"I love these guys"
-
Quando, alla fine di ogni partita casalinga, pochi secondi dopo il suono della sirena, Glen Hanlon cammina un po’ curvo sul ghiaccio della Sparkasse Arena, dà l’idea di essere la persona più pacifica e riservata del mondo. Il coach biancorosso si concede al massimo un cenno verso la curva che lo “adora” e poi scompare veloce nel tunnel verso gli spogliatoi.
-
Ma tra fine anni Settanta e fine anni Ottanta l’allenatore biancorosso, che vanta la bellezza di 500 presenze in NHL in difesa della gabbia di Canucks, Blues, Rangers e Red Wings, era conosciuto oltre che come un ottimo portiere anche come un duro pronto a gettare i guanti a terra ogni volta che si rendesse “necessario”. Un vero fighter. “Era un altro mondo quello di allora”, dice, aprendosi in un sorriso radioso. Allora i “fights” erano normali perché la società era completamente diversa. A Hanlon il gioco fisico, anche duro, piace ancora – anzi, ritiene sia l’essenza dell’hockey – ma le scazzottate old style che fanno impazzire di gioia i tifosi non le gradisce in quanto “fuori tempo massimo”.
Dall’intervista che segue emerge comunque un uomo di sport con una personalità fantastica: altro che “duro”, forse uno dei segreti dell’Hanlon coach, oltre che la solida preparazione tecnica maturata niente meno che in NHL e in Russia, è il lato sentimentale e empatico che gli consente di creare un feeling speciale con il gruppo. “Come coach forse non dovrei dirlo, but I love these guys”, dice, riferendosi alla squadra, e definendo questo come uno dei motivi principali per cui è tornato a Bolzano. E il suo rientro in città è coinciso con la rinascita della squadra che a fine settembre sembrava destinata all’ultimo posto in classifica. Il Bolzano è arrivato quarto e domenica alle 18 comincia la serie playoff contro Villach, squadra davvero molto forte.
-
Glen Hanlon
Glen Hanlon, 67 Jahre alt, geboren in Brandon (Kanada), ist seit Oktober wieder zurück auf der Trainerbank der Bozner. Hanlon glänzt durch eine bemerkenswerte Karriere als Trainer und Spieler. Als Coach trainierte er auch verschiedene Nationalteams, darunter die Schweiz (2014/2015, 2015/2016) Weißrussland (2004/2005, 2005/2006, 2007/2008, 2008/2009, 2013/2014) und die Slowakei (2009/2010, 2010/2011). Als Assistant Coach saß Hanlon auch für seine Heimat bei der 1997/1998 WM und beim Spengler Cup 2004/2005 auf der Trainerbank. Ebenfalls als Assistenztrainer, aber auch als Head Coach war er bei den Washington Capitals ab der Saison 2002 bis zur Saison 2008 tätig. Zuvor hatte er drei Saisonen lang die Portland Pirates gecoacht. Seine Trainerkarriere begann Hanlon bei den Vancouver Canucks, wo er vier Saisonen lang als Assistant Coach tätig war. Bemerkenswert ist jedoch vor allem die Spielerkarriere des 67-Jährigen. Mit den Vancouver Canucks absolvierte der Torhüter 139 Spiele in der National Hockey League (NHL). In der Saison 1981/1982 wechselte er nach St. Louis. Mit den Blues absolvierte er dort 19 Spiele, bevor er in der darauffolgenden Saison nach New York zu den Rangers wechselte. Dort spielte er insgesamt 150 Spiele. 1986/1987 wechselte er schließlich zu seiner letzten Mannschaft, den Detroit Red Wings. Mit ihnen bestritt der Kanadier 204 NHL-Spiele in fünf Saisonen. In seinen somit 14 Spielzeiten in der NHL kam der legendäre Goalie auf insgesamt 477 Spiele.
SALTO: Coach Glen Hanlon, Ihr erstes Spiel zurück auf der Bozner Trainerbank war am 3. Oktober 2023. Bis zu diesem Spiel hatte der HCB nur drei Punkte in sieben Spiele errungen, die Fans waren enttäuscht, nichts schien zu funktionieren. Wie haben sie es geschafft nach dieser schweren Zeit diese unglaubliche Win-Streak zu schaffen?
Glen Hanlon: Ich glaube, dass ich einen großen Vorteil hatte. Die meisten Spieler kannten mein Spielsystem vom letzten Jahr noch. Ich musste somit nicht von „neuem“ anfangen, das kann nämlich normalerweise mehrere Wochen oder sogar Monate dauern. Als ich zurückkam, kannten meine Jungs die Übungen. Sie wussten, wie sie ihre Kräfte einteilen sollten. Die Mannschaft kam an meiner Rückkehr aus der schwersten und hektischsten Zeit der Saison. Sie hatten in dieser Zeit zwischen den Spielen der Champions League, Freundschaftsspiele und den ersten Spielen der Meisterschaft kaum Zeit zum Durchatmen. Als ich dann kam, wurde der Spielplan etwas einfacher und wir konnten somit diese Siege einfangen.
Come ha trovato la squadra appena arrivato?
Beh, li ho trovati completamente diversi da quelli dell'anno scorso perché... sono esseri umani e quando non si vince si perde fiducia. Quando ero qui, il nostro spogliatoio era sempre pieno di positività ed energia. Ma stavamo vincendo. Quindi quando sono arrivato... se perdi non importa chi tu sia. Si è visto quest’anno anche in NHL ad inizio stagione con gli Edmonton Oilers di Connor McDavid. Iniziano, perdono la prima partita, 8-1 contro Vancouver e non si riprendono più fino al cambio dell’allenatore a novembre e poi tornano vincenti. Quindi è solo questo: è lo sport.
E il sistema di gioco? Quando è tornato crediamo abbia trovato la squadra che giocava con un sistema diverso, più nordeuropeo.
Sì, beh, giocavano in modo un po' diverso. Ma la risposta a tutti i problemi è sempre solo nei i giocatori. Se avessi dovuto insegnare tutto dall'inizio, sarebbe stato più difficile e ci sarebbe voluto molto più tempo. Ma la maggior parte dei giocatori c’erano già nella passata stagione, in più 14 giocatori sono di provenienza nordamericana e sicuramente avevano già giocato in questo modo nella loro carriera. Di questi alcuni arrivano a Bolzano per la prima esperienza in Europa.
Quindi quale è stato il fattore di svolta? Come è andata all’inizio?
Sapete cos'è stato? Bisognava solamente cercare di ottenere un paio di vittorie per riuscire a ricordare come ci sentivamo l'anno scorso. Sta tutto qui, nell'hockey e nello sport in generale, conta la condizione mentale. Noi dovevamo solo tornare a sentirci bene e questo è stato difficile perché, se pur facendo ogni sforzo, le vittorie non arrivano, nella testa tu non riesci ad essere una squadra vincente. Il primo mese le cose non sono andate tutte nel verso giusto, A Linz abbiamo fatto una pessima figura ma quello che abbiamo fatto è stato parlare tra noi e concentrarci sulle cose che avevamo fatto bene… poi credo che abbiamo vinto la partita successiva ed è iniziato un buon periodo.
-
Sì, è stato davvero impressionante, immediatamente dopo siete esplosi in una serie di 10 vittorie consecutive e poi di 17 vittorie su 19. Da lì, in un paio di mesi la squadra è passata da essere la peggiore alla migliore.
Beh è successo che siamo passati da essere fuori dai playoff a quella serie 17/19 che ci ha portati fino a poco dopo Natale quando abbiamo battuto Villach 4-1 in casa. Quella vittoria ci ha fatto superare la soglia del sesto posto. A quel punto ci è stata una flessione. Abbiamo spinto, spinto, spinto per quelle 19 partite e poi una volta entrati zona play-off, penso ci sia stato un calo mentale e abbiamo perso 4-5 incontri. Da lì ad oggi abbiamo vinto e perso partite come succede nell’hockey.
In questo percorso quanto è stato importante il ritorno di Sam Harvey e la presenza di un forte backup come Johnny Vallini?
Quando rispondo a queste domande, penso sempre soprattutto ai giocatori che sono qui. Ma spendo una parola per Niklas Svedberg. La responsabilità per cui abbiamo perso alcune partite non è sua. Anzi, ha fatto parte del periodo 17 su 19. Ha giocato molto bene per noi. Ma il ritorno di Sammy è stata una grossa spinta mentale per noi. Sappiamo tutti la stagione che ha avuto l'anno scorso, ma detto questo, Johnny ci ha portato alcuni punti davvero importanti lungo la strada e ogni volta che abbiamo messo Johnny in campo per far riposare Sam, ha fatto un ottimo lavoro. Johnny è stato il primo nella classifica dei gol contro, il primo nella classifica delle percentuali di salvataggio, e questo è molto, molto importante. E’ fantastico per il portiere che sta giocando, sapere di avere supporto da un backup sempre pronto e valido. Poi ci sono molte cose che non vedete e che tutti apprezziamo moltissimo. Ad esempio, adesso Vallini è qui fuori che si allena duramente (l’intervista avviene a fine dell’allenamento sul ghiaccio, n.d.r) . È sempre il primo ad arrivare all’allenamento e l’ultimo ad andarsene. E’ normale si notino principalmente chi segna i gol o fa le parate, ma vi sono anche quelli che fanno davvero spogliatoio e Johnny è uno di questi.
-
A proposito di goalie-unit, cosa implica allenare i portieri essendo anche un ex portiere. Nelle ultime partite, in un paio di occasioni Harvey è stato sostituito durante la partita. È una cosa piuttosto insolita. Nelle partite successive, Harvey è stato molto concentrato, calmo e sereno fino all’ottimo shutout nell'ultima partita contro Klagenfurt. SI ha l’impressione che tra portieri si parli la stessa lingua e si conoscano le sensazioni e le implicazioni del ruolo. È così?
Beh, sicuramente è un vantaggio. Prima di tutto vorrei chiarire che non amo sostituire il portiere a partita in corso, perché il più delle volte non è colpa sua se si prendono gol. La prima volta che ho tolto Sam, l'ho fatto per tutte le cose che ho appena detto su Johnny e sapendo quanto i tifosi lo amino. Ho pensato che Vallini in campo ci avrebbe dato un'ottima spinta, ne avevamo bisogno e così è stato. La seconda volta, invece, si è trattato della normale situazione in cui un allenatore osserva un giocatore e vede che qualcosa non va. Alcune sere la tua mente non ti permette di fare il tuo lavoro al meglio. Così l’ho sostituito. La cosa bella è che, come avete detto, nella partita successiva Sam è stato fantastico. Quello che avete visto l'anno scorso da Sam, costantemente al top, non è cosa normale nel nostro sport. Anche i grandissimi portieri hanno partite sbagliate, non può che essere così. Per questo lo shutout è molto importante per Sam per ritrovare il massimo della fiducia. Davanti al portiere c’è il resto della squadra e con loro inizio dicendo che l’obiettivo è cercare di non superare le 10 occasioni da gol da parte degli avversari. Se gli avversari hanno 10 occasioni da gol nei primi 10 minuti, è colpa dei giocatori di movimento. Questo per me è il lavoro del portiere: non puoi aspettarti che il tuo portiere fermi 20 occasioni incredibili. E se ferma 20 occasioni da gol e poi prende un gol “brutto”, alla fine la sconfitta non può essere colpa sua. E’ così che lavoriamo. Vogliamo avere un sistema difensivo che permetta ai nostri portieri di dare il meglio di sé.
Quindi, come ripete sempre, defense first?
Al 100%. Non serve aggiungere altro.
Lei ha allenato ovunque, dalla NHL alla Russia, e ha ottenuto molte vittorie, ma anche alcune delusioni. A che livello colloca la sconfitta dell'anno scorso in gara 7 della finale contro il Salisburgo? È una delle delusioni più grandi?
Abbiamo perso, si... ero con Vancouver nel 1994, quando abbiamo perso gara 7 della Stanley Cup. Abbiamo colpito il palo a quattro minuti dalla fine (questo peraltro ricorda il palo colpito da Frank in gara 7 che avrebbe portato il Bolzano sul 2-0, ndr). Quella fu davvero una delusione enorme… ma, sì, questa non era... questa non era da meno. Perché alla fine vincere è vincere. Ed è per questo che giochiamo a hockey, ed è per questo che lo faccio ancora. Si, si inseguono ancora queste cose… L’unica cosa che rende tutto meno difficile è che dopo le prime ore di delusione generale in cui si tende a prendersi tutte le colpe si riesce a concentrarsi anche su tutte le cose belle, come l’aver giocato qui in questo palazzetto, in gara 7, in questo luogo bellissimo in cui vivere che è Bolzano …. . Forse gli allenatori dovrebbero essere più distaccati, ma non so che dire, io voglio davvero bene a questi ragazzi (I love these guys).. E quindi uno dei motivi per cui sono tornato, probabilmente il motivo principale, è proprio questo, il piacere di stare di nuovo con questo gruppo e cercare di avere successo assieme.
Haben die Fans in Bozen auch teilweise dafür gesorgt, dass sie nochmals zurück in die Landeshauptstadt kommen?
Ja, da bin ich mir sicher, 100% sicher. Auch nach Spiel 7 haben sie nicht aufgehört uns zu unterstützen, das war unglaublich. Ich habe gehört es gab bis zu 30.000 Anfragen für die Tickets für Spiel 7, das finde ich abgefahren. Unser Fan-Sektor (Curva Figli di Bolzano A.d.R) ist einfach super. Es macht einfach Spaß, hier zu sein. Es hilft auch den Spielern, wenn die Mannschaft beispielsweise 1-2 verliert und in den letzten Minuten die Unterstützung von 5000 oder 6000 Fans wie hier hat, kann das sehr hilfreich sein. Man behält immer im Hinterkopf, wie schön es hier ist zu gewinnen. Eine der Gründe, wegen der wir gewinnen wollen, ist, dass es hier so viel Spaß macht.
Conosciamo la sua carriera da allenatore e quella prima da giocatore. Abbiamo visto che anche lei era un giocatore duro. Su YouTube si vedono dei bei fight (qui dal minuto 4.30 una scazzottata impressionante con Phil Myre) . In questo come è cambiato l'hockey? Che ne è dei fights vecchia maniera?
Sapete, è divertente. Stephen Whyno dell'Associated Press mi chiamerà alle 4 di oggi per parlare della stessa cosa. Credo che il dibattito derivi dal giovane Matt Rempe, il rookie dei New York (protagonista nelle ultime settimane di 4 fights molto discussi e spettacolari, n.d.r.). Lamia sensazione è che più invecchio, più mi allontano dall'essere realmente sul ghiaccio, meno mi entusiasmano i combattimenti. Non sono per nulla d'accordo con il fatto che due giocatori si siedano in panchina sapendo già che andranno a fare a pugni per far divertire i tifosi. L’intrattenimento non è la loro professione. Mi piace che nel nostro gioco ci sia ancora la possibilità di essere, se lo si desidera, un giocatore duro e ruvido, ma nell’ambito del nostro gioco, non per il gusto di esserlo. Capite cosa intendo? I giocatori possono giocare duro in balaustra, quello mi piace ancora. Penso ancora infatti che questo gioco debba essere giocato fisicamente. Penso che parte dell'essere una squadra vincente sia la capacità di giocare in balaustra, anche duramente. però, per farvi capire, non mi piacciono le penalità. Giocare duro non è fare un cross-checking pericoloso. Giocare duro per me è farsi spazio fisicamente… quell’avversario che pattina lungo la balaustra lo contrasterai duramente, spingerai e prenderai posizione col corpo. E se stai scendendo lungo la balaustra con il disco, e l’avversario sta arrivando non darai via il disco ma sarai pronto ad un duro scontro. È così che vedo il gioco. Ci deve essere ancora contatto e gioco fisico.
C’è la giusta via di mezzo tra il gioco fisico e il fight?
Parlare di fight è davvero difficile perché...Il mondo è cambiato. Capisce cosa intendo? Ad esempio, quando ero bambino non usavamo mai le cinture di sicurezza in macchina. I bambini andavano in giro tranquilli…Oggi se stessi guidando e mio figlio non avesse la cintura di sicurezza allacciata...mi sbatterebbero in prigione…(ride). Quando giocavo io era un altro mondo, le scazzottate erano la norma, ma oggi … oggi credo che abbia senso il gioco duro, ma i fights non molto.
Quindi, cosa possiamo aspettarci per la prossima partita?
Beh, è una domanda difficile (l'intervista è stata fatta nel pomeriggio, prima del pick round, ma le opzioni probabili erano Linz e Villach e su queste si è ragionato, ndr) L'anno scorso, eravamo circa 35 punti avanti al Linz nella regular season, ed è la prima squadra che abbiamo incontrato ai playoff. e il tuo cervello è così cattivo a volte. Continuavo a pensare: "Non possiamo perdere questa serie, ervamo 35 punti avanti". Capite cosa voglio dire? Non possiamo avere 110 punti ed essere primi nel power play, primi nel penalty killing, tutte queste cose, e poi perdere... Se perdiamo questo primo turno, sarà una catastrofe. Quest’anno è diverso. Giochiamo contro una squadra su cui in campionato abbiamo avuto uno o due punti di vantaggio per cui la serie non può che essere aperta. Di mio penso solo a fare tutto il possibile per vincere. Questo è il modo in cui ci si deve approcciare.
Grazie coach, un’ultima domanda. Chi vincerà la NHL?
È una bella domanda. Beh, io sono un ex giocatore di Vancouver che mi ha anche draftato nel 1970. Ma sono soprattutto originario di Vancouver e lì abito. I Canucks non hanno mai vinto la Coppa in 50 anni circa di storia…Quindi insomma, spero che questo sia l’anno buono.
Ha collaborato Fabio Gobbato