Democrazia a rischio?
Coinvolge non solo il settore produttivo, ma anche il sistema dei servizi, che rappresenta ormai l'attività prevalente nella società occidentale. In Germania esso genera il 70% del Pil e procura lavoro al 75% dei dipendenti totali. Anche in queste attività la digitalizzazione avrà effetti notevoli.
Essa offre la possibilità di affidare alle macchine lavori pesanti e pericolosi, ma se non governata può stravolgere il modo di lavorare finora noto e distruggere posti di lavoro. La sfida è quella di utilizzare le nuove tecnologie a favore dell'uomo e non per garantire alle multinazionali nuovi spazi per aumentare i loro utili già adesso astronomici. Più che mai bisogna contrastare le teorie neoliberiste e ridare allo Stato spazi e margini per incidere sulle scelte future.
La digitalizzazione ha rilevanti aspetti tecnologici, ma a livello politico bisogna anche ragionare per fare prevalere l'uomo con la sua empatia e creatività. Va anche deciso dove tirare una linea oltre la quale non si deve andare. Non tutto quello che è possibile fare è anche opportuno, dal punto di vista umano, etico, morale e qualitativo. Per gestire questa difficile transizione serve far partecipare le lavoratrici e i lavoratori e farli comprendere che per i futuri cambiamenti bisogna essere disponibili a una costante informazione e formazione per non rimanere esclusi. Le aziende invece devono a loro volta favorire questi processi con una nuova cultura del coinvolgimento, favorendo la riqualificazione e la formazione continua dei propri dipendenti. Le gerarchie sinora consolidate a livello aziendale subiranno a loro volta delle modifiche e le aziende avranno sempre più bisogno di coinvolgere i dipendenti nelle scelte. Purtroppo non sempre siamo preparati a seguire i cambiamenti perché a volte si tratta di processi talmente rapidi che le aziende vanno avanti da sole. Qui bisogna incominciare riqualificando le rappresentanze sindacali a partire da quelle aziendali.
Ma il vero rischio in questa fase non è la disoccupazione di massa a seguito della digitalizzazione. Ci sarà una perdita di posti di lavoro che saranno sostituiti con robot, ma ci saranno altri posti in sostituzione, anche se non basteranno a mantenere stabile l’occupazione. La paura di perdere il proprio status di benessere sta provocando, invece, scossoni alla democrazia occidentale, ormai stretta in una morsa pericolosa tra populismo, nazionalismo e autoritarismo, il contrario di quello che sarebbe necessario per governare questi processi chiaramente globali. Purtroppo la politica del passato ha sottovalutato il problema delle diseguaglianze crescenti e delle ingiustizie sociali alimentando rancori e rabbia, spesso scaricati poi sui più deboli. Non a caso è in atto una guerra tra poveri a partire dall'immigrazione. Il razzismo diventa spesso un tentativo di difendere il proprio status privilegiato.
La politica deve ritrovare il proprio ruolo e scollarsi di dosso l'immagine di essere al servizio delle multinazionali e della finanza. In questo contesto va rivista anche la politica dell'ambiente, soprattutto nei paesi poveri, che non possono essere la ‘pattumiera’ delle nazioni più evolute e fatto un uso più attento delle risorse naturali. Il sistema dei servizi e una digitalizzazione a misura dell'uomo sono fondamentali a tale scopo. Soprattutto la digitalizzazione apre in questi ambiti nuovi scenari che vanno colti e gestiti in maniera ottimale. Ma per realizzare ciò serve una mano pubblica in grado di fare scelte in questa direzione e di imporle. Oggi purtroppo prevale la logica del profitto dei grandi gruppi che per raggiungere i loro obiettivi distruggono non solo i diritti dei loro dipendenti, ma anche l'ambiente.
In maggio il nostro continente dovrà scegliere tra un visione aperta del mondo o andare verso forme di chiusura sempre più accentuate. Dovrà decidere tra populismo, sovranismo e nazionalismo o per una sempre maggiore integrazione della Comunità europea. Gli elettori hanno in mano il destino del continente. Ma spetta alla politica dare ai propri cittadini una prospettiva per il futuro. Oggi prevalgono purtroppo la paura e l’insicurezza, che spesso portano a scelte irrazionali e preoccupanti. Forse converrebbe guardare anche la storia, che è vero che di solito non si ripete in maniera identica, ma quando prevale il nazionalismo e il razzismo gli effetti a cui porta hanno comunque un filo conduttore comune. A volte si arriva alle guerre, altre volte c’è la persecuzione di chi entra nel mirino e a volte la discriminazione razziale. La Ce doveva essere proprio l'argine a questi problemi e una risposta alle dittature e ai dolori del secolo scorso.
Il nuovo che avanza non avrà perciò solo effetti economici, ma se governato male anche effetti negativi sulla società e sul nostro modo di vivere in futuro. Il sindacato si sta attrezzando a queste sfide a fianco di chi rappresenta da sempre.