Da Brixen al Superbowl
Si chiama Max, viene da Milland, ma invece di una chitarra imbraccia un pallone ovale, indossa paraspalle e casco ed è protagonista di una storia di sport che ha quasi dell’incredibile. Fino a meno di 4 anni fa, Maximilian Pircher, 22 anni, nato e cresciuto a Bressanone, studente di economia internazionale all’università di Innsbruck, era stato un buon giocatore di calcio e di pallamano e sapeva a malapena cosa fosse il football americano. Domenica 13 febbraio il ragazzone brissinese difficilmente scenderà in campo, ma siederà assieme ad una cinquantina di compagni sulla panchina dei Los Angeles Rams. E non per una partita qualsiasi, ma per il Superbowl, la finale del campionato della National Football League, che è di fatto l'incontro che assegna il titolo di campione del mondo e che viene seguito da oltre 100 milioni di telespettatori. Dopo aver piegato nei giorni scorsi i San Francisco 49ers i Rams giocheranno al SoFi Stadium di Inglewood contro i Cincinnati Bengals (domenica 13 febbraio a mezzanotte e mezza, ora italiana)
Max è un armadio di 2,04 metri per 136 kg, biondo, occhi azzurri, mascella e mento squadrati. Quando compare sullo schermo del Pc in collegamento via Zoom, sembra uscito da un film hollywoodiano ambientato nel mondo del football. Il suo ruolo è quello di offensive lineman. Gli OL sono, in pratica, il muro di muscoli che deve proteggere il quarterback, il “regista” che lancia l’ovale all’uomo che può andare a fare touchdown. La storia di Max è stata stupendamente raccontata a giugno dall’ “Ultimo uomo”. Pircher dalla primavera scorsa lavora sodo per far parte del roster. Per ora ha la certezza di un contratto triennale e di un posto nella practice squad e questo, per un atleta sudtirolese che gioca nella nazionale italiana, è già un sogno vero e proprio. Per uno che fino a 4 anni fa non sapeva nulla dello sport in questione è una cosa semplicemente da film, se un giorno qualcuno vorrà per caso raccontarla. E’ come se un ragazzo che non ha mai calciato un pallone fino a 18 anni a 22 si ritrovasse nella rosa della squadra finalista di Champions League. Fantascienza.
Salto.bz: Max, come è cominciato tutto?
Max Pircher: Frequentavo l’ITE Falcone e Borsellino di Bressanone. Un pomeriggio ero un po’ annoiato e ho iniziato a guardare Facebook durante un laboratorio. A un certo punto mi si è aperto un video sul football americano e sono rimasto a bocca aperta. Mi sono detto detto: “cos’è questo sport che sembra così bello”. Fino a quel momento avevo giocato a calcio e pallamano, ma non sapevo nulla del football. Il professore di informatica che mi scoprì mentre guardavo il video si chiama Matteo Braghini ed era strato un giocatore di football. Ha vinto un campionato con i Giants di Bolzano. Un giorno mi ha portato a Innsbruck a vedere gli Swarco Raiders e mi sono innamorato definitivamente di questo sport.
Tutti mi dicevano che ormai era troppo tardi per cominciare, avevo 19 anni, ed ero troppo magro
Innsbruck è una delle migliori squadre europee. Come è andata poi?
Tutti mi dicevano che ormai era troppo tardi per cominciare, avevo 19 anni, ed ero troppo magro. Pesavo solo 85 kg. Mi sono presentato a un provino ma mi hanno preso. Lee Rowland, uno dei coordinatori della squadra, mi dice subito che secondo lui avevo le caratteristiche per giocare nella linea offensiva. Dopo mesi di allenamenti sono diventato titolare degli Swarco Raiders. Poi l’anno dopo sono passato agli Hildesheim Invaders, nella Gfl, la lega tedesca, ma non si è giocato per il Covid. Sono stato comunque selezionato per la squadra nazionale italiana, il Blue Team. Poi ho continuato ad allenarmi molto, a fare tanta palestra e ho partecipato assieme ad altri 8.000 giocatori alle selezioni degli International Player Pathway Program, un progetto pensato per offrire a migliaia di atleti di tutto il mondo la possibilità di arrivare in NFL. Prima sono stato selezionato per l’Academy di Orlando, in Florida, dove mi sono allenato tantissimo. Alla fine siamo stati selezionati in 4 per entrare in squadre della NFL.
E così arrivi ai Rams, che ora sono arrivati al Superbowl. Una sorpresa? Com’è allenarsi al fianco di star strapagate?
La squadra è fortissima, era tra le favorite, ma nello sport americano non si sa mai. Il fatto di essere arrivati al Superbowl è incredibile. Nel team il livello di professionalità, di organizzazione e i ritmi di allenamento sono impressionanti. I Rams sono il meglio che potessi sperare per la mia carriera. Sono stato accolto molto bene, mi trovo benissimo con i compagni. Qui ci sono delle vere star, ma poi sono ragazzi molto simpatici e umili. Sento che i coach hanno fiducia in me, e vedo che continuo a migliorare. Sento di avere raggiunto un buon livello e di meritare di stare qui.
Sono venuto con Hannah, la mia fidanzata, che è come me di Bressanone. Abbiamo preso una casa e ci siamo inseriti bene
Ma come è vivere a Los Angeles, arrivando da Bressanone e Innsbruck?
Eh, la città è grande e impegnativa ma mi piace molto stare qui. Sono venuto con Hannah, la mia fidanzata, che è come me di Bressanone. Abbiamo preso una casa e ci siamo inseriti bene. Devo dire che gli allenamenti sono molto impegnativi e la città la viviamo nei giorni liberi che ho. E’ ovviamente una dimensione diversa da quella a cui ero abituato.
Qualche anno fa, nel 2013, ricordo che l’ex presidente Barack Obama disse: il football americano è troppo violento. Da allora sono cambiate le cose?
Sì negli ultimi anni, il gioco è cambiato molto. Durante gli allenamenti sono stati ridotti molto i contatti e in generale c’è molta attenzione affinché non si prendano colpi alla testa. La Nfl sta facendo molto per proteggere la salute dei giocatori.
Per quale squadra di calcio tifi?
Il Bayern. Sono andato diverse volte a München a vedere le partite.
I tuoi amici di Bressanone seguiranno il superbowl in tv?
Sì sento diversi amici regolarmente e penso che diversi di loro seguiranno la partita in televisione.
Eine tolle Erfolgsgeschichte.
Eine tolle Erfolgsgeschichte. Viel Glück, Gesundheit und Erfolg Max!
Ein Südtiroler mit einem
Ein Südtiroler mit einem Super Bowl-Ring, das wär doch was. Schade, dass so eine Erfolgsgeschichte in den Medien "oberhalb der Wahrnehmungsgrenze" hierzulande ignoriert wird. Football wird halt nicht auf der Schipiste oder auf dem Tennisplatz gespielt..