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"Recuperare la storia senza retorica"

Benedetta Tobagi ci parla del suo ultimo libro "La Resistenza delle donne" - e della vitalità dell'antifascismo. Oggi la presentazione all'Agosto Degasperiano.
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Foto: Greta Gandini

Continuano gli eventi dell’agosto degasperiano. Dopo la Lectio e l’incontro con Gustavo Pietropolli Charmet, nella serata di giovedì 24 agosto, a Civezzano, la Fondazione Trentina Alcide De Gasperi ospiterà la giornalista e scrittrice Benedetta Tobagi, finalista del Premio Campiello 2023 con il suo ultimo libro La Resistenza delle donne. Un volume che ripercorre pagine fondamentali della nostra storia recente, mai abbastanza indagate e spesso sottostimate, a favore di una narrazione che vede la lotta dei partigiani uomini come preponderante. Il contributo delle donne fu, invece, importante e poderoso, e nel libro non solo è possibile venire a conoscenza di episodi storici, ma anche incontrare le diverse esperienze femminili che hanno composto la Resistenza: ne parliamo in anteprima con Benedetta Tobagi. 

 

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Benedetta Tobagi: "Le donne si trovavano ad essere coinvolte in ogni ambito e questo rappresentò un’occasione incredibile: un’esperienza diretta di emancipazione e una possibilità per rompere con gli schemi della società". (Foto: Einaudi) 

 

Salto: Tobagi, com’è nata l’idea per questo libro? 

Benedetta Tobagi: Ho avuto l’occasione di entrare in contatto con i lavori degli istituti fotografici e di imbattermi in moltissime fotografie dell’epoca, l’idea è nata da lì, ho voluto utilizzare proprio le foto come nerbo della narrazione, alla quale affiancare il testo. Il tema, del resto, ha una radice antica per me e si ricollega ai miei precedenti lavori sulla strage neofascista di Brescia e al racconto corale sulle donne che hanno permesso alle future generazioni di vivere in una democrazia e di godere dei diritti che a loro furono negati. 

Le immagini nel libro sono importantissime, ma l’uso che ne ha fatto è molto delicato, quasi in contrasto con l’abitudine che ne abbiamo oggi…

Volevo che le fotografie parlassero e che agissero come una voce narrante. L’intenzione è quella di catturare il lettore, perché si fermi ad osservare. Siamo ormai abituati a scorrere moltissime foto, ma vorrei che ci si perdesse tra le pagine e si entrasse in contatto con le protagoniste della narrazione, dedicando tempo e creando un proprio rapporto con le storie raccontate. 

Ad una ricostruzione storiografica minuziosa si affianca uno stile leggero e scorrevole…

Si tratta di un tipo di lavoro che cerco di fare anche con altri miei libri: un saggio in forma narrativa che parte da una solida base storica ma che non preclude la possibilità di avvicinarsi al racconto. Trovo che la grande storia sia, così, in grado di respirare e in questo modo si riesce ad entrare in contatto con la dimensione esistenziale, stabilendo un rapporto umano con le figure del passato. 

Nei racconti delle partigiane si può leggere tutta l'amarezza per la Resistenza tradita

E proprio l’aspetto umano emerge dalle pagine, per una ricostruzione che non è composta solo di eventi bellici ma anche di momenti gioiosi? 

Il racconto della parte vitale della Resistenza ha dei precedenti illustri: già Italo Calvino, dopo aver letto il Diario partigiano di Ada Gobetti, pare abbia esclamato “Dio mio, quanto vi siete divertiti!”, ma a parlarne sono, ad esempio, anche Mirella Alloisio e Carla Capponi. Oltre alla componente tragica e al contesto di guerra la Resistenza ha avuto anche dei momenti di convivialità e di gioia e molte partigiane, e partigiani, si sono impegnate per raccontarli, cercando anche di abbattere l’immagine eroica creatasi intorno alla loro figura. 

Nel libro si nota come le donne fossero in grado di riconoscere gli stilemi patriarcali e di piegarli a loro favore, in una sorta di protofemminismo? 

Non si può propriamente parlare di femminismo, perché si tratta di qualcosa che è arrivato più tardi, ma certamente, in quegli anni, le donne si trovavano ad essere coinvolte in ogni ambito e questo rappresentò un’occasione incredibile: un’esperienza diretta di emancipazione e una possibilità per rompere con gli schemi della società. Furono momenti di grande collaborazione femminile, ma non dobbiamo dimenticare che i codici patriarcali permeavano tutta la comunità e anche le organizzazioni partigiane soffrivano della mentalità maschilista dell’epoca. Nella Resistenza ci fu però un coinvolgimento decisamente maggiore rispetto a quello riservato alle ausiliarie della repubblica di Salò, le quali non ebbero mai alcun ruolo di responsabilità. 

Gli anni del secondo dopoguerra hanno però tradito le aspirazioni delle donne che avevano partecipato alla Resistenza? 

C’è voluto moltissimo tempo perché alle donne venisse riconosciuto il merito, a parte i singoli casi di alcune partigiane impegnate in politica o delle famosissime medaglie. Il ritorno ai tempi di pace fu drammatico e nei racconti delle partigiane si può leggere tutta l'amarezza per la Resistenza tradita, alcune arrivarono addirittura ad invidiare le compagne morte in guerra, perché non erano state costrette a vivere quell’enorme delusione. Entrarono poi in gioco le dinamiche sociali ed economiche della guerra fredda, ma anche in questo scenario molte hanno continuato a lottare. 

Negli anni c’è stata un’offensiva più o meno costante alla cultura della Resistenza, che oggi trova nuova forza

Dal punto di vista storico ci sono quindi ancora molti aspetti da indagare?

La ricerca storica è sempre attiva e vi è una marea di fonti secondarie, sulle quali molte studiose hanno lavorato e continuano a lavorare. Un patrimonio che si trova nelle biblioteche e che deve essere portato ad un pubblico più vasto possibile, in un’operazione di disseminazione capace di piantare semi nel dibattito pubblico. 

Il grande successo del libro lascia però intendere che il pubblico è pronto e reattivo? 

Non bisogna mai sottovalutare i lettori, che sentono e rispondono alla passione dell’autore. La risposta al libro mi ha un po’ sorpreso, si tratta ovviamente di un successo gradito, che indica, forse, che c’è voglia di tornare a riflettere su questi temi. 

A contribuire è, probabilmente, anche il clima di ritorno dell’estrema destra con i suoi attacchi alla democrazia? 

Sono correnti che non erano mai sparite del tutto. Negli anni c’è stata un’offensiva più o meno costante alla cultura della Resistenza, che oggi trova nuova forza, ma proprio per questo è importante recuperare seriamente la storia, senza retorica, tornando all’esperienza dei partigiani nella sua complessità. Si tratta ovviamente di un periodo che ha avuto i suoi limiti e i suoi errori, ma c’è ancora molta ignoranza e molta deformazione rispetto al passato. Ricordare la vitalità e i valori dell’antifascismo resta quindi un servizio fondamentale per il dibattito pubblico.