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"Unibz ad un bivio"

Secondo l'ex consigliere Francesco Grillo l'ateneo deve decidere se diventare davvero internazionale, ridurre gli indirizzi e le spese. "I docenti guadagnano troppo".
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Foto: upi

Il curriculum di Francesco Grillo, membro fino a pochi mesi fa del consiglio dell’università di Unibz, è di quelli a cui da queste parti non si è proprio abituati: laurea in economia alla Luiss, master presso la Boston University, dottorato alla London School of economics, insegnamento e ricerca ad Oxford, Pisa e Pechino, attività di consulenza per tre ministri … Quando nel 2018 fu proposto per il consiglio dell’università  sembrava destinato alla vicepresidenza ma la nomina non ebbe luogo. Vi si speculò molto. Non venne sollevata una polemica etnica come 3 anni prima quando la stessa sorte capitò ad Andrea Felis, considerato fedelissimo del vicepresidente Christian Tommasini, ma per qualche settimana se ne parlò parecchio. Inizialmente sembrava che la nomina fosse stata stoppata perché Grillo era stato identificato come di area Pd, poi si disse che avrebbe spostato un po’ gli equilibri per il suo profilo troppo internazionale. A distanza di anni non ha senso tornarci sopra. Con la nomina di Antonio Lampis, dirigente provinciale di alto profilo, avvenuta a fine marzo, Unibz è tornata ad avere un vicepresidente di lingua italiana.

Grillo, dunque, è un accademico di alto profilo e si è reso disponibile ad una video-chiacchierata dal suo studio di Oxford per tracciare una sorta di bilancio del proprio mandato e lanciare uno sguardo in prospettiva dal quale emergono diverse possibili criticità. Per Unibz sarà un periodo di cambiamenti. Qualche settimana fa il Ministero degli affari esteri ha designato il professor Paolo Lugli “addetto scientifico all’Ambasciata d’Italia nella capitale tedesca”. Con ogni probabilità Lugli lascerà l’incarico di vertice in unibz proprio quando sta per decollare la sua creatura, la nuova facoltà di Ingegneria al NOI Techpark.

 

salto.bz: Professor Grillo, lei da qualche mese non è più nel cdu di Unibz. Nel 2018 quando fu nominato tutti attendevano che, assegnata la presidenza ad Ulrike Tappeiner, lei diventasse vice. Non andò così, ci fu una polemica politica abbastanza forte. Nonostante questo inizio difficile poi è riuscito a lavorare normalmente?

Francesco Grillo: Assolutamente sì. Per la verità, sin dall’inizio sono stato onorato sin dall’inizio di far parte di in un ambiente assai accogliente. Quando fui nominato ero consigliere della ministra Valeria Fedeli e in precedenza lo ero stato della ministra Stefania Giannini. Lo sono stato poi del ministro Gaetano Manfredi. Mi sono formato studiando a Boston e a Londra, insegno e faccio ricerca tra Oxford, Pisa e Pechino e credo di aver dato un contributo.

L’università a breve perderà il rettore Paolo Lugli. Sarà un periodo di cambiamenti. In questi anni che idea si è fatto sullo sviluppo dell’ateneo?

Quello che posso dire è che secondo me l’università di Bolzano ha conosciuto un periodo di crescita costante che, però, la porta adesso ad un bivio. E ad affrontare due problemi.  Il primo è di natura finanziaria, il secondo di natura strategica.

A Bolzano abbiamo un costo medio per studente di 23.900 euro, laddove la media per i paesi Ocse è di 18.000. Per la Germania il costo è di 18.500 e in Austria di 19.200.

Di natura finanziaria? La Provincia mette a disposizione praticamente illimitate.

Non è esattamente così. Le risorse non sono mai illimitate. L’Università ha una struttura di  costi elevata come evidenziano i suoi bilanci pubblici. Gli studenti iscritti sono 3.700 e sono distribuiti su cinque corsi di Laurea e più di 20 tipologie di corsi. Ciò produce diseconomie di scala con un costo per studente che è  in media di 23.900 euro, laddove la media per i paesi Ocse è di 18.000. Per la Germania il costo è di 18.500 e in Austria di 19.200.

 

Finora la Provincia ha sempre coperto i maggiori costi.

Vero, ma poi è arrivata la pandemia che ha ridotto le entrate e aumentate le spese: prima o poi, tutti – sia lo Stato centrale che le province autonome – saranno costretti a razionalizzare.  I budget previsionali dell’Università ipotizzano un aumento di trasferimenti dalla Provincia di circa il 20% fino al 2024; ed è del 20% - ma in riduzione - la spesa che la Provincia ipotizza di sostenere sulle università (includendovi anche le altre strutture universitarie del territorio) fino a quella data. 

Dice che Lugli possa aver lasciato “la barca” per queste ragioni? E’ un po’ strano che se ne vada proprio quando sta per nascere la facoltà di Ingegneria …

Assolutamente no. Non posso sapere per quale motivo il Rettore lasci e credo che sia plausibile che la sua scelta sia determinata dalla un’opportunità che gli è stata offerta. Osservo, però, che la pandemia ha prodotto un altro risultato che può essere paradossalmente controproducente: il PNRR che, del resto, sta creando opportunità e rischi per tutte le università.. Il PNRR finanzia, tecnicamente, investimenti ma non le spese correnti. E può coprire il costo delle risorse umane ma solo a termine. Far partire una nuova facoltà, ad esempio Ingegneria, con il PNRR può portare ad avere una struttura che però non riusciamo a sostenere nel tempo. 

Tornando ai costi medi elevati, può esserci un’altra ragione, come si sente spesso dire, negli gli stipendi molto alti del corpo docente?

I docenti dell’Università che ho conosciuto mi sono sembrati eccellenti. Tuttavia, è vero che se osservo le medie, il costo del lavoro del personale docente è superiore alle medie italiane ed europee.

Ad Oxford, un professore associato percepisce uno stipendio che parte da 45.000 sterline (53.000 euro); la retribuzione base all’Università di Bolzano è di 70.000 euro

Il discorso è sempre stato: se non paghiamo bene, chi viene a Bolzano ad insegnare?

Questo è un discorso che, in generale, non mi convince. Attrare o trattenere non è solo questione di soldi e questo è stato un equivoco anche di alcune politiche nazionali (si vedano le agevolazioni per il “rientro dei cervelli” che hanno finito con l’agevolare l’arrivo di calciatori). Ad Oxford, un professore associato percepisce uno stipendio che parte da 45.000 sterline (53.000 euro); la retribuzione base all’Università di Bolzano è di 70.000 euro. La realtà è che i ricercatori di qualità vanno nei luoghi dove trovano colleghi che hanno gli stessi interessi e passioni. E ciò vale anche per gli studenti: è importante risolvere il problema dell’alloggio ma chi studia deve sentire l’entusiasmo di andare in un luogo dove può crescere confrontandosi con quelli che saranno, presumibilmente, i compagni con i quali condividere vite professionali. L’università del futuro – ne sono convinto – farà da “HUB” di competenze aggregate attorno a specifici problemi da risolvere.

Ma allora Unibz per attirare docenti e studenti che cosa dovrebbe fare?

Dovrebbe focalizzarsi su alcuni insegnamenti legati a ciò che il territorio esprime, creando un forte vantaggio competitivo. Trovo realistico ad esempio che studenti da tutto il mondo vengano a Bolzano per studiare come si costruiscono case sostenibili, combinando tradizione e innovazione. Oppure che vengano a studiare le tecnologie della neve.  Avrei molto piacere che a Bolzano si studi e si sistematizzi il modello che ha portato una provincia di 600 mila abitanti ad avere più turisti stranieri dell’intera Italia meridionale con le isole. Credo che ci siano punte di eccellenza nelle tecnologie che servono per dare sostanza al paradigma della sostenibilità e filiere agroalimentari di grande successo. Crescere per l’Università di Bolzano significa, a mio avviso, valutare ciò che si può fare confrontandosi con l’offerta formativa dei principali concorrenti e università del mondo. Una valutazione solo accademica delle pubblicazioni scientifiche non basta. E, forse, occorre fare una scelta di fondo.

Unibz dovrebbe focalizzarsi su alcuni insegnamenti legati a ciò che il territorio esprime, creando un forte vantaggio competitivo

Se crescere o no?

Direi che se puntiamo sugli aspetti che distinguono una Provincia che è molto cresciuta in questi anni,  Bolzano può diventare un’università internazionale. Per farlo deve concepire una strategia e, forse, dotarsi di una vera struttura manageriale che possa portare delle idee e realizzarle.

Oppure?

L’alternativa è ridimensionarsi. Tornare ad essere una “scuola” eccellente. Come lo era per fare la formazione per il corpo insegnante della Provincia di Bolzano. Conoscendo il governatore e i suoi dirigenti credo che questa opzione non esista. Ritengo però che, allora, questa crisi di crescita possa essere l’occasione per rendersi conto che un’Università è, in fondo, una grande impresa culturale. Produttore di conoscenza di alto livello che, però, deve dar conto dei propri risultati ai contribuenti e al territorio che deve accompagnare nel salto di qualità.

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Josef Fulterer Mo., 27.06.2022 - 06:13

Die Welt-besten und die Größten müssen wir nicht unbedingt sein. Es genügt wenn wir unsere Möglichkeiten, das Wissen und die Erfahrung dafür einsetzen, dass unser Land "für alle Bürger Lebens-wert auch für die Zukunft gestaltet wird."

Mo., 27.06.2022 - 06:13 Permalink
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Montali Marco Di., 28.06.2022 - 21:21

Ci sarebbero tante cose da dire su questa intervista che, per chi come me a unibz ci lavora ormai da anni, mette un po’ di tristezza. Mi fermo su due dati in particolare, e invito tutti ad informarsi davvero.

1) La provincia sembra mettere a disposizione risorse “praticamente illimitate”. Verifichiamo… nel 2021 la provincia di Bolzano ha investito lo 0,84% del PIL in ricerca e sviluppo - in crescita rispetto agli anni precedenti (https://news.provincia.bz.it/it/news-archive/653484). Nel lontano 2018 la Campania investiva l’1,3% (https://www.regione.campania.it/cittadini/it/news/primo-piano/2-edizion…). Recentemente il Piemonte raggiunge il 2% e l’Emilia Romagna il 2,5%, comunque ben lontani dall’obiettivo del 3% fissato dall’Unione Europea (https://www.regione.lombardia.it/wps/wcm/connect/95460fbd-9810-4715-841…).

2) I professori di unibz vengono pagati troppo? Anche in questo caso, mi concentro su un fatto centrale: che quando si danno numeri, vanno contestualizzati. Spesso gli indicatori di contratto che provengono dall’estero sono minimi sindacali, che possono essere ampiamente rivisti verso l’alto attraverso una fase di negoziazione (che in Italia, compresa unibz, invece non avviene). Poi ci sono gli aspetti legati alla pensione, ai servizi, alla negoziazione di risorse che, di nuovo, in Italia è un’altra fase che non esiste. Guardiamo la vicina Vienna - parlo di concorsi a cui ho partecipato. Primo esempio: https://informatics.tuwien.ac.at/news/1843. Secondo esempio (più recente): https://informatics.tuwien.ac.at/news/1993#salary-and-benefits. Si può facilmente verificare che i minimi sono sopra i 70K euro l’anno, e durante i colloqui mi è stato detto chiaramente che quelle cifre sono nettamente inferiori a quelle che vengono percepite.

Chiudo con un segnale di speranza: quello che ha dato Lampis nella breve intervista che segue a questa. Una speranza che nasce dal bellissimo connubio tra umanità e cultura.

Di., 28.06.2022 - 21:21 Permalink