In questi giorni si legge e si sente: pace. Alzate le mani e arrendetevi, ucraini.
Cioè, praticamente, quando questo Paese è stato invaso, bombardato, ridotto allo stremo, certi pacifisti europei, solidi dentro le loro pantofole, dicono: alzate le mani e arrendetevi. Così risparmieremo migliaia di donne e uomini. C'è anche un'incredibile pletora, nei commenti, contro Zelenskij: un'irresponsabile che ci sta conducendo alla terza guerra mondiale.
Sono spesso, queste e questi, pacifiste/i in mutande di seta. Persone che temono per la quieta vita propria: c'è l'atomica e la benzina sopra i 2 euro.
Ma sapete, pacifisti sprofondati nel sofà, per l'Ucraina cosa significa questo vostro consiglio? Consegnare la casa, la terra, la mucca, il trattore e l'ufficio al nemico. Un invasore che domani ti dirà: tu mi hai consegnato la casa, la terra, la mucca, il trattore e l'ufficio senza combattere: tu sei un vigliacco. E io ti anniento. Perché non vali niente e la tua reazione mi dà ragione. Tu non sei una nazione.
Schiaccio il mio tacco sulla tua nuca.
Se gli ucraini hanno deciso di resistere vuol dire che gli ucraini hanno deciso di resistere. Ogni arma in più che negate loro è una morte in più e una morte più veloce.
Senza motivo, senza alcuna minaccia, senza alcuna logica, anche strategica, un Paese ha invaso un altro Paese.
Voi, pacifisti ipocriti, direste ai partigiani che hanno lasciato la vita nel 1944 e nel 1945, in un'Italia invasa dai nazifascisti: alzate le mani e arrendetevi! Lo direste? Non andate a combattere, ci saranno meno morti! Avreste detto questo, ottant'anni fa?
O siete orgogliosi di quello che è stata la Resistenza? Di quello che voi potete essere oggi grazie a quello che essa è stata allora?
Se uno nell'autobus ti si avvicina, alza il pugno, dice dammi il cellulare o ti spacco la faccia, tu glielo dai, il cellulare?
Papa Francesco, nel 2015: “se uno offende mia madre io gli do un pugno.”
E ci ricordiamo anche Alexander Langer, Sarajevo, 1995.
“...Due anni dopo, nel giugno 1995, con migliaia di vite umane irrimediabilmente perdute e tanti valori umani dissoltisi nel frattempo, l’appello era ancora lo stesso (“intervenite, con forza e subito!”) e Alex Langer lo rivolse a Cannes al Consiglio Europeo, direttamente al Presidente della Repubblica francese Chirac ( la Francia deteneva la Presidenza di turno del Consiglio UE), accompagnandolo con un accorato appello all’Europa: “Basta con la neutralità tra aggrediti e aggressori, apriamo le porte dell’Unione Europea alla Bosnia, bisogna arrivare a un punto di svolta! L’Europa infatti muore o rinasce a Sarajevo”. Non ci fu seguito concreto, neanche quella volta, nessun intervento, neanche qualche piccola bomba scagliata sui depositi di armi e blindati delle forze militari serbo-bosniache che da Sarajevo auspicavamo e invocavamo con messaggi accorati ai rispettivi quartier generali: “…everybody understands that they are not going to separate men from women and children in order to interrogate them, as Mladic says...most probably they will slaughter them. Don't hesitate anymore, stop them now, before it's too late...what has to happen anymore to bomb Pale!...”) Arrivarono poi quelle bombe, ma solo a fine agosto, portarono al cessate il fuoco, ai negoziati di Dayton e a tutto quello che ne seguì. Nel frattempo però c’era stato un luglio crudele e maledetto che ebbe il suo culmine atroce nella conclusione della vicenda di Srebrenica con un vero e proprio genocidio, ma Alex Langer non li vide quei giorni perché aveva messo fine alla sua vita il 3 luglio. Siamo dunque arrivati all’epilogo che Adriano Sofri racconta con precisione ed emozione nella postfazione al volume, intitolata “Alex a Srebrenica” cui non si può aggiungere nulla, solo ripeterne un brano, come in una preghiera laica e religiosa insieme: “Alex dunque non c’era più. Ma le coincidenze sono l’anima delle cose della vita e della morte, oltre che dei romanzi”
(cfr. fondazione Alexander Langer)