Politik | Geopolitica

“L'Italia riprenda in mano l'Alto Adige”

La rivista Limes dedica al Sudtirolo “no vax” un reportage dai toni forti. Parla l'autore Federico Petroni: “Serve un Ufficio di Stato a Roma, stop a nuove competenze”.
Federico Petroni
Foto: Limes

L’Alto Adige deve essere preso sul serio. (...) Custodisce il nostro confine strategicamente più importante, lo spartiacque alpino per conquistare il quale sono morti centinaia di migliaia di italiani appena un secolo fa. (...) Soprattutto, è parzialmente sottratto alla sovranità italiana”. Non sono parole di Sebastiano Vassalli, né tantomeno di Ettore Tolomei, bensì le premesse – già parecchio controverse – del Rapporto dall'Alto Adige pubblicato sul numero di questo mese della rivista italiana di geopolitica Limes. A firmare il lungo e dettagliato reportage è Federico Petroni, analista geopolitico e consigliere redazionale del periodico.

Ne esce un ritratto del Sudtirolo segnato dalle conseguenze della pandemia, con i “no vax” saliti agli onori delle cronache nazionali. E qui Petroni lancia l'allarme: a Roma non bisogna “abbassare la guardia” su questo “mondo a parte” da sempre “diffidente verso lo Stato italiano”. Perciò, onde favorire “un ritorno dello Stato all’Alto Adige”, l'Italia dovrebbe “approfittare del disincanto che il Covid ha prodotto nella fatata narrazione degli altoatesini di sé stessi, convinti di essere sempre unici e migliori del resto del paese. Tali impulsi vanno sfruttati per respingere al mittente richieste eccessive e per inserire la provincia in una ridefinizione generale dei poteri territoriali, di cui l’epidemia ha mostrato l’inadeguatezza”. salto.bz ha chiesto a Petroni di spiegare la sua posizione.

 

 

salto.bz: Dottor Petroni, partiamo dall'inizio. Come descriverebbe il suo lavoro di ricerca sull'Alto Adige?

Federico Petroni: È un rapporto geopolitico dall'Alto Adige, per valutare lo “stato dell'arte” della Provincia negli ultimi anni, in particolare con l'epidemia del Covid. È pubblicato in un numero di Limes intitolato L'altro virus, riguardante le conseguenze della pandemia sulla società. Un esempio di “altro virus” è quello mentale, che affatica le collettività, le mette le une contro le altre al loro interno, allentando la coesione sociale e rendendo più difficile gestire la popolazione da parte degli Stati centrali.

È questo il caso del Sudtirolo?

Dato che l'Alto Adige ha un così alto tasso di popolazione che non si vaccina e un vento di opposizione agli obblighi e alle restrizioni piuttosto sostenuto e determinato – ed essendo un territorio di frontiera come Trieste, dove vi è stata una delle rivolte più forti contro le regole provenienti dall'Italia – ci siamo chiesti se ci fosse “qualcosa sotto”. Siamo andati a verificare sul campo se il Covid stesse accelerando una frattura tra questi territori e il resto del paese. Io mi sono occupato dell'Alto Adige e un altro esperto di Trieste.

Lei conosce bene il contesto storico-politico sudtirolese?

Non sono esperto dell'Alto Adige, ma sono esperto di geopolitica e mi sono domandato come il Covid avesse accelerato certe faglie che lo contraddistinguono da sempre. Se abbia intaccato, insomma, la convivenza tra le due comunità, quella italiana e quella tedesca, o allentato la coesione tra la popolazione e le istituzioni locali, generando un rischio di instabilità – se non di violenza. Quando un territorio così fragile viene investito in maniera così violenta, rischiano di riaprirsi tutte le poste in gioco. Nel caso altoatesino, una nuova stagione secessionista oppure una nuova fase negoziale.

In Alto Adige potrebbe riaprirsi una stagione secessionista o negoziale? Il benessere economico ha congelato la situazione, mentre Austria e Italia dovrebbero chiedere il permesso a USA, Germania e altre grandi potenze per intervenire sullo status quo.

La pandemia potrebbe dunque riaprire la “questione altoatesina”, data per risolta sul piano internazionale?

La questione è “risolta” perché non genera più problemi, ma non è detto non li generi un domani. Siamo in presenza di due comunità che non si riconoscono uguali e non hanno alcuna intenzione di fondersi l'una con l'altra. Certo, il benessere economico e soluzioni istituzionali azzeccate tengono congelata la situazione. I due paesi di riferimento di queste due comunità, Italia e Austria, non sono propriamente delle potenze bellicose autorizzate a cambiare autonomamente lo status quo: sono due satelliti inseriti in un sistema più grande di loro. Dovrebbero chiedere il permesso a Stati Uniti, Germania e altre grandi potenze per cambiare le cose. A tenere tutto molto sedato è il benessere economico che ha diffuso una mentalità economicistica e compresso la questione identitaria. Non è detto che un domani, se Italia e Alto Adige andassero in crisi economica pesante, in fallimento, non potrebbero riaccendersi partite.

Dalle informazioni che ha raccolto "sul campo", che idea si è fatto?

Il Covid non ha intaccato la convivenza tra italiani e tedeschi, non si è riacceso un conflitto etnico ed esso non sta neanche all'orizzonte, nonostante le diversità di vaccinazione tra le due comunità e nonostante il diverso grado di ubbidienza allo Stato italiano, visto come tendenzialmente alieno dalla comunità tedesca, o come più agganciato alla propria identità dalla comunità italiana. Ma qualcosa lo ha scatenato questo virus, nel rapporto tra una parte della popolazione locale e le istituzioni: innescando un meccanismo di separatismo interno favorito dalla segregazione morbida istituzionalizzata in Alto Adige.

Si è innescato un separatismo interno, favorito dalla segregazione morbida istituzionalizzata. L'Alto Adige invita a creare società parallele, ad autoescludersi dalla comunità, generando dei “ghetti” che possono ricorrere alla violenza.

Cosa intende con "separatismo interno"?

Il fatto che tedeschi e italiani possano vivere le loro vite senza mai incontrarsi favorisce la creazione di società parallele, creando un terreno molto più fertile che nel resto del paese perché i “no vax” si ripieghino in una comunità parallela. L'Alto Adige invita al separatismo interno, all'autoescludersi dalla società, generando dei “ghetti” di emarginati che possono ricorrere alla violenza. È comunque significativo che la Provincia di Bolzano sia una delle primissime istituzioni italiane ad aver ricevuto delle lettere minatorie.

Un fatto avvenuto prima ancora nel vicino Trentino, con le minacce al governatore Maurizio Fugatti. Un contesto sociale e politico assai diverso dall'Alto Adige...

Certo, poi le minacce sono arrivate ad altre istituzioni, ma non alla Regione Lazio o alla Regione Sicilia. Chiarisco, non ci vedo dietro qualcosa di etnico, il conflitto etnico non rischia di riaccendersi – questa almeno è la mia impressione – ma si rischiano più che altrove violenze di tipo sanitario, contro la presunta dittatura sanitaria, magari anche isolate. In un territorio fragile, a ridottissima sovranità dello Stato italiano, la questione rischia di internazionalizzarsi molto velocemente: uno Stato straniero, l'Austria, ha titolarità, ha voce in capitolo su ciò che accade in Sudtirolo.

Un'internazionalizzazione in che termini?

Il rischio che vedo è un malcontento più diffuso nei confronti delle istituzioni, che potrebbe spingere la classe dirigente locale a reagire come ha sempre reagito negli ultimi 50 anni: facendo più muso duro nei confronti di Roma, chiedendo più autonomia. La “lista dei desideri” per una maggiore Autonomia è sempre presente. Non stabilisco un nesso causale, un causa-effetto diretto tra Covid e riapertura di un negoziato autonomistico. Ma nel medio periodo, una classe dirigente meno legittimata e con più pressioni potrebbe essere spinta a una riapertura di una stagione negoziale. Con un'Autonomia praticamente completa, le prossime richieste che si possono negoziare a Roma comincerebbero a erodere significativamente il controllo su questa Provincia.

Le prossime richieste di Bolzano erodono in modo significativo il controllo di Roma sulla provincia. E in un territorio fragile, a ridotta sovranità dello Stato italiano, la questione rischia di internazionalizzarsi in fretta.

Quale potrebbe essere una richiesta negoziale di Bolzano, diciamo così, “esagerata”?

Ad esempio creare un'Agenzia delle Entrate altoatesina. Una richiesta che arriva sia dai “duri e puri” secessionisti che dall'ala più oltranzista della SVP.

Lei parla di “ridottissima sovranità” dell'Italia sul Sudtirolo, di un “controllo” sull'Alto Adige, e dall'altro lato del ruolo dell'Austria sulla questione altoatesina. Lei crede che l'Italia “subisca” l'Autonomia, giudica negativamente l'atteggiamento dello Stato italiano verso la Provincia autonoma di Bolzano?

Sì, assolutamente. Sono le conclusioni del mio articolo. Lo Stato italiano ha abbandonato quei territori che ha strappato all'Impero asburgico cent'anni fa, Trieste e l'Alto Adige. È sotto gli occhi di tutti che siano trascurati, dimenticati, usciti dalla mentalità nazionale. Gli italiani non sanno come sia fatto l'Alto Adige, perché appena lo scoprirebbero, ne avrebbero orrore. Termini come “assimilazione” sono sconosciute al popolo italiano, voi sapete perfettamente di cosa si tratta, fa parte della storia delle vostre famiglie, da una parte e dall'altra. Siete una comunità completamente avulsa al resto del paese.

Compresi i sudtirolesi di lingua italiana?

Gli italiani d'Alto Adige sono omogenei al resto del paese, cioè antropologicamente identici, nulla li distingue. Però hanno più contezza di termini che per il resto del paese sono assurdi. Lo Stato italiano ha trattato l'Alto Adige come se fosse un mezzo paese indipendente. O meglio, la classe dirigente, politica, che ha mercanteggiato maggiori concessioni di autonomia, competenze dello Stato in cambio di voti in Parlamento su questioni politiche, effimere. La competenza dello Stato non può valere la sopravvivenza di un governo, che comunque cade. E la sensazione degli italiani dell'Alto Adige è di essere abbandonati.

Dallo Stato, dalla Provincia o da entrambi?

Due persone con cui ho parlato a Bolzano, di convinzioni politiche opposte e appartenenti alle due comunità, hanno usato la stessa parola per descrivere gli italiani dell'Alto Adige: rassegnati. Addirittura qualcuno ha detto che in ballo c'è il rischio di sparizione della soggettività degli italiani dell'Alto Adige, tirando in ballo i loro rappresentanti in Consiglio provinciale. Questo è il segno del distacco, dell'abbandono che si sta creando da parte dello Stato italiano nei confronti di questa comunità, che andrebbe riscoperta.

In che modo?

Mettendo da parte questa pratica clientelare di mercanteggiare competenze dello Stato, recuperare e ricoinvolgere la comunità italiana, farla sentire legata al resto del paese. E infine far sapere all'Alto Adige che allo Stato italiano interessa: non riscoprendo strutture o burocrazie di sapore novecentesco, fascista o assimilatorio – niente di tutto questo – bensì facendo capire che c'è interesse, volontà di dialogo, di risolvere assieme questioni. È necessario per invertire rotta.

 

 

Se si guarda alla classe dirigente altoatesina, il Presidente della Provincia Arno Kompatscher – soprattutto se raffrontato al suo predecessore – ha avuto un atteggiamento di maggiore apertura verso l'Italia. Un Landeshauptmann che interviene persino alla convention annuale d'un partito nazionale (la Leopolda di Renzi, ndr) sarebbe stato impensabile fino a pochi anni fa.

Il punto non è tanto questa piccola, minoritaria ala della vostra classe dirigente, quanto che lo Stato italiano dovrebbe riprendere in mano i territori. Non per togliere le autonomie, ma per far sapere che c'è e mette un punto, “basta, non pensate di poter avere qualcos'altro”. Da qui a un Freistaat non c'è alcuna differenza.

Auspica che l'Italia riprenda il “controllo” sul Sudtirolo. Quando l'ha perso?

No, io non ho detto di riprendere il controllo. Il rischio è di perderlo completamente. È il rischio di un'eventuale apertura di una nuova fase negoziale, il rischio possibile di una classe dirigente altoatesina che viene messa sotto pressione. Non si tratta, come ho detto poc'anzi, di recuperare istituzioni di stampo assimilatorio. Tra fascismo ed età repubblicana, lo Stato italiano tentò senza successo e con grave danno di assimilare i tedeschi locali.

Lo Stato italiano dovrebbe riprendere in mano i territori che ha strappato all'Impero asburgico cent'anni fa, mettendo da parte questa pratica clientelare di mercanteggiare competenze. Non si tratta di togliere le autonomie, ma di dire  “basta, non pensate di poter avere qualcos'altro”. Da qui a un Freistaat non c'è alcuna differenza.

Come si potrebbe manifestare questo “nuovo interesse” sull'Alto Adige/Südtirol?

Un esempio molto limitato potrebbe essere quello di creare una struttura formale nelle istituzioni romane che si occupi dell'Alto Adige, un ufficio di coordinamento degli affari altoatesini. Ce l'ha Vienna ovvero uno Stato straniero (si tratta della sottocommissione sul Sudtirolo del Parlamento austriaco, che non si riunisce da tempo, e d'un responsabile per i rapporti con Sudtirolo e Sudeuropa presso il Ministero degli Esteri ndr) e non l'Italia che solo formalmente controlla quei territori.

Le Commissioni paritetiche dei Sei e dei Dodici non sono sufficienti?

Non parlo tanto di una commissione, quanto d'un Ufficio di Stato interministeriale, non dico all'interno di Palazzo Chigi, ma presso il Ministero degli Affari regionali. Una struttura deputata a coordinare il lavoro degli altri ministeri, radunando le competenze di chi si occupa di Alto Adige. È giusto un segnale: altrimenti il paradosso, come sottolineo alla fine dell'articolo, è lasciare che a occuparsi di Alto Adige sia il Presidente della Repubblica, che pure ha fatto un lavoro egregio.

Mattarella ha intrattenuto ottimi rapporti con il suo omologo austriaco, Alexander Van der Bellen, e in generale con la politica altoatesina. A livello simbolico vi sono stati gesti significativi, come la recente grazia ad Hannes Oberleiter. Tra Roma, Vienna e Bolzano scorre buon sangue, non crede?

Per carità, tanto di cappello a Mattarella. Ma è l'eccezionalità, non è possibile sia solo il Capo dello Stato a occuparsene. Lo spunto della mia ricerca, comunque, non era stabilire delle verità assolute. Ma assumendo le lenti della geopolitica, rilevo delle criticità che possono manifestarsi nel prossimo futuro.

 

 

L'Autonomia dell'Alto Adige, rispetto ad altre realtà regionali analoghe in Europa, ha disinnescato le posizioni indipendentiste. L'autodeterminazione, per ora, sembra ferma su un binario morto.

Assolutamente. Su Limes mi pongo la domanda esplicita: può la pandemia riaprire un'ondata secessionista? La risposta è un secco no. Nell'articolo c'è anche un ritratto di Jürgen Anderlan: la ritengo una figura emblematica di quanto stia scemando il sentimento identitario e secessionista in Alto Adige. La sua vicenda è molto esemplificativa, dimostra come l'attore che rischia di più è la Provincia di Bolzano: la pandemia ha aggiunto al tradizionale Los von Rom un grido sempre più diffuso di Los von Bozen.

Al Los von Rom si è aggiunto un diffuso Los von Bozen. C'è poi il rischio di una resistenza montanara, tra Nord e Sudtirolo, alle regole degli establishment viennese e romano. Vienna e Roma potrebbero dover combattere un nemico comune.

Non è una questione che potremmo definire “di politica interna” all'Alto Adige/Südtirol?

Sì, ma non siete uno Stato indipendente. Questo territorio è strategico: su Limes ci interessiamo all'Alto Adige perché si trova su un asse di comunicazione vitale per la nostra economia, sul flusso da cui dipende la nostra manifattura, mettendoci in raccordo col mondo germanico. Questa porta, lasciata così aperta per ragioni storiche insindacabili, favorisce l'ingresso a idee eversive, con la diffusione di teorie della cospirazione o radicalismi separatisti di chiara matrice germanica. L'Alto Adige è il punto d'ingresso, da lì entrano nel nostro paese, sebbene poi queste idee non circolino diffusamente. Perciò volevo alzare l'attenzione delle istituzioni su quelle teorie del complotto, anche violente, che per un'affinità culturale o etnica trovano diffusione anche in Italia.

I “no-vax” sono solo un prodotto d'importazione, non si formano in loco?

Il rischio è che si crei una resistenza montanara tirolese, tra Nord e Sud, alle regole dei due establishment, quello viennese e quello romano, aprendo a delle possibilità di collaborazione tra Vienna e Roma per combattere un nemico comune.

L'Austria questo nemico ce l'ha ovunque, in tutti i Länder, non solo nel Nordtirolo...

È un po' Vienna contro tutti, allora.

"Nell'articolo c'è anche un ritratto di Jürgen Anderlan: la ritengo una figura emblematica di quanto stia scemando il sentimento identitario e secessionista in Alto Adige." Geh bitte.

Fr., 18.02.2022 - 08:57 Permalink

Zitat: “Es bewacht unsere strategisch wichtigste Grenze, die Wasserscheide der Alpen, an deren Eroberung Hunderttausende Italiener vor nur einem Jahrhundert starben”:
Von welcher “Strategie” wird hier gesprochen, wer ist dieser Gegner, gegen den diese “strategische Grenze bewacht” werden muss?
Warum diese “Blut und Boden”-Rhetorik aus vergangenen Zeiten....?
Ich überlege instinktiv, ob es sich des Weiterlesens geziemt...

Fr., 18.02.2022 - 09:01 Permalink

Invito comunque a leggere l'intervista per intero (e anche l'articolo su Limes, in ogni caso molto dettagliato e con alcuni spunti interessanti).

Il punto non è essere esperti di Sudtirolo per poterne parlare, quanto che queste considerazioni esistono, a prescindere dal fatto che ci piacciano o meno, e sono fondate su basi 'teoriche' che non sono nuove. E perciò meritano di essere comprese meglio.

Fr., 18.02.2022 - 09:46 Permalink

Ich möchte noch anfügen, dass mein Kommentar weiter unten von 9:34 Uhr mein persönliches und subjektives Empfinden beim Lesen ausdrückt, in der Folge meine persönliche Ansicht.
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Sie schreiben: “E perciò, secondo me, meritano di essere comprese meglio”.
Mit “essere comprese meglio” meinen Sie, man müsse diese “besser verstehen”?
Nun, vielleicht ist der Beitrag dann an das falsche Publikum gerichtet. Ich bin überzeugt, ein Orban oder Putin würden diese Theorien bestens verstehen, im Sinne von “comprendere”, begreifen, einbeziehen.
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Io però non sono certo di volerlo comprendere.

Fr., 18.02.2022 - 10:05 Permalink

Petroni möchte im 21. Jahrhundert mit seinem Mindset aus dem 19. Jahrhundert Probleme lösen, die es nicht gibt, wenn mein kein Mindset aus dem 19. Jahrhundert hat. Kann man freilich machen. Nur darf man halt dann nicht verlangen, dass man von jemandem ernst genommen wird, der im 21. Jahrhundert angekommen ist.

Fr., 18.02.2022 - 09:15 Permalink

Zitat 1:
"Il punto non è tanto questa piccola, minoritaria ala della vostra classe dirigente, quanto che lo Stato italiano dovrebbe riprendere in mano i territori"
Zitat 2:
"No, io non ho detto di riprendere il controllo.

Noch Fragen?

Fr., 18.02.2022 - 09:30 Permalink

Zitat:
“In un territorio fragile, a ridottissima sovranità dello Stato italiano, la questione rischia di internazionalizzarsi molto velocemente: uno Stato straniero, l'Austria, ha titolarità, ha voce in capitolo su ciò che accade in Sudtirolo...
Il rischio che vedo è un malcontento più diffuso nei confronti delle istituzioni, che potrebbe spingere la classe dirigente locale a reagire come ha sempre reagito negli ultimi 50 anni: facendo più muso duro nei confronti di Roma, chiedendo più autonomia. La “lista dei desideri” per una maggiore Autonomia è sempre presente”:

... des Pudels Kern der ganzen “Sache”. Krass. Regionalismus und Selbstverwaltung als geopolitische Gefahr, Machtkonzentration im nationalen Zentralstaat als Ziel.
Jetzt wird Corona nur noch Zweck, und die Intention des Ganzen sichtbar: “Ad esempio creare un'Agenzia delle Entrate altoatesina. Una richiesta che arriva sia dai “duri e puri” secessionisti che dall'ala più oltranzista della SVP”. Es geht nur um Politik, es geht nur um Nationalismus.
Aus Protest vor solchem Affront beende ich diese Lektüre, die als neutrale Wissenschaft daherkommt, und im Laufe des Lesens immer mehr die politische und ethnisch nationalistisch-zentrale Fratze zeigt.
Das ist ein Artikel, der schadet. Trennt. Vertrauen zerstört.
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Zitat: “Sì, ma non siete uno Stato indipendente. Questo territorio è strategico”.
Nein, wir sind für niemanden Mittel zum Zweck irgendwelcher Strategien.

Fr., 18.02.2022 - 09:34 Permalink

Herr Petroni, stellt sich als geopolitische Instanz dar, hat aber wohl noch nie von SUBSIDIARITÄT gehört. Die Südtirol-Autonomie ist ein geschichtlich langwieriger Versuch, dieser demokratischen Notwendigkeit gerecht zu werden. Auch anderen Provinzen / Regionen Italiens und Europas täten ähnliche Freiräume sicher gut; so würden die "Zentralen" auf ihre eigentlichen Aufgaben zurückgeworfen, nämlich die, Übergeordnetes optimal zu gestalten ohne sich im Kleinkram zu verstricken. .

Fr., 18.02.2022 - 10:11 Permalink

Le rigorose domande poste da Valentino e la serietà delle risposte dell'intervistato valgono molto di più di tante inchieste minori sullo stesso tema pubblicate nei mesi passati. Intervista da incorniciare, direi. Anche se fosse solo un punto di ri-partenza del dibattito dedicato a questi scenari. Ma questo articolo è di più e lo dimostrano toni e contenuti anche dei commenti. Questo è un giorno normale ma anche un bel giorno per l'Informazione seria.

Fr., 18.02.2022 - 10:20 Permalink

Concordo con Valentino Liberto, a prescindere dal fatto che i considerazioni di Petroni piacciano o meno, si tratta di un'intervista assai interessante...

Però ovviamente l'analisi presentata è... confusa (per dir poco). Quasi inutile sottolineare le tante inesattezze, mezze verità e misconcezioni. Assomiglia in questo a un reportage stile 1960, con un "esperto" paracaduto nel territorio, che dopo aver letto 2-3 giornali ed intervistato 4-5 informanti, assume di poter presentare certezze ai suoi lettori. Il grande assente è il motivo dietro il presunto dovere di "riprendere in mano" il territorio (che poi non sarebbe da fraintendere con "prendere controllo"). Visto che parla dei morti della I° guerra mondiale e della linea spartiacque (stranamente considerata ininfluente nella zona Ticino-Lombardia...), immagino che tutto sommato indietro ci sarà poco di più di concetti novecenteschi come "nazione" o "sovranità". Praticamente una comedia la fine dell'intervista, quando Petroni (senza occuparsi troppo del fatto, che i no vax sono un fenomeno transcontinentale...) teorizza una "resistenza montanara tirolese", per poi essere informato, che si tratti di un fenomeno pan-austriaco, per poi suggerire una crisi di stato in Austria...

Fr., 18.02.2022 - 10:31 Permalink

Me lo vedo, il signor "non sono esperto dell'Alto Adige, ma" che con un cappello da generale comprato su amazon in testa gioca a spostare carriarmatini del risiko su una cartina cercando freneticamente ad una soluzione per difendere i confini italiani dalle invasioni barbariche...

Fr., 18.02.2022 - 11:06 Permalink

Pur non condividendo molti punti apportati da Petroni nell'articolo e nell'intervista, trovo sì, schematico, ma assai interessante questo spunto: "Il fatto che tedeschi e italiani possano vivere le loro vite senza mai incontrarsi favorisce la creazione di società parallele, creando un terreno molto più fertile che nel resto del paese perché i “no vax” si ripieghino in una comunità parallela. L'Alto Adige invita al separatismo interno, all'autoescludersi dalla società." Non posso giudicare se davvero ci sia questo nesso causale fra i mondi paralleli nei quali molti di noi vivono e il "terreno fertile" per tendenze antisociali. Ma merita una riflessione.

Fr., 18.02.2022 - 11:54 Permalink

E' vero, questo è l'unico punto che mi sembra aver afferrato. Non che non ci sia contatto, ma divisione tra i due gruppi linguistici sono effettivamente presenti e, secondo me, incidono a livello sociologico. Poi da cosa sia causato e come risolverlo, non penso che le proposte di Petroni daranno molto aiuto.

Fr., 18.02.2022 - 15:24 Permalink

Ja. Das ist unsere größte Schwachstelle!
Von dieser geht die größte Gefahr für uns aus. Wir sind schon klein, leisten es uns aber, uns weiter zu unterteilen: deutsch/ladinisch/italienisch/x; städtisch/ländlich; internationalistisch/nationalistisch; sozial/egoistisch; vax/novax; grün/grau; fridays/everyday for future; usw. .
Diese Zersplitterung sind wir so gewohnt sind, dass wir sie als normal empfinden und wir empfinden es auch als normal, alleinig im Recht zu sein. Wir reden nicht miteinander, schon lange nicht mehr; wir streiten nicht einmal.
Wie wird es dann sein, wenn Wind aufkommt und jede(r) allein ist?

Fr., 18.02.2022 - 15:33 Permalink

"Dass diese „geopolitische Analyse“ außerhalb des ultrarechten Flügels überhaupt Aufmerksamkeit erhält ist schon verwunderlich."
Ich finde das auch etwas beunruhigend.

Fr., 18.02.2022 - 12:19 Permalink

Curiosi i commenti di alcuni lettori.
Posto che NON è requisito indispensabile essere sudtirolesi per pronunciarsi su qualsiasi tema che coinvolga il Sudtirolo (così come non sono solo le donne ad essere titolate ad esprimersi in merito a tematiche di genere; non è necessario essere neri o perseguitati per parlare con contezza di diritti civili; etc.), Petroni si è limitato a fotografare il territorio in chiave geopolitica, che piaccia o meno la crudezza di un’analisi di questo tipo.
Si osserva la pagliuzza nell'occhio del fratello, senza accorgersi della trave nel proprio occhio..

Rispetto alla situazione di chi si dichiara madrelingua italiana in Provincia di Bolzano è evidente che solo un Terzo Statuto di Autonomia potrà porre rimedio alla rassegnazione (e a gran parte delle logiche da prima repubblica che tutt’ora governano la politica locale).
L’autonomia speciale è preziosa, da difendere e proteggere, di questi tempi non tanto da “Roma”, ma da chi in Sudtirolo piega e sfrutta l’autonomia a suo esclusivo interesse e a vantaggio di pochi, celando sotto la bandiera dell’autonomia istinti cleptocratici o clientelari.

Fr., 18.02.2022 - 12:20 Permalink

Ich finde es schade, dass Salto solch rückwärtsgewandten Ansichten Platz einräumt. Wenn man den disagio thematisieren will (und der wäre es wert, thematisiert zu werden), dann finden sich bestimmt andere Mittel und Wege.

Fr., 18.02.2022 - 12:59 Permalink

Non saprei. Premesso che il focus di Petroni non era il 'disagio degli italiani', Limes è una delle più importanti e conosciute riviste italiane, molto letta in ambito accademico e politico, ed è significativo (quindi una notizia) che tratti di Sudtirolo. Inoltre, l'autore ha incontrato varie persone in loco: oltre ad Anderlan, tra gli intervistati citati nell'articolo c'è pure Hans Heiss.

Fr., 18.02.2022 - 14:35 Permalink

Ich kann nur staunen!! Kann da so einen imperialistischen Grundtenor raushören. Und hat der Autor Angst, dass uns die Innsbrukker den Krieg erklären und Südtirol annektieren? Dachte eigentlich, dass Limes eine seriöse Publikation ist! Ich bin es so leid, mich immer wieder im Rest von Italien dafür entschuldigen zu müssen, dass ich Südtiroler bin! Der disagio ist sicherlich da, aber daran sind wir Deutschsprachigen sicherlich nicht allein schuld. Meine Jungs müssten seit Jahren die Muttersprachzugehörigkeitserklärung machen, wissen aber nicht was sie ankreuzen sollen, mit der italienischen Mutter die sie haben!

Fr., 18.02.2022 - 14:43 Permalink

Die Situation in Südtirol scheint laut Petroni tatsächlich der Lage in der Ukraine zu gleichen, mit den österreichischen Panzern an den vollkommen unzureichend gesicherten heiligen Grenzen Italiens. Die Österreicher könnten also jederzeit einmarschieren. Zum Glück für Italien gibt es diesen Herrn Petroni, der vor dieser schrecklichen Gefahr warnt. Man müsste wohl unbedingt den Vallo Littorio Alpino reaktivieren, in den Mussolini so viel Energie und Geld gesteckt hat. Dafür ist ihm Petroni sicher dankbar.

Fr., 18.02.2022 - 15:56 Permalink

Questo articolo ci ricorda che l'Alto Adige ha fatto pace con l'Italia solo da un punto di vista istituzionale, ma non ci è stata nessuna "pace" tra le persone, gli italiani del resto d'Italia continuano a nutrire astio e un certo disprezzo nei confronti degli altoatesini (soprattutto quelli di l. tedesca ovviamente). Secondo me qui sta il punto cruciale e la domanda che possiamo porci. Cosa possiamo fare noi, altoatesini/sudtirolesi per migliorare l'opinione che ha l'italiano medio su di noi? Come facciamo a convincerli che non siamo solo dei furbi contadini/montanari arricchiti coi soldi delle tasse che non versiamo a Roma, mentre che loro invece poveretti non hanno questa "fortuna" non godendo dell' autonomia che invece abbiamo noi? Come possiamo fare per farci rispettare un po' di più per quello che siamo? Magari un giorno potremo anche smettere di essere lo zimbello dei giornalisti e tutologi italiani che non aspettano altro che prendere una notizia di ciò che accade qui in Alto Adige e strumentalizzarla, teatralizzarla a loro piacimento, come è successo con le cosiddette scuole novax? Vorrei anche sapere quando arriverà quel giorno in cui noi, sudtirolesi, inizieremo a comportarci un po' meno da "primi della classe" e magari a porci con più pacatezza verso il mondo esterno. Come facciamo a migliorare l'immagine che hanno di noi gli abitanti delle altre regioni italiane. Ce la faremo un giorno a toglierli dalla testa tutti i pregiudizi che hanno su di noi?

Fr., 18.02.2022 - 17:30 Permalink

Sie haben vollkommen recht. Denn für Vieles sind wir (unsere Politiker) selbst Schuld, wenn Wir/sie sich immer als Klassenbester oder Streben darstellen und damit angeben. Da entsteht wahrscheinlich eine analoge Dynamik wie in einer Schulklasse, wo der/die Beste als Streber z. T. von den anderen gehasst wird.

Fr., 18.02.2022 - 17:59 Permalink

Premesso che la nostra autonomia è migliorabile e che è sempre utile sapere cosa pensano di noi altrove, il signor Petroni ragiona da estraneo in casa d'altri ed è perfettamente rappresentativo di quella grande quantità di italiani che hanno studiato la storia di parte, insegnata nelle scuole con l'evidente obiettivo di tenere insieme popolazioni diversissime tra loro e accomunate solo dalla lingua - e anche qui si potrebbe discutere sul fatto che la lingua del Manzoni sia o meno corrispondente a quella che si parla nelle diverse Regioni -. Lo spartiacque come confine è una pura invenzione figlia del tempo in cui è avvenuta, come tutti i confini: il Brennero non è stato mai un confine, prima del 1918. Quindi noi altoatesini/sudtirolesi consapevoli della nostra storia non potremo mai accettare le sue riflessioni figlie dell'idolatria, forse interessata, per il centralismo romano. L'Italia si è ritagliata un ruolo nel mondo, in questi ultimi 150 anni e poco, NONOSTANTE Roma, città che da 2000 anni vive delle ricchezze prodotte fuori di essa, e NONOSTANTE lo Stato inefficiente e ridondante che abbiamo; grazie invece al lavoro ed ai prodotti delle diverse Regioni soprattutto del Nord. Le autonomie regionali, abbinate al recupero delle radici identitarie delle persone che vivono in ciascun territorio - anche quelle arrivatevi successivamente, che devono sentirvisi a casa -, sono l'unico futuro possibile sia per l'Italia che per l'Europa. Non è logico che vengano funzionari statali a dirci come fare quello che funziona molto meglio se ce lo facciamo da soli. Il tempo dei nazionalismi, causa delle terribili guerre del secolo scorso, finirà con le prossime generazioni, figlie del mondo ma legate alla propria origine. Che per noi altoatesini/sudtirolesi consapevoli non è, e non sarà mai, lo Stato di Roma - del quale rispettiamo le regole perché siamo persone serie -.

Fr., 18.02.2022 - 18:43 Permalink

Grazie Signor Spagnolli, un commento azzeccato. Il disagio degli italiani insieme al disagio dei sudtirolesi si può superare
con pensieri come i suoi, mica con l'accettare supinamente i dettami dello Stato centrale.
Quest'articolo del Sig. Petroni con annessa intervista mi ha fatto gelare il sangue nelle vene. Qui da noi, come in tutto il mondo vive gente che cerca di fare una vita dignitosa, rispettando il prossimo, però esigendo anche rispetto da parte dell'altro. E poi ci sono persone che pretendono di avere il diritto di disporre da lontano sulla felicità o infelicità di altre persone senza averne titolo, solamente per presunti propri motivi strategici o paranoici.

Fr., 18.02.2022 - 23:50 Permalink

Parole perfette per un politico, negli anni Novanta e precedenti.
In Lombardia scenderebbe forse a molti una lacrima nel leggere oggi un riferimento espresso alle Regioni del nord, cara questione settentrionale.
Numerosi anche al sud plauderebbero le parole sul centralismo romano, sui funzionari statali “che vengono a dirci come fare”, memori dei racconti sul predominio esercitato dai Piemontesi dopo la proclamazione del Regno d’Italia e annesso brigantaggio.
Tornando però nel corrente anno 2022, e a questa latitudine, tanto per cominciare sarebbe forse il caso di superare la dicotomia “altoatesini/sudtirolesi”, nonché l’uso in generale di epiteti quali “estraneo in casa d’altri”: sono escludenti e strizzano direttamente o indirettamente l’occhio al concetto di “Volk - Blut und Boden”.
Hanno fatto il loro tempo.
Benvenuta Bevölkerung.

So., 20.02.2022 - 14:51 Permalink

Parole perfette per un politico, negli anni Novanta e precedenti.
In Lombardia scenderebbe forse a molti una lacrima nel leggere oggi un riferimento espresso alle Regioni del nord, cara questione settentrionale.
Numerosi anche al sud plauderebbero le parole sul centralismo romano, sui funzionari statali “che vengono a dirci come fare”, memori dei racconti sul predominio esercitato dai Piemontesi dopo la proclamazione del Regno d’Italia e annesso brigantaggio.
Tornando però nel corrente anno 2022, e a questa latitudine, tanto per cominciare sarebbe forse il caso di superare la dicotomia “altoatesini/sudtirolesi”, nonché l’uso in generale di epiteti quali “estraneo in casa d’altri”: sono escludenti e strizzano direttamente o indirettamente l’occhio al concetto di “Volk - Blut und Boden”.
Hanno fatto il loro tempo.
Benvenuta Bevölkerung.

So., 20.02.2022 - 14:52 Permalink

Ciao Luigi, mi permetto di risponderti perché ti ritengo una delle poche persone intelligenti che vale la pena leggere. Sono autonomista non solo perché sono nato e vivo in questa terra, ma perché l' Italia tutta è il risultato di una continua contaminazione che l'ha portata ad avere una svariegata diversità culturale che mi rende euforico. Così come sono orgoglioso di appartenere a questa attuale "contaminazione". Ed è per questo che l'autonomia alla quale aspiro è quella provinciale. Le regioni sono il frutto dello statalismo nata nel '47 e aveva all'epoca un senso che ora non ha più motivo di essere. Quello che io recrimino ai politici locali, in primis quelli di lingua italia, è stata quello di non aver esportato tale formula. Di non aver fartto capire che questa e solo questa è la ricetta che responsabilizza la res pubblica e alimenta la partecipazione del popolo. Voi avete sempre e solo giustificato la particolarità della situazione, senza di fatto poi spiegarla.
Altro concetto: se il Brennero non è mai stato confine (e la cosa è vera solo localmente perché al tempo del muro di Berlino era tutto un confine) è anche vero che l'altoatesino/sudtirole deve sentirsi in primis europeo. E nel suo DNA allora deve abbattere qualsiasi confine e ostilità , a cominciare da quei poveri cristi che vengono qui sognando una vita migliore. Credo pure io che "Il tempo dei nazionalismi" prima o poi finirà, nonostante il mondo oggi sia pieno di dittatori e despoti poco democratici, ma deve inziare da noi, cominciando ad abbattere le ostilità per il diverso ed a eliminare quei tratti tipici che ribadiscono un proprio confine.
Per inciso proposte come quello di rendersi indipendenti dal mercato energetico energetico, invece che promuoverne uno europeo, non fanno altro che creare una sorte di "Roma" locale.

So., 20.02.2022 - 17:27 Permalink