Quello che non si capisce, di
Quello che non si capisce, di questo periodo, è se sia uno spazio di tempo interlocutorio prima di un qualcosa di davvero brutto- tipo repubblica di Weimar- oppure se davvero il peggio è passato....
Qualche giorno fa osservavo mia figlia, di 21 mesi, intenta a provare ciò che per lei, fino a poche settimane prima, rappresentava una sfida quasi impossibile: saltare giù dal divano. Una sfida che l'ha portata a mettersi in gioco, a combattere le sue paure e a rischiare un fallimento, sapendo però che la posta in gioco era alta. Riuscirci infatti voleva dire conquistare un nuovo spazio di libertà, un pezzetto ulteriore di quel futuro che ogni giorno interagisce e cresce insieme a lei. Proprio questo suo piccolo salto verso la vita mi ha fatto capire che noi adulti, in fin dei conti, non siamo così diversi da lei. Affrontiamo ogni giorno sfide insidiose che ci portano inevitabilmente a confrontarci con noi stessi e con la società che ci circonda. Spesso però decidiamo di fermarci sul bordo del divano, frenati dalla paura dettata dal nostro istintivo bisogno alla conservazione e alla sicurezza. Il cambiamento infatti rappresenta un'incognita, il confronto mostra le nostre incertezze, e così ci ritroviamo seduti nella comodità apparente di una vita già vissuta o nell'attesa che qualcuno spicchi il salto prima di noi per poi osservarne le conseguenze. I fatti di questi mesi mostrano come non solo in Italia o in Europa, ma anche in Alto Adige, si è alzato il vento del cambiamento.
Attenzione però a non decifrare tale situazione in modo univoco. Se da un lato infatti le nostre aspettative diventano sempre più esigenti di novità e cambi di rotta, dall'altra parte la paura di perdere ciò che ci siamo garantiti fino ad ora espone la scena politica e sociale ad una deriva conservatrice o relativista. Partendo dal presupposto, innegabile, che stiamo vivendo un periodo di forte crisi, la naturale e immediata conseguenza a tale situazione è il caos. Dalla confusione però possono (e spesso è davvero così) nascere rischi e pericoli che si nutrono della speranza e delle aspettative di chi rivendica il bisogno di un cambiamento. Queste minacce derivano direttamente dalla deliberata forzatura da parte di alcuni di un processo che invece richiederebbe tempo, impegno e condivisione. Condividere infatti porta gli esseri umani ad un confronto reciproco, dove però spesso tende a prevalere chi si presenta come il più forte, chi urla di più, chi riesce a zittire il suo interlocutore. Una sorta di legge della giungla che, la storia ce lo insegna, ci ha più volte trascinato nell'abisso della violenza e dell'intolleranza. Un germe non ancora debellato nella nostra società e che, latente, è sempre pronto a contagiare la massa non appena le difficoltà politiche ed economiche di un Paese creano terreno fertile per la demagogia e il populismo. Ma davvero la soluzione migliore è quella che richiede il minor sacrificio? Se davvero desideriamo guardare al futuro con occhi nuovi e con la concreta speranza di poter cambiare le cose, dobbiamo anche capire che il salto che ci apprestiamo a spiccare impone un processo nuovo, di rispetto e condivisione dal basso. Una strada che richiede coraggio, anche di sbagliare, ma soprattutto di abbattere quelle anacronistiche barriere che ancora oggi ci impediscono di compiere quel piccolo grande salto verso il futuro.
Quello che non si capisce, di questo periodo, è se sia uno spazio di tempo interlocutorio prima di un qualcosa di davvero brutto- tipo repubblica di Weimar- oppure se davvero il peggio è passato....
Credo che di periodo interlocutorio si possa parlare senza alcun dubbio. Sia a livello nazionale che provinciale. proprio come dici tu però bisogna vigilare affinché questo non si trasformi in una deriva pericolosa. Alto Adige e Italia sono davanti ad un bivio, vedremo quale strada ci decideremo a prendere e credo che il 2013 ci darà importanti indicazioni