"Sanità? Il problema sta nei vertici"
-
Elio Dell’Antonio, il suo impegno politico nel PD è tutto dedicato alla salvaguardia della sanità pubblica. Come è possibile avere un problema di tutela della sanità pubblica anche in una provincia che è in grado di spendere 1,6 miliardi di euro per il settore?
E’ indubbio che anche qui in Alto Adige ci sia un forte rischio privatizzazione. Il settore, che è dotato di un così ampio bilancio, attrae gli speculatori. I profitti che si possono fare con la salute delle persone sono enormi. Basti pensare a quanto sia importante il settore di mercato della sanità negli Stati uniti. Nel resto d’Italia si va verso la privatizzazione per definanziamento. Qui da noi, invece, abbiamo un finanziamento mediamente più alto del 20% rispetto a quello dell’Italia a causa di una pessima gestione del servizio pubblico. Pessima gestione che si protrae almeno dal 2007, da quando cioè è stata creata l’azienda sanitaria unica. Da allora si sono succeduti tre direttori generali: i primi due (Fabi e Schael, ndr) hanno dovuto lasciare l’incarico anzitempo e sono stati risarciti con molti soldi pubblici. Al terzo (Zerzer, ndr) è stato da poco prolungato il contratto ma è noto a tutti che stia affrontando tutta una serie di problemi che qui non è il momento di approfondire. Credo dunque ci sia un problema di selezione dei direttori generali, e di cosneguenza abbiamo un problema di competenza nella gestione amministrativa e sanitaria.
Chi ha impedito a Kompatscher di nominare un assessore alla sanità voleva una sanità pubblica debole.
Il suo partito, il PD, è stato al governo della Provincia fino al 2018. La tendenza di cui lei parla è così recente, o andrebbe fatta anche un po’ di autocritica? Il Pd, per dire, ha partecipato sempre anche alla spartizione delle nomine dirigenziali.
I problemi veramente importanti sono iniziati a sorgere con l’istituzione dell’azienda unica. In precedenza i 4 comprensori lavoravano in autonomia abbastanza bene. Nella sanità la responsabilità politica è sì di tutti i partiti di maggioranza, ma in particolare lo è degli assessori competenti, che sono sempre stati dell’Svp. Fino a 5 anni fa, e cioè fino a quando il PD era al governo, i problemi indubbiamente c’erano, ma non vi è dubbio che si siano ingigantiti a partire dall’ultima legislatura. E’ stato Thomas Widmann a avviare politiche che favorivano in modo molto netto la sanità privata anche, se, ovviamente, sotto traccia. Non a caso è nei prima anni della attuale legislatura che sono fioriti gli ambulatori privati e le cliniche private. E se i privati investono soldi in questo settore è perché qualcuno dà loro delle garanzie. Con l’uscita di Widmann questo fenomeno si è temporaneamente messo in standby. Non si è riusciti ad invertire la rotta perché all’interno della Volkspartei, la corrente che sosteneva Widmann ha impedito di nominare un nuovo assessore alla sanità. Non ho dubbi sul fatto che il presidente Kompatscher sia un fautore del servizio sanitario pubblico. E anche lui è cosciente del fatto che qualsiasi problema si manifesti nella sanità pubblica fa gioco ai privati. Questo mette anche me nella condizione delicata di dover prestare una grande attenzione quando avanzo delle critiche. Per questo tengo a precisare che il nostro sistema sanitario ha dei problemi ma anche grandi potenzialità non sfruttate, per le ragioni che dicevo prima. I nostri cittadini e gli operatori dell’azienda sanitaria hanno diritto ad una sanità che funzioni meglio. Se ci sono delle problematiche che non vengono risolte, questo fa il gioco dei privati. E su questo si è speculato negli ultimi anni. Chi ha impedito a Kompatscher di nominare un assessore alla sanità voleva una sanità pubblica debole. Rammento, inoltre, che nell’ultima legislatura al governo c’era anche la Lega che in Lombardia con la sanità privata è andata nella stessa identica direzione.
-
Abbiamo però alcuni problemi, uno particolarmente grave, ad esempio, è quello della informatizzazione sanitaria. Un vero scandalo
A proposito di sanità privata, di recente è stato annunciato che sarà possibile effettuare, oltre alle normali visite, anche interventi chirurgici in privato alle interne delle “mura” ospedaliere. La strada giusta? Una sanità a due velocità: chi ha soldi viene curato in tempi normali, chi non li ha, in tempi biblici?
Questa è una domanda complicata. Sicuramente in questo momento il livello di gestione aziendale non permette di trovare altre soluzioni se non questa, che è, però, la peggiore delle possibili soluzioni. Le migliori soluzioni non vengono messe in campo per problemi di gestione. Apro una parentesi: di liste d’ attesa ne parliamo dal 2007. Domando: è possibile che si parli per 16 anni di un problema senza avere una chiara conoscenza di dove stanno le cause e quindi non vi sia nemmeno una strategia per risolverlo? Mancano i dati, manca l’ascolto di medici e infermieri per raccogliere proposte su come affrontare il problema, manca il ricorso a strumenti come il pagamento di straordinari ai dipendenti. Sicuramente la soluzione degli interventi chirurgici in privato permette ad alcuni medici di rimanere all’interno del servizio pubblico. Una sanità privata che diventa sempre più potente attrae personale medico dal pubblico, e quest'ultimo si impoverisce. Dirigenti aziendali ci dicono che oggi come oggi la quota parte della spesa sanitaria pubblica per pagare le convenzioni private non è aumentata significativamente e rimane bassa rispetto ad altre realtà. Non considerano però una cosa: che sempre più sudtirolesi pagano prestazioni di tasca propria, cosa che non era mai successa in precedenza. Quindi i cittadini ‘investono’ nel privato perché il pubblico non riesce a dare le risposte che si attendono, e allora i cittadini richiedono al pubblico di stipulare convenzioni con i privati e quindi i privati arrivano a dettare legge. Perché? Perché la sanità pubblica non funziona. E perché non funziona? Non funziona a causa dei vertici. Le risorse che noi abbiamo sono importanti, le potenzialità ci sono, abbiamo personale preparato e motivato, abbiamo tecnologie all’avanguardie e buone strutture, e quindi la sanità pubblica dovrebbe funzionare. Abbiamo però alcuni problemi, uno particolarmente grave, ad esempio, è quello della informatizzazione sanitaria. Un vero scandalo.
Se lei fosse assessore alla sanità partirebbe da lì? O comunque quale sarebbe la primissima cosa che farebbe?
La mia impressione è che al momento attuale al centro dell’attenzione delle attività gestionali dell’azienda sanitaria non vi sia il paziente. Ecco, da domani credo che dovrebbe tornare al centro il paziente. Il paziente ha bisogno di cure. Il medico deve assumersi la responsabilità della salute dei pazienti, ma i medici devono essere messi nelle condizioni di lavorare al meglio, e questo è un compito che spetta alla direzione sanitaria. L’ultimo direttore sanitario, Josef Widman, si è mosso un po’ in questo senso. La direzione generale deve dare alla direzione sanitaria un’attenzione particolare, la direzione infermieristica deve supportare i trattamenti clinici e prevedere un’adeguata assistenza dei pazienti, e la direziona amministrativa deve supportare questi processi. Tutti questi attori devono ascoltare costantemente tutti gli operatori sanitari, i medici, gli infermieri, il personale tecnico e il personale amministrativo. Così credo che il nostro sistema sanitario potrà migliorare la propria efficienza.
-
Ma lei per eliminare le liste d’attesa infinite cosa farebbe?
Per prima cosa va detto che il problema non è generalizzato e che non c’è nessun paziente a rischio di vita che non venga trattato. Le prestazioni urgenti e prioritarie vengono prestate in tempi ragionevoli. In alcuni ambiti, e guarda caso, spesso nelle specialità che possono creare più valore aggiunto, le prestazioni programmate e differibili hanno tempi di attesa enormi. Questo fenomeno lo monitoriamo da molto tempo. Quello che non si spiega è perché in alcuni comprensori le cose vadano più velocemente, e perché nel tempo, con una gestione unitaria, non si riescano a risolvere i problemi. Quindi di nuovo le cause stanno nei deficit di organizzazione, che spesso sono legati anche al fatto che non si ascolta il personale.
Molti medici non tornano perché hanno la percezione di un sistema sanitario che non è all’altezza, che offre poche possibilità di carriera se non si ha la “provenienza” giusta.
Una parte del problema deriva anche dalla carenza di personale. E questa come si risolve?
Sul reperimento del personale sanitario il PD è stato forse il primo partito a sostenere il principio che le competenze sanitarie devono prevalere rispetto alla proporzionale etnica. Se un paziente ha bisogno di cure, ha bisogno di un medico, non di un professore di lingue. Poi è ovvio che chi opera in questa provincia deve arrivare alla conoscenza della seconda lingua, ma deve essere messo nelle condizioni di raggiungere l’obiettivo. Per avere personale sanitario non si può pensare a precettazioni annuali, per fortuna adesso abbiamo assunzioni di 5 anni a tempo determinato, ma a questi professionisti dobbiamo garantire che vi siano alloggi a prezzi accessibili per avere una buona qualità della vita. E poi dobbiamo chiederci un’altra cosa: perché la nostra provincia, con un numero elevato di studenti di medicina che studiano in Austria e Germania, ha così grandi problemi nel farli tornare nei nostri ospedali? Rispetto alla Svizzera qui ci sono stipendi significativamente inferiori e rispetto ad altri stati leggermente inferiori, è vero, ma io credo che molti non tornino perché hanno la percezione di un sistema sanitario che non è all’altezza, che è troppo burocratizzato e che offre poche possibilità di carriera se non si ha la “provenienza” giusta.
Perché un elettore dovrebbe scrivere il suo nome sulla scheda?
Ho quasi settant’anni, da sei sono in pensione perché sono stato caldamente invitato a lasciare il servizio dalla direzione generale in quanto ‘impopolare’. Ho accettato l’invito perché ritenevo che le condizioni per lavorare al meglio non mi fossero garantite. Ero il primario responsabile del servizio per le tossicodipendenze e nella mia carriera professionale ho sempre tenuto conto della valenza sociale del servizio che coordinavo. Il fatto di essere caldamente invitato a lasciare mi ha lasciato una piccola ferita, anche se ne ho guadagnato sul piano della qualità della vita. Ma dopo aver smesso mi è rimasto il desiderio di impegnarmi in prima persona per continuare a portare avanti il mandato sociale che sentivo di avere. Per questo ho iniziato a fare politica nel PD e ad occuparmi di sanità pubblica. Nell’occuparmi della tematica mi sono reso conto che le mie esperienze negative, per molti aspetti incredibili, erano comunque poca cosa rispetto a quello che vivono molti medici e molti infermieri nella sanità altoatesina. Per chi come me ha lavorato con passione, vedere persone competenti e valide che non riescono a realizzare quello che potrebbero perché vengono ostacolate, è una grande sofferenza. Per questo motivo ho deciso di candidarmi.
Io vorrei fare una sola…
Io vorrei fare una sola domanda?
Quanti Sudtirolesi si rivolgono a cliniche private convenzionate in Veneto, Trentino o Lombardia per essere operati di Protesi articolari, ernia al disco, Artoscopie ecc?
La provincia PAGA una tariffa extraregione, quindi un cosiddetto DRG addirittura più alto per ogni pazienteche va a curarsi nel resto d'Italia. Essendo la scelta del medico libera e addirittura un diritto costituzionale, allora perché non dare convenzione alle cliniche in Alto Adige? Almeno il reddito rimarrebbe in provincia.
Questo quesito sarebbe anche…
Questo quesito sarebbe anche una bella interrogazioni. Darebbe il polso della situazione. Quanti pazienti, ergo quanti soldi, vanno a farsi operare in cliniche convenzionate fuori regione? Quali discipline?
"il PD è stato forse il…
"il PD è stato forse il primo partito a sostenere il principio che le competenze sanitarie devono prevalere rispetto alla proporzionale etnica. Se un paziente ha bisogno di cure, ha bisogno di un medico, non di un professore di lingue."
Questo però vale soltanto se la lingua mancante è il tedesco...