Politik | L'analisi

Le insidie del censimento 2023

Il prossimo anno ci si dovrà dichiarare per la conta etnica ma almeno 40.000 persone non hanno idea di cosa sia la proporzionale e 230.000 ne farebbero a meno.
Gabbie etniche
Foto: Fondazione Alexander Langer Stiftung

Possiamo stare sereni, la tenuta del sistema autonomistico è garantita: con 2 anni di ritardo, nella seconda parte del 2023, si svolgerà il censimento linguistico che serve a determinare le consistenze dei gruppi per poi poter distribuire proporzionalmente i ricchi frutti dell’autonomia.

Ironie a parte, c’è però un problema di fondo. Nessuno lo ammetterà mai pubblicamente ma il fatto che la “conta etnica” sia per la prima volta sganciata dal censimento generale sotto sotto terrorizza amministratori e politici. I dati potrebbero essere, infatti, falsati da diversi fattori e riservare parecchie sorprese. La domanda che viene da porsi è: visto che il censimento è paragonabile alle fondamenta dell’intera architettura autonomistica, siamo proprio sicuri che la soluzione migliore non fosse semplicemente quella di cristallizzare i dati del 2011?

Non sono poche, come vedremo da una statistica ufficiale ASTAT, le persone dubbiose sul fatto che lo strumento del censimento e ìa sua figliola, la proporz, producano una reale equità. Anzi, forse andrebbe detto chiaramente che la “proporzionalità” serve a dare una parvenza di equità buona per garantire la pace sociale, ma è semmai garanzia di iniquità. Non vi è dubbio che per garantire un’equa (in base ai principi costituzionali) divisione delle risorse pubbliche l’unico criterio dovrebbe essere quello del bisogno e non “dell’appartenenza ad un gruppo etnico”. Un concetto quello della ripartizione basata esclusivamente su base etnica, che nel 2022 dovrebbe far venire i brividi anche ai pasdaran della conservazione. Se ne potrebbero fare decine, ma facciamo solo un esempio: ottenere una casa Ipes, visti i prezzi di mercato, equivale a una vincita di 500.000 euro al Gratta e vinci. Vedersela assegnata prima perché ci si dichiara italiani invece che tedeschi, o il contrario, è un criterio a cui siamo abituati ma per molti che vedono il tutto da fuori la procedura è un po' difficile da comprendere. Certo che reintrodurre ora questo criterio come prevalente rispetto al bisogno dovrebbe essere quasi da esposto penale. Ma, comunque la si veda, è un dato di fatto che la geniale opera di ingegneria costituzionale chiamata Autonomia, unita al mutamento di Zeitgeist, abbia contribuito a garantire la pace etnica e, di rimando, anche quella sociale. E di questo progresso rispetto agli anni Ottanta hanno dovuto prendere atto anche la gran parte dei critici del sistema, fossero seguaci langeriani o delle destre italiane e tedesche. Detto questo l'impressione è che il censimento nel 2023 si faccia solo perché è un dogma sancito dallo Statuto, ma che il mega sforzo organizzativo per realizzarlo e le conseguenti spese abbiano davvero senso sarà tutto da dimostrare.

 

Cosa pensiamo della proporz?

Si diceva della statistica Astat. Occorre premettere che è stata pubblicata il 22 luglio 2022, con mezzo Sudtirolo al mare, ma in questi tempi di camomillizzazione generale sarebbe probabilmente rimasta lettera morta anche se fosse stata pubblicata il 10 marzo. Cosa dice, dunque, lo studio su “Accezioni del concetto di madrelingua e opinioni sulla proporzionale - Giugno 2022”? C'è scritto proporz ma va da sé che il concetto sia legato a doppio filo a quello di censimento etnico. Nessuno dei due, infatti, avrebbe senso di esistere senza l’altro.

Primo dato messo in rilievo dall’Astat: al 13% dei cittadini e delle cittadine tra i 18 e gli 80 anni il concetto di “proporzionale” non dice niente. La percentuale sembra bassa, ma parliamo di almeno 40.000 persone che non hanno idea di a cosa diavolo serva partecipare al censimento linguistico.

Secondo l’istituto di statistica nel complesso lo strumento della proporzionale raccoglie il consenso della maggior parte della popolazione: il 54%. Chi pensa se ne possa fare a meno può esser stimato al 46%, parliamo, dunque, a spanne di 230.000 persone. Un esercito. Tra chi è proprio contrario alla proporz (33%), metà la vede come "ingabbiamento etnico" e metà semplicemente la ritiene superflua. Nella città di Bolzano si registra il massimo di contrari (50%). Anche chi ha un’istruzione medio-alta è più spesso contrario (42% contro 26% degli altri) al mantenimento della proporzionale. Molto nette sono poi le differenze per gruppo linguistico: tedeschi e ladini sono favorevoli rispettivamente al 62% e all’85%, mentre gli italiani lo sono solo nel 33% dei casi. Tutto normale?

Leggiamo i dati al contrario: chi avrebbe mai pensato che il 48% delle persone di lingua tedesca e il 67% di quelle di lingua italiana fossero contrarie alla proporzionale e, quindi, possiamo desumere, al censimento linguistico? Sono numeri incredibili, che dovrebbero far riflettere anche i custodi dello Statuto dotati di un minimo di onestà intellettuale.

E’ ovvio che la gran parte dei contrari nel 2023 parteciperà per dovere civico alle operazioni censuarie, ma essendo il numero di perplessi così alto, e non essendo prevista alcuna sanzione per chi non si dichiara, non sarebbe giusto chiedersi cosa accadrebbe se anche una piccola percentuale di cittadini dovesse “obiettare”? I dati sarebbero attendibili? E avrebbe senso impiegarli per decidere quante case assegnare "ai tedeschi" e quanti soldi dare alla "cultura italiana"?

 

Altro aspetto rilevante. I più anziani ricorderanno che nel 2001 i rilevatori entravano nelle case e, i cittadini, dopo aver fornito tutti i dati sull’abitazione e mille altre cose, dovevano compilare la dichiarazione di appartenenza etnica su tre fogli “copiativi”. La dichiarazione nominativa vincolante (quella che veniva poi presentata ad esempio per i concorsi) forzatamente corrispondeva dunque anche a quella che veniva girata all’Astat per calcolare la consistenza del gruppo linguistico. Una vera gabbia etnica.

Nel 2005, per evitare una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, su spinta dell’associazione Convivia, la Commissione dei Sei presieduta dall’allora procuratore Guido Rispoli trasformò il censimento linguistico in anonimo, inserendo però tutta una serie di labirintiche limitazioni per complicare i “cambi di comodo”. Per evitare guai le dichiarazioni nominative rilasciate nel 2001 vennero tenute valide e da quel momento in poi i 18enni ogni anno venivano invitati a presentare la dichiarazione che veniva poi custodita in Tribunale. Nel 2011, invece, il censimento fu svolto per la prima volta in forma anonima. Cioè: le dichiarazioni rilasciate ai rilevatori che andavano casa per casa vennero considerate solamente a fini statistici e nessuno è poi andato a confrontarle con quelle depositate in Tribunale dal 2001. La porta della gabbia etnica non era quindi più chiusa a doppia mandata ma socchiusa e dava pure ai soggetti la possibilità di uscire, farsi un giro, e, al limite, entrare in una gabbia etnica diversa. Detto più esplicitamente: una persona di madrelingua italiana (o tedesca) che nel 2001 si era dichiarata ufficialmente tedesca (o italiana) per avere più chance di ottenere un lavoro nel pubblico o per vedersi assegnata una casa Ipes a Bolzano, nel 2011 aveva potuto tranquillamente dichiararsi in modo diverso, senza che questo comportasse alcun problema. Una conquista non di poco conto.

 

I dati del 2011

Non si può sapere se alla totalità dei dichiaranti nel 2011 il concetto di censimento anonimo fosse chiaro, ma, un po’ a sorpresa il gruppo italiano ebbe un calo infinitamente più basso di quanto ci si aspettasse. Nell'ultima rilevazione si dichiararono appartenenti al gruppo linguistico italiano il 26,06% dei cittadini (meno 0,41% rispetto al 2001), a quello tedesco il 69,41% (più 0,26%) e a quello ladino il 4,53% (più 0,16%).

"Gli spostamenti sono lievi e si mantengono entro lo 0,5%: questa stabilità dei dati del censimento linguistico rispetto a dieci anni fa dimostra che le dichiarazioni sono ed erano veritiere e che quelle di comodo non erano rilevanti. È una conferma che i cittadini sono soddisfatti all'interno del rispettivo gruppo”, disse allora Luis Durnwalder.

Vedendo i dati assoluti assoluti, le dichiarazioni valide per il gruppo italiano erano state 118.120, quelle del gruppo tedesco 314.604, quelle dei ladini 20.548. Le dichiarazioni non valide erano state 4934 (13mila dieci nel 2001 le buste riconsegnate vuote 435 (3mila nel 2001). Le dichiarazioni di aggregazione (il cosiddetto "altro") sono state 7.625, pari all'1,68%: nel 2001 erano 9.500. Questa ultima possibilità, va ricordato, era stata inserita per le persone che per un motivo o per l’altro (in buona parte mistilingui o stranieri) non si sentono di appartenere ad uno dei tre gruppi “ammessi dal sistema autonomistico” – italiano, tedesco, ladino – ma, va detto, è una vera presa in giro in quanto comunque queste persone devono alla fine scegliere a quale gruppo aggregarsi.

Le dichiarazioni nominative

Questi, dunque, erano i numeri del 2011 per il censimento anonimo a fini statistici. Da una interrogazione dei Verdi del 2021, apprendiamo che le dichiarazioni nominative depositate in Tribunale (quelle che vengono usate dai singoli cittadini per lavoro, contributi …) erano 475.000 nel 2020, ed, aumentando con un ritmo di 6.000 all’anno (i 18enni) si può desumere che ora siano 481.000.

E quanti saranno gli altoatesini che dovranno partecipare al censimento anonimo nel 2023? “Sono – risponde Timon Gärtner, direttore dell’Astat -  circa 480.000 mila, dai circa 535.000 residenti vanno sottratti quanti non sono in possesso della cittadinanza italiana. Non sono previste sanzioni ma al censimento devono partecipare tutti, come avviene con le elezioni. Noi faremo una massiccia opera di comunicazione e confidiamo nella buona volontà della popolazione. Ci si potrà dichiarare tramite i rilevatori che andranno casa per casa con un solo foglio da compilare molto velocemente. I 14enni possono dichiararsi autonomamente, i genitori di figli minori di 14 anni dovranno invece farlo per loro”.

Dichiarazioni cartacee nominative depositate in Tribunale a partire dal 2001 e “aventi diritto” per il censimento anonimo del 2023 corrispondono. Perché il prossimo anno il censimento abbia un senso dal punto di vista statistico, dunque, ci vorranno almeno 480.000 dichiarazioni anonime valide.

Si dovrà creare un software ad hoc, iper sicuro in termini di tutela della privacy, e che, per dire, consenta inoltre anche ai cittadini che non vogliono farlo di non scegliere. Immaginiamo si debba anche dare la possibilità di fornire dichiarazioni non valide come le 4.934 persone che lo hanno fatto nel 2011 o di lasciare tutto in bianco come i 435 che l’ultima volta lo hanno fatto sicuramente per protesta. Dal punto di vista informatico forse la cosa non è immediata ma un modo, è certo, si troverà.

Alla luce di quanto scritto finora, visto che si dovranno spendere diversi milioni di euro per la rilevazione e vista la sostanziale coincidenza di risultati tra il 2001 e il 2011 non era più sensato cristallizzare gli ultimi  dati disponibili? Siamo inoltre sicuri che sia sensato mettere di fronte alla scelta di schierarsi ragazzini di 14 anni, magari di famiglia mistilingue o con background migratorio?

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Alberto Stenico Mo., 05.12.2022 - 07:33

"Aus Liebe zur Wahrheit.......", lo Statuto di Autonomia all'articolo 15 prevede che "La Provincia di Bolzano utilizza i propri stanziamenti destinati a scopi assistenziali, sociali e culturali in proporzione diretta alla consistenza di ciascun gruppo linguistico e in riferimento alla ENTITA' DEL BISOGNO del gruppo medesimo,....". Vale e si applica anche nel settore della casa, ovviamente.

Mo., 05.12.2022 - 07:33 Permalink
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Karl Gudauner Mo., 05.12.2022 - 09:17

Il censimento etnico è un tema spinoso fin dalla introduzione della proprozionale. Ottima idea avviare un dibattito. Come sempre, sarebbe opportuno partire dalla normativa e dai dati di fatto: Dove è applicabile la proporzionale? Dove è applicata attualmente ed in quale forma? Quali spazi di flessibilità ci sono e sono stati utilizzati? È necessario preservare la regola della proporzionale? Come risolvere le contrapposte rigidità tra fautori ed avversari della proporzionale? Quali alternative si potrebbero prendere in considerazione? Quali sono le sfide attuali di un contesto sociale mutato? Qual'è il costo sociale di una regola molto combattuta? Proporrei di evitare di utilizzare terminologie che rendono difficile una analisi distaccata. Se partiamo dal concetto di gabbie, non riusciamo ad uscire dall'intrinseco vortice emotivo.

Mo., 05.12.2022 - 09:17 Permalink
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Stefan S Mo., 05.12.2022 - 17:56

Antwort auf von Karl Gudauner

"Se partiamo dal concetto di gabbie, non riusciamo ad uscire dall'intrinseco vortice emotivo."
Sehe ich auch so und dies wird man nur erreichen wenn man das Thema der Integration ernst nimmt und das von Beiden Seiten. Bedeutet die italenische Sprachgruppe sollte sich auf den Sprach- und Kulturraum einlassen und die Südtiroler eine Integration zulassen. Gute Beispiele gibt es genügend fehlt nur noch der politische Wille. Ein erster und sinnvoller Schritt wäre die Harmonisierung des Schulsystem um diese angelernte Trennung zu überwinden.

Mo., 05.12.2022 - 17:56 Permalink
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Peter Gasser Mo., 05.12.2022 - 13:48

Sie stellen hier fortwährend Behauptungen auf: würden Sie diese auch belegen (sonst ist dies lediglich eine Meinung).
Können Sie der Information, dass viele italienische Arbeitnehmer nach Erreichen der Pension wieder in deren Herkunftsgebiete heimgekehrt sind, nichts abgewinnen? Oder dem Umstand, dass Ihre “compressione” simpel und einfach zusätzlich demographisch begründet ist: zu wenig Kinder?
Auch auf den Umstand, dass man einfach keine Lust hat, die jeweils 2. Landessprache ausreichend zu lernen?
3 Fragen.

Mo., 05.12.2022 - 13:48 Permalink
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Salto User
Sepp.Bacher Mo., 05.12.2022 - 14:32

Antwort auf von Peter Gasser

"dass viele italienische Arbeitnehmer nach Erreichen der Pension wieder in deren Herkunftsgebiete heimgekehrt sind," Auch andernorts kehren Zugewanderte im Alter wieder zurück, wenn sie dort noch Beziehungen haben. Außerdem können Rentnerinnen und Pensionisten in den meisten Regionen Italiens viel billiger leben und die Pension hat wieder eine höhere Kaufkraft. Das ist ein wichtiges Argument!

Mo., 05.12.2022 - 14:32 Permalink
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Stefan S Mo., 05.12.2022 - 17:38

Antwort auf von Peter Gasser

"Können Sie der Information, dass viele italienische Arbeitnehmer nach Erreichen der Pension wieder in deren Herkunftsgebiete heimgekehrt sind,"
Ist das wirklich so? Gibt's da eine Statistik in Südtirol?
Ich habe da beim spiegeln auf D ganz andere Erfahrungen gesammelt. Die ersten Gastarbeiter in D kamen überwiegend aus dem Süden Italiens und ich hatte in den 90er Jahren viele Mitarbeiter die alle den gleichen Wunsch hatten nach der Pensionierung wieder in die Heimat zurückzukehren. Gegangen sind jetzt die aller wenigsten, entweder waren Sie auch durch Ihre Kinder schon sehr weit integriert oder Sie kamen wieder zurück nach D weil die Heimat eine andere war als Sie diese vor 30-40 Jahren verlassen haben. Ein paar Wochen im Jahr Heimaturlaub haben da auch nicht gereicht um die sozialen Kontakte zuhalten. Zu dieser Thematik gab es auch schon diverse Dokus.

Mo., 05.12.2022 - 17:38 Permalink
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Dennis Loos Mo., 05.12.2022 - 14:54

Naturalmente per riequilibrare si doveva anche comprimere. È come con le quote rosa, se prima c'erano 95% maschi per equilibrare bisogna pure dare la precedenza alle donne. Mi scusi ma allora bisognava continuare a subire l'ingiustizia fascista che aveva cancellato l'amministrazione tedescofona?

Mo., 05.12.2022 - 14:54 Permalink
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Alberto Stenico Do., 08.12.2022 - 06:41

Caro Fabio Gobbato: tra proporzionale pura (censimento) e rilevamento del fabbisogno (punteggio per la casa) viene applicata la MEDIA PONDERALE tra i due fattori, proporzionale e fabbisogno.

Do., 08.12.2022 - 06:41 Permalink
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Liliana Turri Sa., 10.12.2022 - 13:13

"Bedeutet die italenische Sprachgruppe sollte sich auf den Sprach- und Kulturraum einlassen und die Südtiroler eine Integration zulassen. ... fehlt nur noch der politische Wille. Ein erster und sinnvoller Schritt wäre die Harmonisierung des Schulsystems, um diese angelernte Trennung zu überwinden." Condivido quanto qui riportato e espresso da Stefan S. Ho affermato in più parti di essere per l'istituzione aggiuntiva di un sistema scolastico che fin dalla scuola dell'infanzia offra un "insegnamento" bilingue rispetto alle due lingue principali del territorio ed uno secondo il metodo CLIL (content and language integrated learning) per quel che riguarda la lingua straniera, di solito l'inglese, negli anni successivi. Vedasi scuola ladina. Deve cmq rimanere la libertà di scegliere la sezione con insegnamento monolingue (l'attuale scuola tedesca o italiana), per chi vuole in primis vivere la propria lingua e la propria cultura separatamente. La separazione in provincia avviene soprattutto in base alla lingua che si parla, è quella che fa la differenza. Essa si apprende soprattutto a scuola, la prima istituzione che mette in atto la separazione. Il dialetto sudtirolese è un grosso impedimento al bilinguismo per gli italiani, ma nella scuola per l'infanzia viene appreso dai compagni di gioco sudtirolesi come fosse la propria lingua. E posso dirlo per testimonianza diretta, usato anche in seguito con l'attaccamento che si ha per la propria lingua. Trovo questo il miglior modo per l'armonizzazione del sistema scolastico e per il superamento della separazione. Come sostenuto da Stefan S.

Sa., 10.12.2022 - 13:13 Permalink
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Peter Gasser Sa., 10.12.2022 - 15:18

Noch einmal, da Sie im Dialog auf Fragen nie eingehen:
Zitat: “Il dialetto sudtirolese è un grosso impedimento al bilinguismo per gli italiani...”:
was für ein Drama mit dem Dialekt muss das dann für die Italiener in der Schweiz sein - obwohl: ist es das dort wirklich?

Sa., 10.12.2022 - 15:18 Permalink
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Peter Gasser So., 11.12.2022 - 11:02

Antwort auf von Liliana Turri

Das ist ein systematisch verwendeter Trick im Dialog hier durch Turri und Marcon, dass jedes nicht passende Argument bzw. jeder relativierende Hinweis als “Ciò non è cmq rilevante” abgelehnt wird.
Natürlich ist der Hinweis auf die Schweiz “rilevante”, wenn es um den Dialekt geht, und natürlich ist es auch der Hinweis, dass in Südtirol tausende Bürger aus anderen europäischen Staaten genauso arbeiten wie Mitbürger italienischer Muttersprache, aber sich wegen des Dialekte nicht diskriminiert fühlen.
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Ich habe dies bereits ganz zu Anfang dieser Artikel- und Kommentarreihe der beiden Schreiber ahnungsweise und gefühlt ausgedrückt, mitten drin benannt und sehe dies nun beim Kommentator Klotz ebenso angeführt:
“È qui che casca l'asino. Il problema non lo si risolve certo con il famigerato "siamo in Italia", che, mi perdoni, trasuda neppure tanto velatamente dalle sue affermazioni”.
Hierin sehe ich die eigentliche Intention, eine Art Widerwille, Abneigung, dagegen, dass der/das Andere, die andere Sprache gleichbedeutend und im Ursprungsgebiet geschützt sind.

So., 11.12.2022 - 11:02 Permalink
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Liliana Turri Mo., 12.12.2022 - 10:41

Antwort auf von Peter Gasser

Sicuramente è importante e potrebbe dare spunto a soluzioni il confronto con altre situazioni in cui si presentano problemi con aspetti comuni. Ma se allargassimo il campo confrontandoci con ciò che non conosciamo a fondo, soprattutto non in modo aggiornato e quindi non viviamo direttamente, ci perderemmo a mio parere in uno spazio sconfinato senza la possibilità di focalizzarci sul territorio in cui viviamo e la sua specificità. Per cui a mio modesto parere varrebbe la pena di riferirsi a casi che conosciamo a fondo e che ci possono fornire esempi di soluzioni.

Mo., 12.12.2022 - 10:41 Permalink