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L’importanza di chiamarsi Jîna Amini

Dopo la manifestazione solidale, il Centro Pace e Unibz organizzano un incontro informativo per dare voce a studentesse e ricercatrici iraniane residenti in Alto Adige.
jina mahsa amini
Foto: Twitter

La rivoluzione del 1979 che ha portato alla caduta dello scià ha cambiato radicalmente il volto dell'Iran, per decenni caratterizzato da una gestione del potere autoritaria e antidemocratica, possibile grazie all’instaurazione di un regime brutale e fondamentalista. Chiunque, indipendentemente dall’etnia e dal genere, non sia espressione di un dispositivo di controllo e repressione del Governo, può diventare un target. Tra tutti, spiccano ovviamente le donne e le minoranze.

Jîna Amini, una ragazza curda di 22 anni, è stata picchiata fino alla morte dalla polizia morale di Teheran. L'etnia e le accuse di offesa alla religione scaturite dal pretesto di non portare correttamente l'hijab, le sono state fatali.

Da settimane in tutte le province iraniane, soprattutto in quelle a prevalenza curda, sono animate da scontri e proteste sempre più frequenti. “Jin, jiyan, azadî”, è lo slogan che ha accompagnato le manifestazioni di solidarietà in tutto il mondo. 

 

Quelle tre parole, “Donna, vita, libertà”,  sono state scandite pubblicamente per la prima volta dalle donne curde l'8 marzo 2006, in occasione dei raduni per la Giornata internazionale della donna che si sono svolti in tutta la Turchia. Oggi rappresenta un grido di ribellione che è arrivato persino in Afghanistan, con decine di donne che hanno deciso di sfidare la brutalità del regime talebano manifestando davanti l’ambasciata iraniana di Kabul, per esprimere vicinanza alle “sorelle” oltreconfine

Allo stesso tempo, mentre le rivolte infiammano, l’identità curda di Amini scompare. I notiziari, soprattutto occidentali, l’hanno chiamata “Mahsa”, il nome persiano che compariva solo sui suoi documenti. A causa di una legge discriminatoria dello Stato iraniano, le famiglie sono infatti obbligate a registrare ufficialmente i propri figli con nomi non curdi, sebbene il loro utilizzo sopravviva ampiamente nella vita reale.

Jîna Amini era una donna curda. Le donne curde hanno lottato tanto per non essere annientate in vita; non lasciate che le loro storie vengano riscritte dopo la loro morte”, aveva scritto la giornalista Meral Çiçek in un duro articolo pubblicato sulla piattaforma indipendente Novara Media.

 

 

Solidarietà anche da Bolzano

 

Lo scorso 1° ottobre nel capoluogo, diverse persone solidali si sono ritrovate in Piazza Mazzini per esprimere vicinanza ai manifestanti colpiti dalla feroce repressione di regime e per dare sostegno alle donne impegnate in una nuova battaglia di liberazione nei luoghi che attraversano, dalle scuole alle università, dalle strade ai posti di lavoro.

Domani, mercoledì 26 ottobre,  il Centro per la Pace e la Libera Università di Bolzano hanno invece organizzato un incontro pubblico per informare la cittadinanza sulla situazione che sta vivendo oggi l’Iran. 

 

Le relatrici e i relatori che interverranno saranno studentesse, ricercatrici, attivisti o semplici rappresentanti della società civile iraniana residenti in Alto Adige.
L’appuntamento è alle ore 18.00 presso l’Aula F6 della Libera Università di Bolzano.