corpo, alla donna era ancora attaccato il cordone ombelicale. Le penzolava tra le gambe"
( Il Naufragio/Alessandro Leogrande, 18 ottobre 2010)
Senz'altro il 28 marzo, a Valona, da qualche parte della città, periferie e villaggi sparuti e rocciosi, scenderanno a passo funebre gruppetti di donne vestite di nero. Mamme, sorelle, mogli cammineranno in silenzio verso la costa dello Ionio una accanto all'altra. Si fermeranno sul ciglio dell'acqua e qualcuna butterà dei fiori, altre piangeranno a lungo e altre urleranno e malediranno il mare. Dopo, così come sono arrivate, in silenzio una accanto all'altra pian piano si divideranno, tornando ognuna nella sua tomba vivente con il suo morto nel corpo.