La strategia dell' all-in
La frase “allora tolgo le deleghe a Widmann” pronunciata ieri da Arno Kompatscher verso le 13 nella riunione ristretta in via Brennero equivale un po’ ad un “allora vedo” alla fine di una interminabile partita a poker. Al centro del tavolo, l’aria irrespirabile, la posta in gioco è talmente alta che i giocatori non si riescono nemmeno a vedere in faccia. Sembra che pur di far fuori il Landeshauptmann l’asse Dolomiten(capofila)-Durnwalders-Widmann-Achammer abbia deciso di giocarsi anche la casa, la macchina e la cuccia del cane. E così ha dovuto fare pure Kompatscher. All-in.
Decifrare quello che sta succedendo "veramente" nel triangolo via Brennero-Palazzo Widmann-via del Vigneto è difficilissimo. Il messaggio che il Landeshauptmann ha forse voluto lanciare è: vediamo se avete il coraggio di far crollare tutto. Che il presidente sia isolatissimo (può contare sul sostegno di Alfreider, Schuler e del “Dead man walking”, Gert Lanz) lo dimostra il fatto che ieri Achammer abbia voluto precisare – e la cosa rasenta l’incredibile – che per lui la posizione di Widmann era già chiarita, attaccandosi ancora – e qui, mi spiace, si va oltre l’incredibile – alla pubblicabilità o meno delle intercettazioni. Come se la forma annullasse la sostanza. Come se l’importante fosse chiudere la stalla quando i buoi stanno già scorrazzando allegri verso il burrone. Potrei sbagliarmi, ma la mia sensazione è che l’Obmann ieri abbia avuto l’ultima occasione di dimostrare l’equidistanza che ha sempre dichiarato di avere ed invece abbia voluto dire a Kompatscher: tu sei da solo e la Stella alpina può andare tranquillamente avanti senza di te, io sto con “gli altri”. La cosa era già chiarissima prima, ma ieri, come dire, è stata sancita pubblicamente. L’alternativa all' “andare a vedere” per Kompatscher sarebbe stata mettersi la coda fra le gambe e ritirarsi a fine mandato. Ed in questa situazione sembra non ci siano le condizioni neppure per trattare un “buen ritiro”, che forse, per orgoglio, neppure lo stesso Arno vorrebbe.
Athesia, i cui vertici sono protagonisti di alcuni capitoli del libro Freunde im Edelweiss finora ignorati da tutti, ha ora in mano il pallino. Se Michl e Toni Ebner ordineranno a Thomas Widmann di restare al suo posto di assessore (stamani alle 8 in punto si è presentato in Giunta) senza deleghe o comunque di restare in consiglio come battitore libero, nel giro di poche settimane ci potrebbe essere l’annunciato Arnogeddon. Con una guerra in corso a 1.800 km da qui è dura parlare di “scenari apocalittici”, ma se l’assessore non si fa da parte a Kompatscher resterebbero probabilmente solo le dimissioni o la mossa disperata di essere egli stesso a presentare una mozione di sfiducia. Ma, posto che trovi una maggioranza, su che basi potrebbe andare avanti la Giunta? Ed anche la stessa Svp, in verità. Avanti con chi, con quale giunta, con quale maggioranza?
Il Dolomiten, che su Widmann è ben informato da circa 32 anni, dice che nella “Fraktion” qualcuno trova divertente l’ipotesi di un “Tommy” libero di votare con l'opposizione o addirittura di diventare il nuovo portavoce al posto di Gert Lanz. Si vede che in via del Vigneto attualmente la tentazione è di attuare la premiante strategia: “muoia” Arno con tutti i filistei.
Ma in verità, qualsiasi scenario, con queste premesse, sembra improbabile. Il tentativo di mettere sullo stesso piano la vicenda delle Spenden del 2018 con lo scandalo delle intercettazioni Sad (e di usare le donazioni come arma di ricatto per stoppare la pubblicazione del libro) aveva l’obiettivo di mettere Arno Kompatscher nell’angolo. Lui ha cercato di uscirne buttando Widmann fuori dalla Giunta. Ma perché l’operazione si compia ha bisogno di un sostegno del partito (o di buona parte di esso) che al momento sembra non avere. Qualche possibilità di tenuta in più ci sarebbe forse stata se Achammer, ieri, avesse almeno finto di aver concordato la decisione del ritiro delle deleghe a Widmann. Così, più che con un cerino, ha lasciato invece Kompatscher con un candelotto di dinamite in mano. Per evitare che esploda a questo punto serve una specie di miracolo, e cioè che qualcuno, in nome della stabilità, faccia un passo indietro. Quello di ieri, dunque, potrebbe non essere il vero terremoto ma solo le prime scosse di avvertimento.
Fa male, come un pugno in
Fa male, come un pugno in pancia, leggere di vicende "politiche" in chiave bellica. Visto che, come scrive l'autore, non molto lontano da qui si muore sotto le bombe.
Comunque trovo tutto questo SURREALE perché per come lo concepisco io un politico deve fare il bene della sua Comunità. E io, in questa vicenda, ci vedo solo dei singoli che pensano a se stessi. Non ci vedo visioni e ideali.
Antwort auf Fa male, come un pugno in von Massimo Mollica
Beh, cerchiamo di non cascare
Beh, cerchiamo di non cascare dalle nuvole.... anche io concepisco la figura del politico quale soggetto che cura e propone l'interesse collettivo ma diciamo la verità, i tempi delle figure di spessore come quella del dott. Magnago sono finiti da un pezzo.