Uno degli impegni rituali nei primi giorni di un nuovo anno è quello di sostituire, sulle pareti di casa, il vecchio calendario con quello nuovo, cercando nel contempo di discernere, nel susseguirsi dei giorni, delle settimane e dei mesi, quelle che potranno essere le scadenze, gli impegni, le opportunità per un viaggio o una vacanza. Gli abili costruttori di ponti (nel senso proprio di collegare più o meno arditamente festività e fine settimana) scelgono ovviamente i calendari che mettono in risalto le feste religiose o civili, mentre per gli appassionati di giardinaggio e quasi d’obbligo la consultazione di quei calendari-almanacco che svelano il susseguirsi delle fasi lunari e dei momenti quindi più propizi per seminare, diradare, piantare e raccogliere.
Noi, molto più modestamente, vorremmo collocare all’interno dei 12 mesi che vanno ad iniziare una serie di anniversari, più o meno significativi, per le vicende altoatesine di quest’ultimo secolo.
Un piccolo promemoria per tenersi pronti, chi lo volesse, a celebrare, deprecare o più semplicemente a ricordare.
Si comincia alla grande, il 20 gennaio, con il mezzo secolo trascorso dall’entrata in vigore effettiva del nuovo Statuto di autonomia. Sarà anche l’occasione per ricordare la battaglia parlamentare che nei due anni precedenti aveva condotto quel risultato, attraverso la doppia lettura della legge costituzionale varata a Roma per riformare completamente il vecchio istituto regionale del 1948. L’anniversario conduce con sé, come conseguenza inevitabile, anche quello di pochi mesi posteriore (giugno 1972) relativo all’insediamento delle commissioni dei sei e dei 12 incaricate di dar luogo alle norme di attuazione di quell’autonomia. Era previsto lavorassero per un paio d’anni ma per portare a termine l’operazione ce ne vollero una ventina.
Storie di industrie. Siamo sempre nel 1972 e a marzo da Hannover arriva la notizia. I vertici del colosso germanico di produzione di pneumatici Continental annunciano di aver definitivamente buttato nel cestino della carta straccia i progetti di costruzione di un enorme stabilimento nella piana di Bressanone. Finisce così una storia di aspri contrasti tra chi voleva favorire un insediamento industriale che avrebbe portato centinaia di posti di lavoro e chi invece temeva un impatto ambientale mortifero per l’intera vallata. Nell’ottobre dello stesso anno inizia intanto il calvario industriale per i due stabilimenti di produzione dell’alluminio insediati dalla Montecatini a Bolzano e a Mori nel Trentino alla fine degli anni 20. L’EFIM, ente statale che li ha ereditati, annuncia piani di chiusura. Sarà una battaglia lunga e disperata, da parte degli operai, alla fine costretti a cedere dal peso insopportabile che l’aumento della bolletta energetica ha prodotto su una delle lavorazioni industriali più energivore che esistano.
Un salto in avanti di vent’anni e siamo alla primavera del 1992 quando, come anticipato poc’anzi, dopo un ventennio di aspre contese, di risorgente pericolo di attentati terroristici, di contese politiche e di lunghi periodi di stasi, giunge alla sua conclusione formale il lungo periodo di attuazione dello Statuto. Il 25 gennaio la commissione dei 12 vara le ultime norme di attuazione, cinque giorni dopo, nell’ultimo discorso in Parlamento prima delle dimissioni del Governo Giulio Andreotti annuncia l’approvazione delle norme e la chiusura della controversia internazionale. Nelle settimane e nei mesi successivi sulla questione si pronunceranno anche il congresso della Südtiroler Volkspartei, il Landtag tirolese e il Parlamento di Vienna. La vicenda ha un epilogo a livello diplomatico internazionale. A giugno l’Austria emette il documento che certifica la chiusura della controversia, la cosiddetta quietanza liberatoria, che gli ambasciatori dei due Stati consegnano solennemente al Segretario Generale dell’Onu il 19 giugno.
A Bolzano le notizie su questi avvenimenti politici che qualcuno, senza esagerare, definisce storici, si contendono lo spazio, sulle pagine dei giornali, con cupi ritagli di cronaca nera. Il 3 marzo, e siamo sempre nel 1992, un uomo rischia di provocare una strage gettando una bomba a mano nella sala di un cinema cittadino. I feriti sono tredici ma gli esiti dell’attentato potevano essere ben peggiori. Il terrorista viene giudicato infermo di mente e internato in un manicomio giudiziario dove muore poco dopo. I contorni dell’episodio non verranno mai chiariti totalmente.
Nel mese di agosto di quell’anno giunge invece al suo epilogo una delle vicende sanguinose più terribili che abbiano funestato l’Alto Adige. Dopo l’ennesimo tentato omicidio (la parola femminicidio non era ancora comparsa a quei tempi sui vocabolari) viene finalmente arrestato Marco Bergamo che si scoprirà poi essere responsabile di tutta una serie di delitti di giovani donne.
Degli anni del secolo che finiscono con il numero due resta da annotare con una doppia sottolineatura in nero, il 1922. Un secolo fa, il 1 ottobre, con una spedizione voluta e preparata in gran segreto dallo stesso Benito Mussolini, le squadre fasciste provenienti da varie zone dell’Italia del nord convergono su Bolzano, agli ordini di un parlamentare in camicia nera, Francesco Giunta, già distintosi per ferocia nella persecuzione della minoranza slava a Trieste. Le camicie nere occupano una scuola, cacciano i bambini tedeschi per farvi entrare quelli italiani. Ottengono anche le dimissioni del borgomastro storico della città Julius Perathoner, sostituito da un commissario prefettizio italiano e quindi marciano su Trento dove, con l’aperta connivenza dei militari e delle forze dell’ordine, costringono alle dimissioni il Commissario Civile Luigi Credaro. È il prologo della Marcia su Roma che porterà il Fascismo al potere tre settimane più tardi. A Bolzano gli effetti si faranno sentire subito. Abolito il Commissariato, istituto voluto nel dopoguerra per cercare di attuare una transizione morbida delle nuove province dell’Italia centralistica, verrà creata una provincia unica, quella della Venezia Tridentina con capoluogo Trento. Poi arriveranno tutte le altre misure sulla lingua e la scuola.
Queste le date di questi i fatti. Ci sarà tempo per parlarne, se lo si vorrà, nei prossimi 12 mesi.