Politik | Gaza

I tunnel di Hamas

Gerard DeGrootv, scrittore e professore all’università scozzese St. Andrews spiega sul Washington Post perché queste gallerie sotterranee spaventano così tanto Israele.

Come si fa per attaccare un esercito armato fino ai denti e avere qualche chance di vittoria? Si scavano i tunnel, soluzione laboriosa ma economica, evocatrice di sinistri presagi, come di forze oscure che emergono dalle viscere della terra per spargere il terrore in superficie. In 2000 anni di conflitti i tunnel sono stati strategici più per l’impatto psicologico su chi combatteva – attaccanti e attaccati – che per gli effettivi risultati bellici.

Nel I secolo d.c. le truppe germaniche non riuscendo a sconfiggere le legioni romane sul campo di battaglia sorpresero il nemico costruendo delle gallerie sotterranee. I Romani accusarono il colpo senza riuscire a contrapporre un’efficace risposta, un problema oggi familiare ad Israele. Un paio di secoli dopo, nel 256 d.c., il primo esempio storico di guerra chimica: i Sasanidi, incapaci di far breccia nella fortezza romana di Dura Europos - nell’attuale Siria - scavarono un tunnel sotto le mura cittadine ma i Romani, allertati del pericolo, costruirono una mina parallela. A quel punto i Sasanidi riempirono la loro galleria con una miscela corrosiva di zolfo mista a pece che produsse anidride solforosa, i Romani morirono asfissiati e la fortezza fu presa. Ancora, durante la prima guerra mondiale alcuni minatori inglesi, francesi e canadesi furono reclutati per trovare un passaggio attraverso le trincee sul fronte occidentale. In sei mesi scavarono decine di gallerie sotterrando a varie profondità 500 tonnellate di esplosivo. Nel loro attacco più cruento morirono a Messines circa 10.000 tedeschi, tuttavia la fanteria inglese ebbe comunque difficoltà ad avanzare per via degli enormi crateri prodotti dalle mine.

A giudicare da questi esempi l’edificazione di questi trafori appare una scelta strategica potenzialmente vincente solo nel caso di guerre lunghe e “statiche”, senza contare che lo spazio ristretto per le operazioni limita sensibilmente il numero di truppe che possono viaggiare attraverso un buco nel terreno, sacrificando così la portata dell’attacco. Tutto dipende poi dalla sicurezza e dalla segretezza delle vie d’uscita, se scoperte, le contromisure possono facilmente tradursi in un massacro. I tunnel rappresentano un’opportunità per cambiare le regole sbilanciate del conflitto, costringono un avversario tecnologicamente, militarmente e numericamente superiore a confrontarsi, seppur temporaneamente, in una battaglia primitiva. Da qui l'inquietudine degli israeliani: un nemico invisibile pronto a palesarsi in qualsiasi momento è una minaccia costante e ingestibile, è l’orrore consegnato a domicilio. Dal momento che difficilmente questa tattica cambierà gli equilibri di potere sulla striscia di Gaza, il primo vantaggio dei tunnel risiede ancora nella sua propaganda: se ne servono i palestinesi come strumento di incoraggiamento e determinazione e se ne servono gli israeliani per mantenere l’immagine di una nazione sotto assedio.

Qui l’articolo del Washington Post.

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Andrea Terrigno Fr., 01.08.2014 - 11:01

Resta da chiarire
a) cosa spinga della gente a scavare nella terra, cioè il motivo iniziale di tutto questo, quando ogni essere umano fondamentalmente vuole soltanto vivere in pace ma se si trova assediato quotidianamente e senza diritti umani forse qualcuno inizia a perdere la speranza
b) a cosa serva bombardare la popolazione civile nelle proprie abitazioni con il pretesto che si prestano come scudi umani ad arsenali di Hamas

Probabilmente anch'io prima o poi scaverei delle gallerie se mi trovassi rinchiuso a Gaza... e voi?

Fr., 01.08.2014 - 11:01 Permalink