“Il verde agricolo? Non è un dogma”
salto.bz: Architetto Boschetti, insieme a Francesco Sbetti lei è curatore scientifico del format “Officina delle visioni 39100 BZ”, la serie di incontri pubblici che ha contribuito ad alimentare l’ampio dibattito sull’urbanistica nella città capoluogo. Soddisfatto di questa prima fase?
La nostra serie di incontri è servita. La spinta data da Francesco Sbetti e dal sottoscritto ha supportato l’articolazione di un dibattito sul quale Bolzano è ferma da molto tempo. Non si può procedere solo a colpi di slogan sui giornali: dev’esserci una discussione politica messa “a sistema” e che si regga su un processo di transizione ecologica. Servirà poi una sintesi, nonché l’indispensabile coinvolgimento e partecipazione “dal basso” dei cittadini: una soluzione univoca, calata dall’alto, sarebbe piena di errori e inciampi. Pensiamo a degli “Stati generali” dove, a partire da esperienze fuori Bolzano, si sedimentino delle proposte concrete capaci d’inchiodare alle proprie responsabilità chi è oggi al governo. Credo addirittura che si possa costruire una visione “Piano ombra”.
È una sfida lanciata all’attuale Giunta comunale?
Non vogliamo portare la poltrona a qualcuno. Il nostro è un lavoro serio e necessario a Bolzano, che da città esemplare è diventata per certi versi il fanalino di coda. È l’ultima speranza, l’ultimo pertugio verso il futuro. Questa Giunta è poco avvezza al confronto sui temi urbanistici. Il dibattito sull’urbanistica è, in generale, sempre allergico per sindaci e governi, a meno che non ci sia una particolare propensione personale. Ed è un dibattito di per sé “divisivo”, a maggior ragione nel momento in cui occorre assumere delle decisioni a volte impopolari, soprattutto di fronte ai cambiamenti climatici.
Bolzano è ferma da molto tempo, questa Giunta è poco avvezza al confronto sui temi urbanistici. Non si può procedere solo a colpi di slogan sui giornali.
In quale direzione vorreste condurre il dibattito bolzanino?
Serve costruire un pensiero sistematico, un ragionamento tecnico-politico che ritengo fondamentale: l’idea di dare risposte in termini di città “vasta”, “allargata” non può essere letto in maniera distinta dal fabbisogno abitativo che è crescente, soprattutto in una conca. Al contempo c’è un’esplosione dei costi di costruzione e un’insostenibilità economica sul piano tecnico, cui si aggiunge l’incapacità della politica di gestire e calmierare l’offerta: sull’affitto e sul convenzionato, senza un aiuto publico si fa fatica a ridimensionare i prezzi. Così come serve un approccio un pochino più “fisiocratico” all’interno dell’uso dei suoli.
Ovvero?
Se c’è una domanda abitativa soprattutto di fascia medio-bassa, non si può rispondere soltanto con “basta consumo di suolo”. Bisogna capire la natura dei suoli, il loro vero valore. Ci sono suoli “liberi” probabilmente più problematici di suoli attualmente “occupati”. E una politica della casa che vada solo a recuperare suoli liberi non è sufficiente. Vanno poi considerati i corsi dei fiumi e le aree idrogeologiche pericolose, lo vediamo bene con quanto sta accadendo in Emilia-Romagna. Infine c’è il tema delle infrastrutture, estremamente divisivo. Cosa vuol dire, poi, mobilità? Da un lato abbiamo lo sviluppo che guarda alle soluzioni tecnologiche, ad esempio agli avanzamenti nell’ambito della ricerca in campo automobilistico, dall’altro il tema essenziale del ritorno a una dimensione umana della città: città più lente, verdi, sostenibili, che non significa rinuncia alla tecnologia.
Visioni contrapposte. Quale scegliere?
Ci vuole una netta presa di posizione. Non sono tra quegli architetti e urbanisti che credono nella bilancia tra grandi infrastrutture di circonvallazione, ponti e gallerie e la riduzione del traffico in città. Magari si risolvono alcune questioni, ma s’accentrano altri problemi, non ultimo ambientali, rendendo sempre più artificioso il territorio. Intorno a quelle infrastrutture, crescono degli appetiti. Credo si possa dire, in modo netto, che un certo tipo di mobilità in città non sia più sostenibile e si debba puntare su un trasporto pubblico sempre più capillare, anche in un’ottica di “città vasta”.
Non sono tra quelli che credono nella bilancia tra grandi infrastrutture di circonvallazione e la riduzione del traffico in città.
E la proposta di costruire alloggi in Zona industriale?
Ci sono tante sfumature, non solo quel “costruiamo in zona produttiva” che io trovo inaccettabile. Penso all’utilizzo di alloggi su base temporanea, perché la temporaneità può dare residenzialità, ad esempio costringendo i grandi patrimoni a rimettere in circolo dello sfitto o dei vani che non sono residenziali. Se la nostra economia ha bisogno di famiglie e persone che vengono qui per lavorare…
L’elefante nella stanza è la necessità di trovare nuove aree di espansione?
Due o tre, ripeto, nella logica fisiocratica. Un vuoto non va visto esclusivamente come vuoto, va compresa la tipologia di suolo e quanto sia funzionale all’economia e all’ambiente.
Secondo lei “verde agricolo” significa tutto e niente?
Non è un dogma, lo dico da ambientalista. Non si può avere una visione ideologica: ne occorre una tecnicamente pertinente.
Da capofila nella riflessione urbanistica quale era, soprattuto durante la stagione di Silvano Bassetti, Bolzano oggi rinvia alle calende greche la propria pianificazione urbana. A livello politico riemergono così le tradizionali polarizzazioni, tra strenua difesa del “verde agricolo” da un lato e richiesta di sempre nuovi alloggi e nuove aree edilizie dall'altro. Come se ne esce?
È tutto fatto per slogan, manca la costruzione a sistema. Il vero nodo è capire le istanze della città, e queste puoi costruirle solo con i cittadini stessi. Bisogna costringere non solo il Comune, ma anche la Provincia e i Comuni limitrofi a prendere atto di questa necessità. Altro non è che un percorso molto aperto, discusso, partecipato, come a suo tempo fece Silvano Bassetti. Sull’Areale ferroviario, per esempio, c’è il fumo totale: ma i cittadini hanno il diritto di sapere come stanno davvero le cose. Il Masterplan elaborato anni fa rappresenta un indicatore, certo, ma è stato messo nel cassetto.
Sull’Areale ferroviario c’è il fumo totale. I cittadini hanno il diritto di sapere come stanno davvero le cose.
Bisogna proporre un “Piano urbanistico ombra”, come diceva?
I Piani sono la garanzia di una collettività. Non si possono ignorare le volontà dei cittadini. La disillusione a partecipare è frutto di questa separazione netta tra politica e cittadinanza, un po’ come tra strada carrabile e ciclabile. L’abitudine a discutere si perde, e non è facile portare attorno allo stesso tavolo associazioni dove ognuna ha il suo punto di vista. Senza una filosofia generale discussa con la città ci si ritrova con un referendum “pro o contro” il tram. Vogliamo imparare dagli errori?
L’impressione è che ognuno mantenga la propria posizione precostituita…
Il rischio è che il dibattito sia sempre deduttivo. Quando si parla di aree produttive, non ci si può immediatamente riferire alla norma, per esempio in ambito acustico. Il punto è: ha senso oppure no? E nel caso avesse senso, quali sarebbero le modalità? Prima va costruita una visione prospettica, poi si torna alla norma ed eventualmente si appongono dei correttivi. Non ci si può bloccare su ciò che è possibile oppure no: serve il pragmatismo visionario di Silvano Bassetti. Personalmente, ho un debito culturale e intellettuale verso Silvano. Grazie a lui ho lavorato in tutto il mondo. Per questo voglio dare una mano a Bolzano, sostenerla con un po’ di scientificità. Poi però servirà la politica.
Togliere anche il poco verdi
Togliere anche il poco verdi rimasto?
Das war mal die Ideologie der Betonierer.
Finalmente una persona seria
Finalmente una persona seria che non si ferma a criticare ma propone. Spero presto di poter vedere le proposte in concreto. Detto questo Bolzano Bozen è la capitale e per questo vorrei che tutti i soggetti fossero interessati e che rappresentasse questa terra nel suo complesso, in chiave moderna.