“Noi influencer attenti all’overtourism”
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SALTO: Da dove parte l’idea di costruire un van?
Edoardo Maltauro e Martina Intragnano: Fin da quando ci conosciamo ci piace vivere delle avventure a contatto con la natura, abbastanza selvagge. Siamo spesso andati in montagna in tenda ma anche semplicemente con un materassino e sacco a pelo. Abbiamo sempre raccontato tutto sui social. Il nostro grande sogno nel cassetto, però, era quello di viaggiare con un van. La costruzione del mini-camper, il suo arredamento interno, le varie scelte stilistiche, ci sembravano un buono spunto per continuare a fare video sui social. Così abbiamo deciso di investire tutti i soldi che avevamo messo da parte in questo progetto.
Costruire un van ha sicuramente dei benefici: costa meno che comprarlo nuovo già fatto e si possono scegliere esattamente le cose da inserirci dentro. Però non è facile improvvisarsi meccanici: come avete fatto?
Il beneficio più grande, oltre a quello economico, è che conosciamo lo scheletro e ogni dettaglio della vettura. Quindi in caso di guasti sappiamo come ripararlo. Una volta iniziato a lavorare al van, certo, siamo venuti incontro a diverse problematiche. Ma volevamo inseguire il nostro sogno. Dopo ben un anno di lavoro, senza mai aver fatto i meccanici in vita nostra, siamo riusciti a portare a termine il progetto. D’inverno abbiamo lavorato sempre 10/12 ore al giorno. Avevamo una scadenza da rispettare: la motorizzazione, visto che il nostro era un furgone merci. Vista la fretta, non siamo riusciti a raccontare ogni dettagli sui social, con i video e le foto, però abbiamo sentito la nostra community molto vicina. Banalmente: sono stati i nostri follower a scegliere il nome. Il van, essendo ora altoatesino, si chiama Van Brulé.
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A fine ottobre siete tornati dal vostro primo vero viaggio col van: 3 mesi in giro per l’Europa, fino in Islanda.
Assolutamente. È stato un viaggio pazzesco. Siamo stati molto in Svizzera, in Belgio, in Olanda e alle Isole Faroe. Volevamo vivere un’impresa che però, in un certo senso, fosse alla portata di tutti.
“C’erano paesaggi da film: sperduti e tenebrosi. L’arcipelago di 18 isole è magnifico”
Sui social avete raccontato anche le vostre disavventure…
Non siamo tipi che nascondono le difficoltà. Proprio all’inizio del viaggio c’è stato un primo imprevisto. Mentre viaggiavamo si è accesa una spia del motore, quella dell’“AdBlue”. Grazie proprio all’aiuto di qualche nostro follower esperto abbiamo capito che il problema era serio ma si poteva risolvere. Se non avessimo fatto nulla, dopo 400 chilometri la vettura si sarebbe fermata definitivamente e… ciao ciao Islanda. Noi volevamo arrivare a destinazione, continuando a visitare l’Europa: non potevamo permettercelo. Grazie all’aiuto di un meccanico olandese siamo riusciti a trovare una soluzione momentanea al costo di soli 300 euro. L’alternativa era cambiare tutto l’impianto e si parlava di tanti soldi e, soprattutto, tanti giorni di attesa.
Avevate il timore di perdere il traghetto per l’Islanda?
Esatto. Eravamo indietro nella nostra tabella di marcia. Infatti non ci siamo goduti molto il soggiorno in Danimarca, da dove abbiamo preso il traghetto per le Isole Faroe. Proprio qui, circondati dal mare, abbiamo vissuto la parte più bella del viaggio. C’erano paesaggi da film: sperduti e tenebrosi. L’arcipelago di 18 isole è magnifico. Siamo stati due settimane.
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Le Isole Faroe non sono molto famose…
Infatti le abbiamo conosciute grazie ai social. Scogliere e laghi si prestano bene alla narrazione social, fatta di video brevi e scatti impressionanti.
Certo, i social alimentano molto il turismo. Questo però non è sempre positivo: tante persone si recano in alcuni posti – come nelle Dolomiti per esempio – poco preparate ed esclusivamente con l’obiettivo di scattare una fotografia. Ci sono luoghi affollatissimi che sono diventati noti solo perché sono andati in “tendenza” su Instagram o Tik Tok. Cosa ne pensate?
Noi cerchiamo sempre di vedere i lati positivi dei social e, in particolare, di Instagram, dove abbiamo un buon seguito. Però, con il tempo, siamo diventati sempre più consapevoli dell’overtourism e dell’influenza dei social sulle scelte dei turisti. Ad esempio, siamo andati a Bali, in Indonesia. Lì ci si rende proprio conto di quanta bellezza ci sia e di quanto questa possa essere rovinata dall’arrivo di numerosi turisti. Sicuramente gli “influencer” hanno una responsabilità: noi, per esempio, siamo attenti alla tematica e, in Islanda, non pubblicavamo mai il nome della località in cui eravamo, così da non esporla al grande pubblico. Però anche gli enti pubblici che hanno a che fare coi turisti hanno una responsabilità: devono preservare i luoghi più delicati.
“Nel nostro piccolo, cerchiamo di non parlare più dei luoghi più famosi e già molto affollati, come il Seceda. Bisognerebbe essere in grado di distribuire i turisti in modo omogeneo in tutto il territorio”
Cosa si potrebbe fare?
Nel nostro piccolo, cerchiamo di non parlare più dei luoghi più famosi e già molto affollati, come il Seceda in Alto Adige, per esempio. Bisognerebbe essere in grado di distribuire i turisti in modo omogeneo in tutto il territorio, così si avrebbe un impatto minore. Ci sono tanti luoghi paradisiaci nel mondo: vanno tutelati.
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Tornando al vostro viaggio: dopo le Isole Faroe siete finalmente arrivati in Islanda?
Esatto. Il traghetto ha attraccato nella parte opposta a Reykjavík, la capitale dove è presente l’aeroporto e in cui arrivano tutti i turisti. Da lì abbiamo cominciato ad andare verso il sud dell’isola, fino ai fiordi occidentali, la parte più inesplorata e meno abitata. Non c’erano né supermercati né benzinai. L’obiettivo era riuscire a vedere l’aurora boreale.
Ce l’avete fatta?
Sì, ne abbiamo viste parecchie. Una notte, però, era attesa l’aurora boreale più bella. Ma qualcosa, a noi, è andato storto: erano le 22. Stavamo guidando. Tutto d’un tratto il van ha inchiodato e ci siamo ritrovati circondati dal fumo. Abbiamo subito pensato che fosse successo qualcosa al motore e, invece, una volta scesi dal van, abbiamo visto che era esploso lo pneumatico posteriore. Era rimasto solo il cerchione. Allora abbiamo provato, senza successo, a mettere la ruota di scorta. C’erano -7°C. L’attrezzo del set ufficiale che avevamo era troppo grande e non si riusciva a rimontare la ruota. Quindi abbiamo passato una notte in mezzo alla strada, è stato terribile. La mattina, grazie a una chiamata alla polizia locale, siamo riusciti a contattare il carroattrezzi. Dopo 14 ore di stop siamo stati trasportati in un’officina del paese più vicino. Abbiamo perso l’aurora boreale ma almeno il van era salvo.
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L’avete presa con filosofia?
Sì, in tre mesi ci può stare che capito alcuni eventi negativi. Fa parte dell’esperienza. Se fossimo stati a casa non sarebbe successo nulla, ma non ci saremmo vissuti un decimo dell’esperienza che abbiamo fatto. Il van è stato sottoposto a stress, c’era freddo e attraversava strade complicate. Poteva andare peggio. Ma la ruota scoppiata non è stata l’ultimo sfortunato evento…
Cos’altro è accaduto?
Uscendo dal traghetto del viaggio di ritorno dall’Islanda, una vettura ha colpito il van. Per fortuna l’autista si è fermato e ci ha aiutati. È stato gentilissimo.
Non possiamo lamentarci, abbiamo vissuto un’esperienza davvero bella e non ci siamo mai sentiti soli. I social ci hanno aiutati. Se avessimo aspettato di avere il van perfetto, un 4x4, con tutta l’attrezzatura nuova, magari non saremmo mai partiti per questo viaggio.I vostri prossimi progetti come content creator?
Vorremmo fare un cammino, coinvolgendo anche la nostra community. E poi, certo, altri viaggi con Van Brulé.