Cuori d’acciaio
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Segnatevi questo nome: Chris Sanders, regista, produttore, sceneggiatore, scenografo e doppiatore che ha fatto la gavetta alla Disney e che fra le altre cose, ha diretto e sceneggiato Lilo & Stitch. Con The Wild Robot (Il Robot Selvaggio), il suo ultimo film prodotto dalla DreamWorks e basato sulla serie di libri per bambini di Peter Brown, l’ha proprio imbroccata. Ah, se l’ha imbroccata.
Cos’è
È un film d’animazione, in questi giorni ancora in sala, che racconta la storia di un robot di nome ROZZUM 7314, detta “Roz” (doppiato da Lupita Nyong’o), che si schianta su un’isola remota, popolata solo da creature del bosco. Roz è programmata per essere un’assistente domestica e quando viene accidentalmente attivata si ritrova senza esseri umani da servire.
Per potersi adattare all’ambiente circostante e interagire con gli animali selvatici, in primis la furbissima volpe Fink (Pedro Pascal), entra in “modalità apprendimento” riuscendo infine a comunicare con loro.
Il robot trova la sua missione in seguito a un tragico evento e alla conseguente responsabilità di prendersi cura di un papero orfano, Brightbill (Kit Connor), a cui dovrà insegnare a nuotare e volare in tempo per farlo migrare al sud assieme alle oche.
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(c) Universal Pictures
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Com’è
Magnificenza è la prima parola che viene in mente pensando all’impianto visivo di The Wild Robot: le composizioni pittoriche à la Studio Ghibli o i movimenti organici dei personaggi, che sembrano tratti dalle illustrazioni dei libri per bambini, sono una gioia per gli occhi. Il film è denso di contenuti: parla di automi e creature selvagge, della natura della famiglia – esplorando la profondità dei legami e le difficoltà di essere genitori – e della costruzione di una comunità, affrontando temi (sorprendentemente) complessi che hanno una risonanza universale.
The Wild Robot è anche un film che non ha paura di parlare della morte, un argomento che sembra ormai un tabù nell’animazione odierna, e da subito dice che la natura è un posto terrificante, violento, pericoloso. Lo fa senza però perdere il tono ironico, una costante nel racconto di Sanders, dove anche ogni personaggio secondario ha il suo momento, il suo senso di esistere all’interno della storia.
Il viaggio emotivo dei protagonisti – amplificato dall’epica colonna sonora di Kris Bowers – il conflitto, l’azione, l’umorismo, sono trattati in un modo che coinvolge bambini e adulti e che non assomiglia ai precedenti cartoni animati di questo genere (forse anche perché il film privilegia la narrazione rispetto alla costruzione di franchise?).
Come se tutto questo non bastasse, bisogna mettere in conto fiumi di lacrime che scenderanno impietose a infeltrire i vostri maglioni. Perché The Wild Robot è un film che punta al cuore, per strapparvelo dal petto.
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