Fratello minore, anzi no, anzi forse

Bastassero le interviste - come è capitato di recente in questa regione a qualche dilettante allo sbaraglio ma per fortuna anche a Martin Hanni nel gran bel colloquio in tedesco con Stefano Zangrando proprio su Salto.bz – tutto si capirebbe di un romanzo, di una biografia, di un Auto da fè.
Ma qui siamo ben lontani da Elias Canetti e francamente anche da quegli scrittori, come il poliedrico e rigoroso Ingo Schulze, che Stefano Zangrando ha tradotto sapendo di tradurre e, solo dopo, un po’ inevitabilmente assorbire.
Berlino non è un tramite, un rifugio o una Zeitmaschine. E neanche una Wunderkammer.
Il problema è un po’ Berlino e un po’ ancora la stessa scrittura. Scrittura che ha bisogno di decantare, irrobustirsi (o persino diventar più maudit). E Berlino? Abbiamo capito che l’autore di “Fratello minore” - edizioni Arkadia, casa da tenere d’occhio perché dinamica, coraggiosa e fuori dal coro - ama e odia questa città aperta e da sempre più neorealistica di Roma. Zangrando la rincorre, però la lusinga, però la idealizza anche quanto ne drammatizza le strade e le teste e i cuori.
E le storie. In “Amateurs” avevamo riscontrato ritmo e stile narrativo ancora in fieri ma decisamente già sul binario giusto, in questo complesso e inquieto “Fratello minore” ci confrontiamo con una con-fusione di temi narrativi e di ritmi. Esperimento coraggioso, ardito, affollato di suggestioni.
Siamo, come avvertono le note al libro a “Berlino, zona est, un autunno degli anni Novanta, prima dell’alba. Un uomo scende in strada, è uno scrittore semisconosciuto e un ex-bevitore. Ha quarant’anni e la sua vita è sospesa. Vent’anni dopo, un autore italiano che a Berlino ci va spesso s’imbatte nei ricordi che quell’uomo ha lasciato in chi lo ha conosciuto. Si mette sulle sue tracce, ne scopre i testi, decide di ricostruirne la figura. Immagina, interroga, si rivolge a lui...”.
Intendiamoci, Stefano Zangrando è uno che non si accontenta e ha un carattere molto propositivo. Ne conosciamo la generosità quando traduce, quando organizza incontri letterari, quando scrive.
E aver convinto i responsabili di una collana importante di Arkadia editrice fino alla pubblicazione di “Fratello minore” è cosa da salutare con interesse e con piacere.
Anche se Berlino non è un tramite, un rifugio o una Zeitmaschine. E neanche una Wunderkammer. Zangrando lo sta scoprendo e allora ci regalerà compiutamente la forza della propria impaziente ma stimolante letteratura.
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