Politik | edifici abbandonati

Quindici anni vuoto

Il “Josefsheim” di Aslago, a Bolzano, è una cattedrale dell’abbandono. In mano all'IPES, la data d'inizio dei lavori di recupero viene rinviata di continuo dal 2007.
Josefsheim Haslach
Foto: Salto.bz

Un enorme edifico abbandonato, nel cuore di uno storico quartiere residenziale (e popolare) della città capoluogo. È il “Lehrlingsheim St. Josef” o “Josefsheim”, l’ex convitto di lingua tedesca in via Castel Flavon ad Aslago, chiuso dal 2007. Quando si parla di carenza d'alloggi, emergenza abitativa per studenti e giovani lavoratori, o tutt’al più della mancanza di studentati, vengono in mente strutture come questa. Lasciate in stato di abbandono per anni, in attesa di una migliore destinazione. Qui l’aggravante è che il complesso è di proprietà pubblica. Non solo. Per oltre un decennio si è annunciato l’avvio dei lavori di recupero. Salvo poi rimandare sempre più in là la data d’inizio dei lavori.

 

L’edificio dei primi anni Sessanta, prima di svuotarsi, ha ospitato la Scuola provinciale di economia domestica ed un convitto per gli studenti dell’Istituto per le professioni sociali “Hannah Arendt” di Bolzano. Questo è avvenuto “provvisoriamente” per ben 23 anni sino al 2007, quando la Fachschule für Hauswirtschaft si trasferì più in basso, nel quartiere Rosenbach in Via Claudia Augusta. Allora la Provincia, proprietaria dell’immobile, optò per la demolizione del vecchio edificio e la sua ricostruzione come convitto delle Arendt. I lavori sarebbero dovuti partire nel 2008 e terminare nel 2010. Non solo il cantiere non è mai stato aperto, ma quel primo progetto (ancora disponibile sul sito della Provincia) è stato completamente accantonato.

 

Da quel momento in poi, è un susseguirsi di annunci e ripieghi. L'amministrazione provinciale “dilaziona” la demolizione per questioni finanziarie. Nel 2012 il Josefsheim inizia a ospitare una ventina di profughi gestiti dalla Caritas, generando proteste nel quartiere, e nello stesso anno l’edificio passa a titolo gratuito all’IPES, la quale elabora un progetto di alloggi popolari. Nel 2015 un certo clamore mediatico accompagna l’occupazione per 24 ore di CasaPound a colpi di “Basta degrado”. Nel 2016 la Provincia stanzia i soldi per il nuovo progetto (una cinquantina di appartamenti per l’edilizia agevolata) e il presidente IPES dell’epoca, Heiner Schweigkofler, annuncia: “Per quanto riguarda i nuovi alloggi siamo al progetto di massima, ciò significa che i lavori non partiranno prima della fine del 2017 o, più realisticamente, inizio 2018”. Nel 2017 l’IPES fa sapere di essere “perfettamente in linea con il timing fissato dalla Provincia”, ma le ruspe non partono, al contrario degli sgomberi dei malcapitati che entrano nell’edificio. Ancora nel 2019 Schweigkofler dichiara alle telecamere di VB33: “Nel 2022 il progetto è finito”.

 

Amianto da smaltire

 

Dopo vari rinvii, qual è la situazione attuale? “L’edificio lo abbiamo ricevuto nel 2013-2014 dalla Provincia” riassume l’architetto Alessandro Teti, direttore dell'ufficio tecnico Centro-Sud dell’IPES, “ma abbiamo avviato un iter di variazione del Piano urbanistico per farla diventare zona residenziale, il rimpallo tra IPES e Comune di Bolzano è proseguito un anno e mezzo”. Il Comune, sostiene Teti, “chiedeva di mantenere una parte del lotto come percorso pubblico per la eventuale futura realizzazione di un ascensore inclinato che collegava la parte superiore del quartiere di Aslago”. La progettazione definitiva ed esecutiva dell’edificio ora è stata assegnata e “con un po’ di ritardo, lo studio di progettazione sta completando il progetto esecutivo e verifica. Confidiamo di poterlo appaltare entro l’estate di quest’anno, ma con qualche dubbio”. Sono previsti 65 alloggi (gli appartamenti vanno dai 35 ai 110 metri quadri) e uno spazio di aggregazione polifunzionale dedicato ad attività di quartiere. "Si tratta di creare quel mix di inquilini per un’armoniosa vita di quartiere, tra giovani famiglie ad anziani” sottolinea l’architetto dell’IPES.

 

 

Per Teti “il progetto è lungo ma è anche molto complicato: sono tre edifici, su un terreno in forte pendenza e il dilatarsi dei tempi è dovuto anche a effettive difficoltà strutturali date dal lotto, le stiamo ancora sviscerando sino all’ultimo”. Insomma, “l’inizio dei lavori è programmato, ma la gestione degli appalti è un buco nero perché non dipende da noi. Confido che entro la primavera dell’anno prossimo l’edificio è giù, ma è una speranza”. Prima della demolizione, sarà necessario un primo intervento di smaltimento dell’amianto, che “potrebbe partire alla vigilia dell’estate”. “Potrebbe”, perché la storia dello Josefsheim resta ipotetica, senza data di inizio né una fine.

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Massimo Mollica Fr., 29.04.2022 - 08:53

Non conoscevo l'esistenza di questo edificio finchè non mi sono trovato a portare il cane di mio fratello la mattina per una passeggiata. Cosa insegna questa vicenda? Le solite cose di cui nessuno argomenta. Che la burocrazia è una brutta bestia e andrebbe aggredita, visto che viviamo in un luogo autonomo.
Io, tanto tempo fa, ho provato a dare una risposta.
Poi comunque c'è un ulteriore aspetto: se in un'azienda privata sana il CEO non raggiunge gli obbiettivi prefissati viene sostituito. Sarebbe bello se succedesse pure nel setture pubblico.

Fr., 29.04.2022 - 08:53 Permalink