L'ILLUSIONE CHE NON BASTA a Bolzano
L’autore Roberto Masiero, originario di Bolzano ma residente nel Veneto, si ripropone con una nuova opera di narrativa, dal titolo L’illusione che non basta. In modo originale il romanzo affronta la tematica del confronto tra culture di popoli diversi, divenuto di stretta attualità e più spesso anche di contrasto, con l’intensificarsi del fenomeno dell’immigrazione nel nostro Paese. L'appuntamento è per il giorno 7 marzo alle ore 18 nella sala dell'Antico Municipio di Bolzano, in via Portici 30.
In un certo senso l’opera è la prosecuzione logica di una visione iniziata con il fortunato romanzo, intitolato La strana distanza dei nostri abbracci. Ambedue scandagliano le conseguenze dei pregiudizi. Se nel precedente romanzo si trattava delle ragioni remote che a suo tempo hanno deteriorato i rapporti di convivenza tra genti italiane e tedesche, degenerando nel fenomeno del terrorismo in Alto Adige, quest’ultima narrazione evidenzia il pregiudizio tossico che rischia di far perdere, nell’insensibilità generale, la coscienza di un destino a volte duro, più spesso distratto, talvolta perfino comico che accomuna tutti gli esseri umani. Nell’insofferenza e nella chiusura mentale svaniscono la conoscenza, ma anche l’apporto di cultura, di energia.
Martino (Mart) è la voce narrante, quella di un uomo qualunque, un veneto abbastanza giovane ma non troppo che ha lastricato la sua vita nell’indecisione. È travolto dalla quotidianità del suo noioso lavoro di rappresentante di commercio, senza trovare lo slancio per un salto senza rete nel rischio e si lascia vivere. L’incontro con la protagonista Zakia, una ragazza afghana di etnia hazara che vive a Venezia, sarà costellato di incomprensioni e di altrettante sconvolgenti rivelazioni, in un rapporto destinato a sfociare in uno scambio intellettuale e di comprensione delle reciproche debolezze.
Zakia è una ragazza forte, coraggiosa, indipendente. Si presenta sotto le sembianze di un essere fragile, una delle tante migranti che approdano nel nostro Paese, bisognose di tutto e armate solo di buona volontà. Attraverso questo personaggio emblematico la parola “migrante” perde, invece, la crosta di insofferenza che spesso l’accompagna, per restituire l’onore e la dignità a chi ha impugnato la propria vita in un cambiamento necessario. Zakia porta con sé una dote di cultura mediorientale, di sensibilità raffinata, anche di conoscenza del dolore preziosa alla nostra società iperprotettiva. La vita umana è costruita su un castello di carte fatto di illusioni: basta un soffio per atterrarle, ma non c’è scelta e pazientemente il gioco, ogni volta, riprende. Sullo sfondo di questo romanzo sta l’arte, l’amore per un’arte di verità, sia essa cinematografica o letteraria: anche quando è finzione, rappresenta comunque un ambito del sentire umano che si manifesta nella sua misteriosa grandezza poliedrica. Per alcune scene l’autore si è avvalso della ricostruzione, volutamente rivisitata, del vissuto reale di due registi contemporanei: Razi Mohebi e Soheila Javaheri. Questa coppia (lui afghano hazara, lei iraniana) vive ora nel Trentino, perseguendo una carriera di impegno civile e artistico attraverso la cinematografia. Sullo sfondo del romanzo si staglia la vicenda di continua oppressione verso un popolo pacifico e disarmato, reo soltanto di avere una fede vagamente diversa da quella dominante: l’etnia hazara, sciita in un paese sunnita intollerante. Per un’orribile beffa proprio gli hazara, già gravati dal mostro delle tante guerre che hanno investito l’Afghanistan, nemmeno in tempo di relativa pace possono trovare solidarietà all’interno del proprio stato. La loro situazione è un paradigma di violenza che genera altra violenza, del tutto insensata. Secondo la cifra che è più cara all’autore, il libro accenna alla poesia come magia che scioglie le incomprensioni, scavalca il tempo e arriva ai cuori con immediatezza simile a quella della musica. Pur scritto in un linguaggio accurato, il testo rifugge da un approccio altisonante: l’autore preferisce che le storie possano essere lette su un piano anche spettacolare, intessuto di rimandi leggendari, talvolta mascherando la profondità di qualche pensiero critico nell’ironia che ci salva dal prenderci troppo sul serio.
Bella recensione. Sembra
Bella recensione. Sembra interessante.