Ghezzi accende il trattore di "Futura"
“Noi vogliamo vincere”. Lo ripete più volte Paolo Ghezzi, in quest’atmosfera da “fine impero” per il Csa, il centrosinistra autonomista. Nel 1998 Ghezzi divenne direttore de L’Adige, nello stesso anno Lorenzo Dellai diede l’avvio alle quattro legislature del Csa.
Ieri i musi lunghi nel “Regierungsviertel” attorno a piazza Dante a Trento davano il senso dello spaesamento. Patt da solo, nell’Upt dellaiano c’è il rompete le righe (con i due assessori che non si ricandideranno), il Pd democraticamente litiga.
Tra i 700 che ascoltano la presentazione di Ghezzi al Muse ed i 1300 che hanno firmato l’appello per sostenerne la candidatura a presidente della Provincia ci sono membri dell’assemblea provinciale Pd, persone che aderiscono a movimenti come “Primavera trentina” o “gli autoconvocati”, o ad altre sigle come Mdp o Verdi o Leu. La “cosa multicolore”, come l’ha chiamata Ghezzi nei giorni scorsi.
Ghezzi, 61 anni, “giovane pensionato” giornalistico con grande attivismo culturale tra gli altri fra il Conservatorio Bomporti di Trento e la Casa editrice Il Margine, comincia il suo intervento parlando degli 88mila non votanti in Trentino alle elezioni politiche del 4 marzo. E trova nella storia del calcio un cognonimo da imitare, Giorgio Ghezzi, che fu portiere di Milan e Inter e veniva detto kamikaze per le sue uscite al limite dell’incolumità.
Spericolatezza quindi nell’essersi messo a disposizione in un momento nel quale la “coalizione è ad un vicolo cieco”. E la Lega del candidato presidente Maurizio Fugatti viaggia con il vento a favore assieme a 9 liste d’appoggio (Udc, Fassa, Civica Trentina, Progetto Trentino, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Agire, Autonomisti Popolari, “listino” del presidente).
Ghezzi ricorda la firma di un patto di coalizione e vorrebbe che “si cercasse di stare tutti insieme per vincere le elezioni, senza pregiudiziali”. Dal bersaniano “abbiamo non vinto” al ghezziano “vorremmo non perdere le elezioni del 21 ottobre”.
“Futura 2018, partecipazione e solidarietà”, questo il nome scelto per la “cosa multicolore”, punta rispetto al Csa a “discontinuità, superare una formula usurata, recupero della collegialità. La presidenza uscente ha mancato di empatia politica, ha mostrato un’autoreferenzialità chiusa”. Secondo Ghezzi nei 5 anni di presidenza Ugo Rossi “non ha preso decisioni storiche, ma non ha nemmeno governato male”. Non lo possiamo sapere oggi, ma magari fra qualche decennio verranno viste come “storiche” l’avvio con Rossi del grande progetto del trilinguismo e l’inizio della fusione dei Comuni, così come oggi Bruno Kessler è nel “Pantheon” della politica trentina per l’Università ed il Piano urbanistico provinciale.
Ghezzi aggiunge che
“Le politiche del 4 marzo hanno mostrato che non funziona più il mantra “qui si è governato bene”.
Il quattro marzo è stato quello del Csa 0 Cdx 6, una classe dirigente spazzata via, con Rossi che a caldo aveva commentato ricordando che nel 2008 nazionali e provinciali erano andate in maniera diversa. Sperando di ottenere la riconferma per il 21 ottobre.
Ghezzi vorrebbe una “scommessa di innovazione ed inclusione, il provare a governare in modo più partecipato” e descrive un’imprenditorialità trentina che fa fatica rispetto a quella altoatesina. Altre tre parole: autonomia, innovazione, solidarietà.
È difficile stare dietro alla vivacità intellettuale di Ghezzi, bisognerebbe compulsivamente googlare per uscire dalle nebbie. La figura del trattore viene dai fratelli Cervi, che venivano visti come strambi e si portavano un mappamondo sul trattore. Che altro non è che una declinazione di inizio Novecento del “Laptop und Lederhosen”. E tradizionali sono le debolezze di Futura 2018: tematiche più da “città” che da “valle”, giovani (under 30) pochi.
Un ragazzo “appollaiato” su una balaustra al terzo piano del Muse si inalbera quando sente parlare in politichese una “piddina”. Troverà conforto in Potere al popolo? No, sembra più nella scheda bianca.
Dopo il mappamondo sul trattore Ghezzi chiude dicendo che dialogherà con tutti. E usa il termine GroKo, la grande coalizione che significa Pd-multicolori-Upt-civiche che supportano Carlo Daldoss. Come si concilieranno un mondo, quello di Ghezzi, che mette nel suo “Pantheon” l’ex presidente dell’Uruguay Pepe Mujica, Don Lorenzo Milani e Mandela e quello di Daldoss, fatto di tradizione democristiana nel senso più doroteo del termine?
Entro il 7 settembre presentazione dei simboli, entro il 17 settembre le liste. Queste notti fresche, oltre ad essere spettacolari per le vendemmie dei bianchi trentini, dovranno portare buoni consigli.
Ah aspetta, il nome Futura, mi dice Youtube, viene da una canzone di Lucio Dalla, anno 1980.
Interventi del pubblico. Maurizio Agostini, ex segretario del Pd trentino, ringrazia Ghezzi per la generosità politica. Tra gli altri Roberto Barbiero, meteorologo, ricorda come si debba “lavorare sulle cause del riscaldamento terrestre, lavorando sull’adattamento ed in un percorso all’insegna della cooperazione”. Su alcuni interventi lo sguardo di alcuni in piccionaia (anzi è più una “capriolaia” o “orsaia” o “marmottaia” visto che siamo al Muse) è un po’ come quello del cormorano impagliato là dietro nel percorso museale. Ma poi c’è anche lo spirito dell’entusiasmo del regista teatrale Mirko Corradini o di un animatore culturale digitale come Giancarlo Sciascia.
Luisa Filippi, capogruppo del Pd in minoranza a Rovereto, dice di “aver rivisto persone che aveva perso”. Tra i civici di Daldoss c’è anche Francesco Valduga, sindaco di Rovereto al quale Filippi fa opposizione nella città della Quercia. Opposizione a Rovereto, collaborazione a Trento?
Da Davide Bassi, ex rettore di Unitn, viene una dichiarazione d’amore verso l’autonomia: “che è un grande strumento da non svendere a qualcuno che dipende da Venezia o da Milano”.
Nella narrazione estiva trentina sono arrivate espressioni come “diventeremo l’ottava provincia del Veneto” oppure “saremo inglobati nel Lombardo-Veneto”.
E verso nord? “L’autonomia ce l’abbiamo insieme, è quella della Regione”, parola di Florian Kronbichler, deputato nella scorsa legislatura.
Prima di andare a cena ci sono interventi anche sui beni comuni, sull’analfabetismo funzionale, sulla necessità dei consiglieri di ridursi lo stipendio. C’è anche chi vorrebbe un pizzico di rosso nel simbolo. La candidatura Ghezzi nasce dalla “società civile”, dal coraggio di un intellettuale come Piergiorgio Cattani. Ma accanto alle piene mani di idealismo, di un romantico come Ghezzi che vorrebbe il “diritto alla felicità sostenibile”, c’è la Realpolitik di chi prende l’ultima parola.
Una presenza talvolta ingombrante sulla piazza politica trentina, since 1968 (o anche prima, la facoltà di via Verdi non si chiamava ancora Sociologia). Ma di certo esperienza politica da vendere. Marco Boato invita ad uno sforzo nelle prossime ore e nei prossimi giorni per far sì che Ghezzi da “fantacandidato” spericolato diventi “il candidato presidente per la Provincia Autonoma di Trento”.