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L’officina dei diritti

Luca Da Ros, ideatore dello spazio di auto-repair per rider (e non solo), ci racconta del percorso intrapreso con la Cgil/Agb a sostegno della categoria.
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Bicicletta
Foto: ©Pixabay

Con le loro bici percorrono decine di chilometri ogni giorno per consegnare cibo a domicilio a tutta la città. Se il loro mezzo, però, necessita di una riparazione, nella ciclofficina di Spazio 77, in via Dalmazia, i rider che lavorano a Bolzano possono trovare non solo aiuti per ruote sgonfie o catene rotte ma anche assistenza sindacale, grazie ai funzionari della Cgil/Agb.


Il progetto è partito alcuni mesi fa, su spinta di alcuni volontari, tra i quali Luca Da Ros, 28 anni, di Vittorio Veneto, dottorando in ecologia forestale all’Unibz, che ci spiega i contorni dell’iniziativa: “Ho vissuto a Bologna durante gli anni dell’università, poi anche in Spagna e in entrambi i casi ho conosciuto diverse realtà di ciclofficine, e all’estero alcune di queste offrivano anche consulenza legale. Sono sempre stato un amante della bici, a livello amatoriale e agonistico, e rendendomi conto dell’elevato risvolto sociale di questi progetti, una volta arrivato a Bolzano, quando ho conosciuto Spazio 77, ho subito proposto l’idea per attivarla al suo interno”. Uno spunto accolto subito molto bene, tanto che già lo scorso anno, appena inaugurato il centro, si crea un piccolo gruppo di persone interessate: “Alcuni hanno offerto della strumentazione, un’altra persona mi ha dato una mano nei primi giorni in cui abbiamo aperto, dopo il primo lock-down”, aggiunge Da Ros.

La ciclofficina parte infatti a inizio estate, ma attira immediatamente l’attenzione del sindacato, che già da molto tempo segue la questione dei rider: “A fine estate - prosegue - sono stato contattato dalla Cgil, mi è stato chiesto se avevo interesse a estendere il progetto alla categoria, che ha svariati problemi, tra i quali stipendi molto bassi, pochissime garanzie e scarso livello di sindacalizzazione. A me l’idea è piaciuta subito perché nella mia testa c’era proprio la volontà di dare all’iniziativa un focus più sociale”.
L’intervento della Cgil ha dato un’ulteriore, importante spinta propulsiva al progetto: “Ci è stato fornito un budget per acquistare nuovi strumenti e abbiamo potuto così aumentare la gamma di riparazioni, poi un nuovo bancone da lavoro. Nel frattempo si sono uniti altri due meccanici volontari, conosciuti sempre nell’ambito dello spazio, e abbiamo iniziato ad aprire ogni martedì dalle 17.30 alle 20.30. Da un paio di settimane abbiamo esteso anche ai rider, nel senso che ad ogni apertura corrisponde anche la presenza di un membro della Cgil che può fare consulenza”.

I lavoratori non hanno esitato a farsi avanti: “Già lo scorso martedì ne sono passati due, abbiamo fatto delle riparazioni insieme, e una funzionaria ha dato loro un po’ di informazioni. Nel frattempo stiamo cercando di fare un vero e proprio censimento dei rider per capire quanti sono. Sappiamo per ora che sono per la maggior parte cittadini stranieri, hanno quindi spesso problemi con la lingua, la burocrazia. Stiamo cercando di portare alla luce la situazione, anche in considerazione del fatto che dalle classifiche Bolzano risulta la sesta città d’Italia per utilizzo di questo servizio. Qui riteniamo lavorino almeno 80 rider”.

Da Ros ritiene che il delivering, nel capoluogo, sia agevolato da una serie di fattori: “La spiegazione che mi sono dato, per giustificare questo dato, è che Bolzano è innanzitutto una città ricca, in cui pochi hanno problemi a comprare cibo online e consumare spesso dal ristorante. Il centro poi è tutto sommato abbastanza piccolo, con molti ristoranti concentrati nel raggio di poche centinaia di metri, quindi è facile ritirare il cibo e le spedizioni sono quasi tutte effettuabili in bici. Le condizioni per il delivering sono quindi ottimali. Accanto a questo c’è la situazione dei lavoratori: durante il lock-down, quindi lavorando moltissimo, lo stipendio medio si aggirava intorno ai 1500 euro, a fronte però di pochissime tutele e di un sistema abbastanza malato di competizione interna”. Anche i due ragazzi arrivati in ciclofficina martedì scorso erano stranieri, “il problema della lingua un po’ c’é stato in effetti, ma c’é il vantaggio che avendo i pezzi di ricambio lì puoi esprimerti a gesti, con loro alla fine più o meno ci siamo capiti”.

Il servizio riparazioni è totalmente gratuito e l’obiettivo è quello di insegnare agli utenti a sistemare da sé la bici: “Dipende ovviamente dal livello di capacità meccaniche di ciascuno, ma l’idea di base è quella di fornire autonomia e di avere un ruolo di accompagnamento alla riparazione, facendo lavorare chi la bici la porta qui. Per il resto, chiediamo un rimborso spese per i pezzi nuovi e chi vuole può lasciare un’offerta libera, che poi utilizzeremo per pagare la nostra piccola quota di affitto dello spazio”.

Per far sapere ai rider dell’esistenza del progetto, poi, si è agito su tre livelli: con la conferenza stampa organizzata proprio poco tempo fa per presentare l’iniziativa, tramite canali social e con la distribuzione di volantini in varie lingue lasciati nei ristoranti più utilizzati dai rider. “Speriamo molto anche nel passaparola - sottolinea Da Ros - e qui comunque vediamo che gente ne passa sempre, e poi mi permetto di aggiungere che abbiamo avuto un grande riscontro dal vicinato, che ci ha regalato una decina di bici da sistemare. Chi le vorrà le potrà avere in cambio di un’offerta per i pezzi nuovi che abbiamo acquistato”.

A brevissimo il testimone passerà a Luca Gransinig. “Io tra poco partirò per il periodo di dottorato all’estero. Luca è stato tra i primissimi a contribuire al progetto, ci ha messo tante energie. Anche lui è un grande appassionato di bici, e lavora per un’associazione che organizza cicloturismo estivo nelle Dolomiti. Per i prossimi mesi sarà lui il referente del progetto”.