Gli insegnnati che "rognano"
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Gentile Assessora Gerosa,
la sua appassionata difesa dei poveri studenti trentini vittime dei loro insegnanti che, assillandoli di compiti per le vacanze natalizie, ne limiterebbero il “diritto alla serenità, socialità a costruire la propria personalità, all’inseguimento di sogni e propensioni” (“Compiti e disconnessione, una questione di equilibrio” del 13/12), ha dell’incredibile.
Mentre il Ministro dell’Istruzione e del Merito si perita di rimettere al centro del discorso pedagogico gli insegnanti – “Ridare autorevolezza ai docenti per educare i nostri ragazzi” si intitolava la sua lettera in risposta a quella del professore trentino Alessio Marinelli sottoscritta da 110 colleghi “umiliati” dal TAR (“La Stampa” del 13/7/’23) – lei li bacchetta.
Mentre il Ministro si batte contro il pedagogismo romantico-naturalistico (Parker, Dewey, Kilpatrick), principale causa della grave crisi educativa e dell’impoverimento culturale delle nuove generazioni (“La scuola dei talenti”, G. Valditara), lei lo puntella: le sue “linee guida per il benessere a scuola nell’era digitale” – non per nulla accolte con favore dal dott. Janes – hanno la stessa lunghezza d’onda.
Cos’altro è quel “diritto alla disconnessione che garantisca uno spazio di vita per apprendere in momenti diversi da quelli della scuola” se non un richiamo all’idea romantica dell’apprendimento naturale (vitale, olistico, progettuale) libero da rigidità disciplinari in opposizione a quello tradizionale-libresco e alle sue forme artificiali di stimolo e di rigore?
Quell’invito a “dedicarsi all’arte, alla musica, alla cultura” a patto che lo si faccia “in contesti diversi dalla scuola, non legati al nozionismo o alla conoscenza strettamente intesa” cosa altro è se non un chiaro riferimento alla primazia di quel metodo? È la vita stessa, con i suoi ritmi naturali – si afferma – la vera base dell’insegnamento e dell’educazione: una pianta cresciuta sotto pressione e costrizione, difficilmente trova la sua vita, il suo fine: la natura ha chiuso le attitudini superiori dell’uomo come in una conchiglia, se la si rompe prima che si apra da sola, si guasta la perla.
Se gli insegnanti “rognano” contro chi vuole imporre loro questo pedagogismo è perché sanno, lo sperimentano quotidianamente nel loro lavoro, che la mente umana non si sviluppa a ritmi naturali come una perla: non solo non ha limiti evolutivi (può apprendere efficacemente ogni materia ad ogni stadio scolare) ma per farlo deve essere socialmente incoraggiata (premi e castighi): tutti gli apprendimenti richiedono sforzi ripetuti, non c’è strada comoda che eviti il lavoro ripetitivo e impegnativo dello studio.
Nessuna meraviglia dunque se, come medicina a questo fallimento, propone il FaBER (Facilitatore del Benessere Emotivo e Relazionale), la stessa cura che l’ha provocato. La fede nelle proprie convinzioni non può accettare la sconfitta: se i giovani languono (e non è possibile non avvedersene), la colpa non è del metodo ma della “rognosa categoria” insegnanti che, o non vuole, o non sa applicarlo.