Politik | prospettive

Il nazionalismo non sconfiggerà il virus

Colin Crouch al Festival dell'Economia. Forze partitiche in crisi, diseguaglianze che aumentano e crisi ambientale: “Servono nuove politiche, il mercato non ci aiuterà”.
Colin Crouch
Foto: festival economia

Da Oxford a Trento, almeno virtualmente. Colin Crouch è stato protagonista ieri - giovedì 23 luglio - assieme al giornalista di Repubblica Eugenio Occorsio di un nuovo incontro del Festival dell’Economia intitolato “Come cambia la politica europea dopo la pandemia”.
Il famoso politologo conduce da decenni numerosi studi sulla sempre più difficile convivenza tra democrazie moderne e capitalismo e, in particolare, di come quest’ultimo ne abbia minato le fondamenta. La sua lunga biografia accademica si intreccia anche con il nostro paese: professore emerito alla Warwick Business School, ha insegnato sociologia all’Università di Oxford mentre dal 1995 al 2004 fu titolare della medesima cattedra presso l’European University Institute di Firenze. È autore di numerosi libri, che tra i più conosciuti e tradotti in Italia ricordiamo “Postdemocrazia”, “Il potere dei giganti”, “Quanto capitalismo può sopportare la società” e “Identità perdute: Globalizzazione e nazionalismo”.

Allo stato attuale, secondo l’analisi di Crouch, le famiglie politiche si possono classificare in 4 gruppi: i neoliberisti, i nazionalisti-xenofobi, i socialdemocratici e gli ambientalisti. “Oggi i partiti sono spaccati e confusi - comincia - i neoliberisti hanno dominato a lungo la scena politica ma adesso stanno vivendo una grande crisi. La pandemia li ha sfidati, ha scardinato i loro dogmi, ovvero che il mondo dei mercati può e deve essere dominato dall’iniziativa privata senza interferenze. Questa situazione ci ha dimostrato invece l’importanza dei beni collettivi e il bisogno di uno stato che prenda decisioni. La mossa che tenteranno sarà quella di spingere il più possibile verso una deregolamentazione totale dei mercati, in nome di una rapida e indolore ripresa economica, ma ci sono diverse forze che si dimostrano assolutamente avverse a questo: credo pertanto che ne usciranno indeboliti. Inoltre, la crisi climatica che stiamo vivendo e che si acuirà nei prossimi anni ci farà vivere una situazione del tutto analoga ed è proprio in questa situazione che il mercato da solo dimostrerà di non poter fare alcunché”.

A supporto di questa tesi, vengono messi sul piatto alcuni dati inerenti ai lavoratori finiti in cassa integrazione - o sussidiati con altre tipologie di iniziative - durante i mesi del lockdown: il 55% dei lavoratori in Francia il 40% in Italia, il 30% in Germania. “Questi milioni di disoccupati, seppur molti temporanei, nella declinazione più pura di libero mercato non sarebbero sopravvissuti, le tutele statali sono state fondamentali”.

“E cosa è rimasto del recente momento di gloria di nazionalisti e xenofobi?” incalza Occorsio.

“I vantaggi di cui si possono avvalere gli xenofobi sono chiari - risponde il professore - la retorica di fondo, che viene continuamente sfruttata da Donald Trump, sta nel raccontare il virus come un qualcosa di straniero, che si traduce con la conseguente politica della chiusura totale. Ma è qui l’errore: la lotta al debellamento del virus richiede una collaborazione universale, il Covid non conosce frontiere nè tantomeno le può accettare la scienza. Un paese non può isolarsi: le politiche portate avanti fino ad oggi negli stati a guida nazionalista non hanno portato e non porteranno da nessuna parte”. E aggiunge: “I leader xenofobi sono dominati da un'aura di maschilismo che viene messo in atto con le loro azioni: Trump, Bolsonaro, Johnson hanno minimizzato la pandemia e non riescono ad accettare la serietà di questa crisi. Rifiutano i più basilari dei comportamenti di prevenzione sanitaria perché non sopportano che siano imposti da qualcun altro, come se venisse minata la loro virilità. Nelle nazioni governate da questi leader - sottolinea - si verifica la peggiore delle gestioni, a spese soprattutto delle fasce più deboli della popolazione ma talvolta anche dai leader stessi, come abbiamo visto con Boris Johnson e come stiamo vedendo con Bolsonaro che hanno contratto il virus”.

Un altro dei temi toccato dalla conferenza è il dato della disuguaglianza, cresciuto e messo in evidenza negli ultimi mesi e destinata drammaticamente ad accentuarsi.

“Nei mesi del lockdown abbiamo scoperto che alcune categorie di lavoratori sono fondamentali ma che nonostante questo si ritrovano a vivere con stipendi decisamente umili”, ribadisce il sociologo. “I grandi cambiamenti non sono facili, abbiamo distrutto gran parte delle economie del mondo e dovremmo cominciare ad abituarci al fatto che vivremo una vita più modesta. Tuttavia chi è già povero non può permettersi di vivere in maniera ancora più precaria. Abbiamo bisogno di una nuova economia, di investimenti sostenibili e di politiche pubbliche che invertano la rotta in questo senso. Le voci ambientaliste in questa fase sono imprescindibili: questa crisi può e deve creare delle nuove opportunità”.

“Dobbiamo lottare - afferma - per non tornare alle politiche dell’austerità. I partiti sono indeboliti perché le loro radici stanno morendo, ma sono soggetti fondamentali per garantire l’efficacia e l'effettività della politica. Senza di loro ci sarebbe solo un caos di influenze ingovernabili. Ma al contempo - conclude - abbiamo bisogno di una società civile forte. Un cittadino consapevole è un cittadino che ha il potere di controllare l’esercizio della democrazia. Questa pandemia ha rafforzato la società civile in diversi paesi e di conseguenza dobbiamo aspettarci che acquisisca più potere. Tuttavia - avverte - bisogna fare i conti con il fattore disuguaglianza: se questa cresce, se i partiti si indeboliscono saranno i ricchi e i potenti ad avere la meglio. Non possiamo permettercelo“.