Concime di Nobel
Salito alle cronache dell’era pandemica come scienziato no-vax, Luc Montagnier (Nobel per la Medicina nel 2008 per la scoperta dell’HIV) ha affermato in varie interviste che i vaccini a mRNA rappresentano un rischio incalcolabile in quanto causa potenziale di malattie neurodegenerative e perfino di modifiche del DNA. Naturalmente i cultori della Grande Cospirazione lo acclamano a eroe della resistenza contro il regime pandemico-autoritario del nuovo ordine mondiale.
Ebbene, non esiste al mondo un solo studio scientifico che rilevi una correlazione tra vaccini a mRNA e malattie neurodegenerative. La tesi per cui alcune sequenze dell’RNA del Covid 19 equivarrebbero a quelle dei prioni responsabili di Parkinson e Alzheimer è apparsa soltanto su Microbiology & Infectious Diseases della casa editrice SciVision, esempio di editoria predatoria che pubblica amenità di ogni genere purché gli autori paghino l’inserto, senza verifica alcuna. Al contrario, innumerevoli studi dimostrano che un’alterazione genetica causata dall’RNA messaggero è impossibile, non potendo l’RNA somministrato dalla vaccinazione penetrare il nucleo cellulare.
Non è tutto. Montagnier ha sostenuto che sono i vaccini a favorire l’insorgere di varianti (castroneria monumentale da alunno distratto di terza media), che “nell’origine dell’autismo possa esserci una componente batterica e una correlazione temporale, in alcuni casi, con le vaccinazioni” (teoria delirante ormai abbandonata anche da molti no-vax), che l’acqua è dotata di memoria (mito esoterico dell’omeopatia) e che la papaya fermentata aiuta a contenere gli effetti di Parkinson e Alzheimer (ma bisogna fermentarla parecchio).
Si dirà che se lo afferma un premio Nobel non può trattarsi di mere sciocchezze. Eppure, diversi esempi storici dimostrano che uno scienziato insignito della più alta onorificenza non solo può sostenere tesi palesemente fallaci, ma che anzi nulla impedisce che possa spararne di clamorosamente idiote. James Watson, Nobel per la Medicina nel 1962, affermò che “i neri sono meno intelligenti dei bianchi” e che “le donne sono meno portate per la scienza”. Kary Mullis, Nobel per la Chimica nel 1993, negò il nesso causale tra HIV e AIDS firmando la prefazione di Aids: Il virus inventato del negazionista Peter Duesberg, oltre a negare il cambiamento climatico e ad affermare di essere stato vittima di un rapimento alieno da parte di un extraterrestre simile a un procione (sic!). Niko Tinbergen, Nobel per la Medicina nel 1973, sostenne la “holding therapy” contro l’autismo, in cui il bambino è tenuto stretto con la forza finché non smette di fare resistenza e guarda il genitore negli occhi stabilendo un contatto necessario al normale sviluppo. William Shockley, Nobel per la Fisica nel 1975, fu un sostenitore dell’eugenetica. Richard Smalley, Nobel per la Chimica nel 1996, si convertì al creazionismo della Terra Vecchia ispirato al Libro della Genesi.
Luc Montagnier è pertanto in buona compagnia e la ricerca di spiegazioni per le sue bizzarrie ci inoltrerebbe nei meandri della psicologia, e non ci compete. Né è necessario ribadire, data l’ovvietà, che in ambito scientifico non esiste il principio di autorità ma soltanto l’evidenza fondata su dati empirici, verificabili e ripetibili. Tuttavia, la diffusione di simili nefandezze in piena pandemia mediante social (e purtroppo anche a mezzo stampa, chi ha lo stomaco forte provi a sfogliare La Verità) non può derubricarsi a semplice goliardia. E poiché l’articolo 32 della Costituzione definisce la salute non solo come “diritto dell’individuo”, ma anche come “interesse della collettività”, un governo degno di questo termine farebbe bene a interrogarsi sulla differenza tra libertà di espressione e attentato alla salute pubblica.