Politik | Il caso

“Omotransfobia? Che diavolo vuol dire?”

Polemiche per le uscite della consigliera provinciale Dalzocchio (Lega Trentino e Commissione Pari Opportunità) relative al DL Zan. Arcigay: “Basterebbe voler ascoltare”.
Mara Dalzocchio
Foto: Facebook

Dopo 25 anni dal primo tentativo promosso da Nichi Vendola, nelle aule parlamentari si ritorna a discutere di una legge anti-omofobia. Un percorso lungo e tutt’altro che privo di insidie, come dimostrano i recenti attacchi e minacce di morte al parlamentare Alessandro Zan, primo firmatario dell’iniziativa.

In sostanza, la proposta di legge presentata dal deputato dem prevede la modifica di alcuni articoli del Codice Penale (art. 604-bis e 604-ter), inerenti al reato di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa, attraverso l’inserimento della dicitura «oppure fondati sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere» accanto alle altre tipologie di discriminazioni citate. In maniera analoga è prevista una modifica alla Legge Mancino, il cui raggio d’azione (azioni, gesti, slogan che mirano all’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali) verrebbe esteso anche a reati aventi natura omofoba, transfobica e misogina.

Il dibattito politico è acceso, la stampa vivace ed entrambi riportano, chi più e chi meno correttamente, i fatti in questione. Mara Dalzocchio, consigliera provinciale di Trento, eletta con la Lega e nominata dal consiglio provinciale componente esperta della Commissione provinciale per le pari opportunità, potrebbe rientrare nella seconda categoria.

Entrando nel ciclone del dibattito (e delle relative polemiche) decide di postare una foto parziale di un articolo pubblicato su “Il Giornale” intitolato: “Per chi critica i gay coprifuoco e ritiro della patente” combinato al suo interrogativo “Omotransfobia... Che diavolo vuol dire? Giuro che non riesco a capire simili proposte”.

Il titolo dell’articolo in questione enfatizza in particolar modo alcune sanzioni accessorie che possono essere disposte dal giudice al momento della condanna (già previste peraltro dalla Legge Mancino del 93 e da numerosi altri articoli del Codice Penale) accostandole erroneamente all’azione della “critica”.

Erroneamente perchè qualora il disegno diventasse legge non andrebbero punite opinioni e idee anti LGBT: sebbene permanga, infatti, all’interno della Legge Mancino la persecuzione nei confronti di chi diffonde idee fondate sulla superiorità o l'odio razziale o etnico, attraverso un espediente viene esclusa dall’azione legale la questione omotransfobica che sarà materia di procedimento penale solo nei casi di “istigazione a commettere” o di commissione di atti di discriminazione. Motivo per cui è stata accusata di debolezza e inefficacia da diverse associazioni.

Se vogliamo spiegarla con altre parole, stando alla normativa, non verrebbe perseguita penalmente la possibilità espressa da Mara Dalzocchio di mettere sullo stesso piano omosessuali e tossicodipendenti, né tantomeno quella di giudicare aberranti le famiglie arcobaleno.

La consigliera provinciale ha mostrato negli anni e in più occasioni di tenere molto alla sua libertà di espressione e a quella delle persone a lei vicine: parlando di manifestazioni del suo libero pensiero che trova nell’articolo 21 della Costituzione più bella del mondo il suo fondamento”  ha difeso infatti una discussa dichiarazione dell’allora senatore Sergio Divina, e attuale presidente del Centro Culturale Santa Chiara di Trento, in cui affermava: “Meglio un figlio normale che uno gay o disabile”.

La strenua difesa di queste libertà inviolabili viene leggermente meno quando riguardano alcuni utenti che hanno deciso di commentare il post Facebook in questione, criticando alla consigliera, tra le altre cose, la totale assenza di fonti.

Ad andare di traverso ad Arcigay del Trentino, in particolare al suo presidente Lorenzo de Preto, invece, sono proprio le dichiarazioni della Consigliera.

“In Trentino siamo messi così: con consiglieri/e di maggioranza che non solo evidentemente non hanno idea di come contrastare discriminazioni e violenze... ma neppure ne conoscono il nome” scrive de Preto sui suoi profili social. “Fa strano, mi sarò presentato personalmente almeno 3 o 4 volte di fronte alla consigliera Mara Dalzocchio ed è difficile che 'partecipando' nelle sue funzioni presso il Forumpace non abbia mai sentito nominare il termine 'omotransfobia'. Giura che non riesce a capirlo. Ma non tema la consigliera - rassicura de Preto - che glielo possono spiegare chiaramente i protagonisti e le protagoniste, le vittime e i bersagli dei tanti, troppi attacchi omofobi che sistematicamente con Arcigay del Trentino abbiamo denunciato. Glielo avrebbero potuto testimoniare Lory e Luca o Marco e Denis: giovani allontanati negli ultimi mesi dalle proprie famiglie in quanto LGBT* se solo la giunta avesse avuto la decenza di rispondere al nostro appello e alla richiesta di aiuto. Glielo potranno raccontare le 212 vittime di violenza omotransfobica registrate in Italia nel 2019 (nel 2017 erano 144). Glielo spiegheremo ancora, e ancora (e ancora se necessario) gentile consigliera. Anche se certe volte basterebbe 'voler ascoltare'”.

Alla luce di queste polemiche Massimiliano Pilati, in qualità di presidente del Forum della Pace del Trentino, ha pubblicamente annunciato la disponibilità per un confronto diretto tra le parti, mettendo a disposizione gli spazi del Forum. “Il problema non è avere pensieri divergenti, il punto è riuscire a confrontarsi e trovare delle possibili via d’uscita” spiega a salto.bz. “Il Forum è uno strumento di dialogo che cerca di uscire da eventuali situazioni di impasse come queste: per tal motivo ho dichiarato tutta la disponibilità - mia e del Forum - nel proporre e portare avanti questo incontro. De Preto ha colto da subito e di buon grado questa opportunità, al momento non c’è stata risposta dalla Consigliera ma auspico ci sia” e prosegue: ”Mi piacerebbe che pur rimanendo nella diversità fosse garantito il rispetto senza scadere nella polemica sterile”.

Abbiamo colto immediatamente l’invito perchè questa potrebbe essere l’unica occasione per avere un confronto con la giunta provinciale che chiediamo senza riscontro da troppo tempo” dichiara a salto.bz Lorenzo De Preto. “Abbiamo chiesto un incontro anche recentemente perchè durante il lockdown si è verificato un forte aumento delle segnalazioni che ci sono arrivate relative a episodi di violenza e forti discriminazioni subite da persone LGBT all’interno delle mura domestiche. Anche in questo caso c’è stato il vuoto da parte delle istituzioni denuncia l’attivista che aggiunge: “Qui non si tratta di distrazioni: è l’ennesima conferma di una volontà politica ben precisa. Sono stato eletto presidente nel 2018, solamente due sono state le occasioni di contatto con la giunta: il primo, un incontro meramente conoscitivo con l’assessora alla Salute e alle Pari Opportunità Segnana e successivamente in occasione del diniego del patrocinio provinciale per il Festival “Liberi e Libere di Essere” dell’anno scorso. La richiesta era stata inviata il 10 aprile mentre la risposta è arrivata a fine maggio a rassegna ormai conclusa. Anche questo è un dato significativo”.

Non è tollerabile utilizzare il proprio ruolo per diffondere fake news e posizioni volte a contrastare forme di inclusione, servendosi anche di linguaggi violenti e offensivi nei confronti di chi osa criticare - come si è visto - certe modalità.

Nonostante il diniego, all’interno della risposta fornita ad Arcigay, la Provincia rassicurava i destinatari a proposito del suo impegno nel contrastare ogni forma di discriminazione. “Peccato che da quando si sono insediati al governo provinciale non abbiano promosso nemmeno un’iniziativa simbolica relativa al contrasto all’omobitransfobia” sottolinea il Presidente di Arcigay. “Quella della Dalzocchio è solo l’ultima delle uscite di questo tipo, ricordiamo Savoi che chiamava “culattoni” chi lo criticava. Da queste persone ci si aspetta un cambio di marcia per quanto concerne i toni utilizzati, dal momento che non sono più semplice minoranza ma rappresentanti delle istituzioni. Allo stesso modo non è tollerabile utilizzare il proprio ruolo per diffondere fake news e posizioni volte a contrastare forme di inclusione, servendosi anche di linguaggi violenti e offensivi nei confronti di chi osa criticare - come si è visto - certe modalità”.
De Preto cita con rammarico anche l’episodio accaduto recentemente a Merano, in cui un ragazzo ha ritrovato la propria macchina imbrattata e ricoperta di scritte omofobe: “È allarmante la perseveranza nel minimizzare, se non negare, la discriminazione relativa all’identità di genere e all’orientamento sessuale: certe parti politiche pur di non affrontare il problema hanno declassato l’episodio come semplice atto di vandalismo. Non è la stessa cosa”.