Kultur | Femminismo

“Ella” si tinge di blues

Marie Moïse ha tradotto insieme ad Angelica Pesarini il libro “Blues e femminismo nero” di Angela Davis. È tra le protagoniste della rassegna “Ella-Women on stage”
Marie Moïse
Foto: Ellla
  • Marie Moïse, filosofa politica, ricercatrice e attivista femminista, domenica 26 novembre alle ore 18:00 presso l’Auditorium Bonbonniere, insieme al musicologo Gianpaolo Chiriacò e all’artista Catarina de Jesus, esplorerà le forme di protesta e resistenza che legano le blueswomen Nere statunitensi degli anni ’20 e ’30 alle lotte dei movimenti femministi antirazzisti contemporanei. 

    SALTO: In quale contesto politico e sociale si inserisce l’edizione italiana di “Blues e femminismo nero”?

    Marie Moïse: L’uscita dell’edizione italiana del testo di Angela Davis si inscrive in un lavoro di diffusione del pensiero antirazzista critico, che in Italia ha preso piede a partire dal 2020. Anche nel nostro Paese, infatti, nel 2020 l’ondata globale di Black Lives Matter ha portato al riconoscimento del razzismo come questione strutturale. A questo si unisce il levarsi di una generazione che problematizza il razzismo e lo fa in italiano. Si tratta di persone con background migratorio e razzializzate che vivono in un Paese, l’Italia, in cui hanno la propria traiettoria di vita, ma che al contempo produce la loro esclusione dalla società. 

    Dietro l’uscita del libro in Italia vi è dunque un’esigenza di tipo politico?

    Sì, perché si tratta nello specifico non solo di una lettura antirazzista, ma femminista antirazzista. Se possiamo riconoscere un’intera generazione che sta prendendo piede e porta avanti un discorso antirazzista partendo dalle esperienze vissute sui propri corpi, le voci femminili, infatti, sono quelle preminenti. “Blues e femminismo nero” ci aiuta a comprendere la specificità sociale di questo soggetto politico che sta prendendo voce nel dibattito pubblico, ma anche le specifiche pratiche di lotta e le strategie discorsive, narrative e artistiche con cui si producono l’immaginario e il linguaggio.

    Quali sono le soggettività messe in luce da Angela Davis nel libro?

    Questo libro parla delle primissime forme di protesta della soggettività femminile Nera, in un’epoca che precede l’esplosione dei movimenti femministi che abbiamo conosciuto negli anni ’60 e ’70. Ci presenta, infatti, la stagione di lotte che ha avuto luogo negli Stati Uniti negli anni ‘20 e ‘30 del Novecento. Anche se in questo periodo storico non vi erano ancora delle strutture organizzate del movimento di massa, infatti, non significa che la resistenza e la lotta non esistessero.

    Come si declinavano, dunque, queste forme di protesta?

    Queste forme di protesta si muovevano in forme criptate e venivano trasmesse in maniera sotterranea attraverso codici che non sono immediatamente comprensibili. Angela Davis ci aiuta a trovare le lenti giuste per intercettarle. Qui entra in gioco l’arte, capace di comunicare, nutrire le narrazioni e accrescere la coscienza sociale attraverso linguaggi che contengono tantissimo valore politico ma, appunto, non sono immediatamente decifrabili. 

  • Foto: Ella

    Dove ha origine questo espediente?

    La pratica dell’uso dell’arte –  del canto, della danza, dell’uso artistico del corpo – al fine di trasmettere surrettiziamente messaggi di lotta e appelli alla resistenza nasce dalle resistenze delle comunità schiavizzate e dei popoli colonizzati, che hanno saputo trovare la via della libertà da una forma di appropriazione, espropriazione e sradicamento violentissimo dei corpi da loro stessi, delle comunità dalle loro terre, fino ad annullare l’idea che quelle stesse esistenze fossero esperienze umane. 

    Perché Angela Davis mette in luce proprio le vocalità delle donne Nere nel blues? 

    Il blues è stato lo spazio di espressione di queste donne, del loro ricrearsi e ripensarsi dopo aver conosciuto la disumanizzazione e la negazione come donne durante la schiavitù. All’interno del blues viene a crearsi un terreno artistico e creativo di una soggettività femminile nella società post-schiavile, in cui le donne non hanno smesso di subire grandissime oppressioni.

  • Quale impatto hanno avuto le blueswomen prese in esame da Davis – Gertrude “Ma” Rainey, Bessie Smith e Billie Holiday – nel mondo discografico, prevalentemente bianco e maschile?

    Il loro impatto oggi viene denominato come “decolonizzazione del canone”. Le donne Nere del blues hanno segnato un punto di rottura con un mondo discografico bianco molto canonizzato, che riproduceva nei suoi contenuti e nelle sue forme le rappresentazioni del sistema di potere dominante. Performando rappresentazioni di rottura riscuotono e piegano di fatto l’interesse di consumo e profitto del mondo discografico bianco a queste visioni e rappresentazioni estetiche di rottura. 

    In particolare, Billie Holiday, che inizia a calcare le scene qualche decennio dopo Smith e Rainey, ha permesso a queste tematiche di accedere a un pubblico mainstream.

    Billie Holiday ha dovuto sfidare un canone molto rigido, perché orientato agli interessi di profitto delle canzonette da vendere sul mercato. Nonostante questo, attraverso l’uso della voce, dell’ironia e grazie a un utilizzo sempre moderato di ritmi e timbri, è riuscita a caricare di contenuto politico testi apparentemente molto leggeri, legati soprattutto a stereotipi di amore romantico eterosessuale. Holiday aprì le porte del mercato culturale mainstream a tematiche politicamente molto forti, come la violenza di genere e sugli uomini Neri da parte del potere suprematista bianco che in quegli anni con il Ku Klux Klan mostrò tutta la sua efferatezza. 

    Quali sono alcuni dei tabù che le blueswomen infrangono?

    Il blues Nero femminile alza il velo sul tema della sessualità delle donne al di fuori dei rapporti coniugali e del loro desiderio sessuale. Le loro canzoni accendono i riflettori su violenza domestica, sfruttamento lavorativo nei contesti domestici bianchi, sessualità lesbica. Attraverso l’arte questi temi entrano nello spazio pubblico di riflessione e discussione e, per la prima volta nella Storia, rivendicano che il privato è politico. 

  • Foto: Ella
  • In che modo Lei e Angelica Pesarini vi siete approcciate al lavoro di traduzione?

    Abbiamo voluto rimanere in dialogo con le istanze di lotta con la generazione di persone afrodiscendenti razzializzate. Per tradurre alcuni lemmi-chiave di questo testo, quindi, la scelta non è ricaduta necessariamente sulla soluzione grammaticalmente o letteralmente più corrispondente all’originale, ma a quella più vicina al lessico delle lotte nere antirazziste di oggi. 

    Può fare un esempio?

    Per esempio, il “termine-ombrello” che utilizza Angela Davis per nominare tutte le donne al centro di questo testo è Women of colour. Angelica Pesarini e io abbiamo scelto di non tradurlo con “donne di colore”, perché consapevoli che questa espressione in Italia è nata all’interno di un vocabolario bianco dominante come alternativa che si presumeva pollitically correct, quando la lingua italiana ha deciso di dismettere il vocabolario razziale. In questo testo quindi troverete la dicitura di “donne razzializzate”, termine politico con cui le donne che oggi lottano contro il razzismo nelle piazze e nelle istituzioni culturali e politiche di questo Paese si nominano.

    Qual è, secondo Lei, l’aspetto più attuale del testo di Davis?

    Dietro alla morte prematura di ogni donna per volere di un sistema di oppressione, Davis ci invita a leggere la capacità di resistenza, lotta e azione di ogni donna dall’oppressione patriarcale e ci mostra che anche dietro all’ultima di noi che ha perso la vita vi era l’espressione del suo desiderio di libertà. È proprio questo che il sistema di oppressione non tollera ed è per questo che ancora oggi abbiamo bisogno di diffondere strumenti teorici e pratici come il testo di Angela Davis. 

    Cosa può aspettarsi il pubblico di “Ella-Women on stage” in vista dell’evento del 26 novembre “Blues, memorie e femminismo nero. Pratiche contemporanee a partire dal testo di Angela Davis”?

    A Bolzano faremo dialogare il testo di Davis con un progetto di ricerca che stiamo portando avanti a Napoli. Questo progetto mira a comprendere come le vocalità Nere afrodiscendenti razzializzate contemporanee stiano contribuendo a recuperare le memorie delle lotte passate e, attraverso questa operazione, a trasmettere verso il futuro le istanze di liberazione in prospettiva decoloniale e antirazzista. Ci sono artiste che oggi portano avanti le stesse rivendicazioni delle blueswomen degli anni ‘20. Il 26 novembre si esibirà e dialogherà insieme a me e a Gianpaolo Chiriacò una di queste voci, Caterina de Jesus, artista afrobrasiliana napoletana razzializzata, che nei suoi testi, nelle sue poesie e nelle sue canzoni riprende la necessità di riconoscere lo sfruttamento dei corpi Neri all’intersezione di genere, razza, classe, sessualità. Caterina utilizza l’hip hop, che oggi può essere considerato a tutti gli effetti la pratica artistica sonora erede di tutto il portato politico del blues, soprattutto per le donne razzializzate.

  • Il programma della terza edizione di Ella-Women on stage è disponibile qui: 
    www.instagram.com/ella.womenonstage/
    www.facebook.com/ella.womenonstage 
    Per ulteriori richieste e informazioni: [email protected]