Hinterhof
«Anche se ti sottometti o ti offri sessualmente, non significa che tu stia dando via il tuo corpo o la tua anima. Corpo e anima restano integri. Non vedo cosa ci sia di tanto diverso da qualunque altro lavoro fisico o intellettuale. Anche quando lavori in un ufficio vendi il tuo corpo per le otto ore in cui siedi alla scrivania. […] Per alcune persone, me compresa, non c’è lavoro migliore di questo: ci dà libertà, ci dà tempo e ce lo scegliamo noi.» Questo è il pensiero sul proprio mestiere della protagonista di Hinterhof. La mia vita da mistress, graphic novel di Mikkel Sommer e Anna Rakhmanko pubblicata da Fandango nel 2023. Dasa Hink è una donna che, dopo aver messo fine a una relazione monogama, decide di lasciare il suo paese nella provincia olandese per trasferirsi a Berlino dove abbandona la vita “nella norma” per vestire i panni della musicista, della performer e della dominatrice. Senza l’uso di toni scandalistici e scene di morbosa curiosità, Sommer e Rakhmanko raccontano il mestiere della mistress, lavoro che, oltre a essere carico di stigma, è poco conosciuto e legittimato. Il focus della narrazione passa da Dasa, la cui quotidianità è scandita da passioni “accettate” come quella per le insalate miste e da pratiche BDSM come quella della femminilizzazione, ai clienti, i cui profili sono i più svariati. Molte delle persone che si rivolgono a Dasa hanno però in comune il fatto che preferiscono confessare a un’estranea piuttosto che al partner le proprie fantasie sessuali, aspetto che fa riflettere su come quello del desiderio sia un campo attraversato da tabù e autocensura.
Sebbene la società occidentale sia estremamente sessualizzata, il sesso sembra ancora incastrato in sovrastrutture dettate da una visione moralistica, una situazione che rende molto complicata la comprensione e la vicinanza con il sex work. La difficoltà nell’accettare l’idea che qualcuno possa essere pagato per una prestazione fisica fa sì che non si concepisca quello sessuale come un mestiere che richiede diritti e garanzie. Intorno a questo lavoro esistono degli immaginari stereotipati e le opinioni a riguardo appaiono spesso nette e dicotomiche: si tende a considerare la questione come un fenomeno monolitico che rimanda spesso allo sfruttamento oppure a una professione d’alto borgo. Il marchio che il lavoro sessuale porta con sé è frutto da una parte di norme morali che legittimano il sesso solo se consumato all’interno della coppia e al fine del concepimento, dall’altra dell’assenza di un dibattito pubblico aperto che includa anche le persone coinvolte in prima istanza. Eppure, nel 2005, in occasione della grande assemblea tenutasi a Bruxelles dal titolo Sex Work, Human Rights, Labour, and Migration, 120 sex workers da 26 Paesi differenti stesero un manifesto in cui si legge: «Il sex work è per definizione sesso consensuale. Il sesso non consensuale non è sex work; è violenza sessuale o sfruttamento». In Hinterhof Sommer e Rakhmanko normalizzano il mestiere della dominatrice senza però spogliarlo da eventuali interrogativi di ordine etico: per Dasa quello della mistress è un lavoro come tanti con il vantaggio che la rende contenta ed è ben pagato, ma ciò non le impedisce di scontrarsi con i pregiudizi legati a chi lavora nella prostituzione. Forse come nessun altro mestiere, il sex work tende a definire l’intera persona, che diventa in automatico il lavoro che svolge: «Quando dico che sono una mistress, la reazione è una cosa del tipo “wow, roba forte”. Se però dicessi che sono una prostituta, la gente esclamerebbe “oddio”. Ma che differenza c’è? Maneggio uccelli tutto il giorno, migliaia di uccelli, e do orgasmi alla gente, o la scopo con un dildo». Sembrerebbe, dunque, che il fulcro della questione non sia l’oggettificazione del corpo, ma la decenza, concetto legato a doppio filo con l’accettazione sociale.
Il discorso sul lavoro sessuale è così complesso e articolato che non può essere esaurito in un unico libro, ma è innegabile che Hinterhof riesca a porre degli interrogativi ai lettori con un’immediatezza garantita anche dal genere della graphic novel: la commistione tra parole e immagini restituisce i vari piani in cui si articola la vita di Dasa Hink, che non è solo un amante dei gatti come non è solo una dominatrice. Nella stessa maniera in cui Sommer e Rakhmanko tolgono alla protagonista il peso della vergogna, presentano i clienti come donne e uomini intenzionati a soddisfare i propri desideri, lontani da forme di violenza patriarcale e sfruttamento capitalistico, uno scenario utile per provare ad affrontare la tematica da un punto di vista meno giudicante.