Chronik | Not Welcome-Bolzano

Not Welcome-Respinti e indesiderati

Respinti e indesedirati nei centri di accoglienza perchè "problematici" , cioè persone sensibili che non sono riuscite ancora a superare i traumi,scomodi anche al sociale.
NOT WELCOME
Migrare, lasciare la propria terra in cerca di una migliore forma di vita .
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Non tutti lo superano.....
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  • Not Welcome

    Migrare, lasciare la propria terra in cerca di una migliore forma di vita è, sempre più spesso, una scelta dettata dalla necessità di sopravvivenza; è un fenomeno umano che fa parte della vita stessa, intrinseco alla storia dei popoli. 

    Chi non deve subire la migrazione per esigenze di sopravvivenza è una persona privilegiata.

    Senza entrare nella questione, spesso banalizzata, “dell’italiano migrante”, migrare oggi significa portarsi dietro traumi, sofferenze, paure a volte profondi, a volte insuperabili se non opportunamente trattati.

    Anche chi arriva nella nostra ricca provincia porta con sé traumi e sofferenze, paure, cicatrici spesso indelebili che minano l’identità stessa della persona e lasciano strascichi pesanti.

    Avete mai sentito parlare delle torture in Libia? O della violenza della polizia lungo le rotte migratorie? O degli stupri e delle violenze sessuali contro le donne in quasi tutti i territori di passaggio dei migranti e delle migranti?

    Siete mai stat* in balia di un mare forza 10 in un barchino scassato con altre 150 persone? O avete mai sentito il fischio di una bomba sopra la testa? Avete mai visto corpi maciullati dalle barbarie delle guerre e sangue schizzato sui muri? 

    Mai visto nascere una vita in un battello tra le onde?

    Al trauma, sempre più spesso, si aggiunge trauma, e questo può provocare un collasso comportamentale, un grido di aiuto espresso nell’unico modo che in quel momento la mente proietta come possibile maniera di essere ascoltati. 

    Ecco, una  gran parte di queste persone, traumatizzate e sconvolte, invisibilizzate, nascoste, marginalizzate, fa parte di chi viene perseguitato, minacciato, denunciato, imprigionato, condannato, espulso, senza dare  la possibilità di essere ascoltati, presi in carico, curati.

    E’ esistita in Alto Adige un’esperienza di cura e recupero, proprio nel 2017, anno di “apertura” della cosiddetta Rotta del Brennero: a Bressanone istituzioni e attori vari erano riusciti a mettere in piedi una rete di supporto tanto che alcuni casi “disperati” si sono risolti e oggi queste persone vivono come cittadini e rappresentano una parte di comunità solidale.

    Oltre al caso di Bressanone, deserto dei Tartari. Forse per disinteresse, forse per quel famoso motto “Not Welcome”, in Alto Adige non si è mai perseguito un percorso che mettesse al centro l'etnopsichiatria e la conseguente presa in carico di persone straniere affette da profondi traumi, ad eccezione di alcuni tentativi spontanei di medici sensibili al problema che hanno cercato di dare forma ad una assistenza parallela per chi non aveva ancora documentazione e non poteva usufruire di regolare assistenza sanitaria, Tentativi poi abortiti a causa della spietata burocrazia che affossa qualsiasi iniziativa umanitaria e volontaria.

    Oggi vengono comunemente definiti “delinquenti”, non sono accettati nei centri di accoglienza, neanche nelle cosiddette “emergenze freddo” e sono costretti a vivere al margine della società, senza alcuna possibilità di recupero, senza prospettive di inserimento sociale , sopravvivendo in accampamenti di fortuna, costretti a delinquere e talvolta mettendosi in mostra con atteggiamenti violenti per dire “Ci sono anch’io”.

    Molti di questi casi avrebbero una vita normale se soltanto si fosse attivato un piano  efficace di etnopsichiatria, tema complesso in quanto richiede l’intervento sia di personale medico che di personale di supporto linguistico con particolare capacità e sensibilità.

    Dovuto alle diverse azioni dei governi che si sono succeduti dal 2017 in poi, il patrimonio di personale qualificato che si era creato per far fronte ad una accoglienza di qualità, è stato man mano sostituito dalle organizzazioni preposte all’accoglienza che, scelte attraverso la formula dell’appalto al ribasso e avendo più volte vistosi diminuire anche gli importi degli appalti già aggiudicati, hanno sostituito il personale formato e qualificato con manodopera con contratti a termine e con profilo di guardie di sicurezza anziché di operatori sociali.

    Così E. muore di freddo a Bressanone e subito i servizi sociali si giustificano dicendo di “aver fatto qualcosa per la donna”; e I., migrante africano, gira scalzo per la città senza potersi sottoporre a cure perché in attesa di rinnovo di permesso di soggiorno (e finchè non avrà il permesso, quindi diversi mesi, non potrà curarsi al CSM - Centro di Salute Mentale). 

    O L., migrante proveniente dall’Africa, torturato e disumanizzato, che oggi vive in una tenda di fortuna ai margini della città.

    Ma in che baratro siamo finiti?

    Bozen Solidale

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Christian I Di., 28.01.2025 - 13:21

Bel articolo, tema difficilissimo da affrontare.
Solo un piccolo pensiero personale: a sentire e vedere quello che alcuni (molti?) di questi migranti hanno subito (a leggere i rapporti di UNICEF, UN e altre organizzazione c'é solo da piangere...) sinceramente mi meraviglio che non succedano piú frequentemente "atteggiamenti violenti".

Di., 28.01.2025 - 13:21 Permalink