"Una regressione riuscita"
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Qual è il rapporto fra letteratura e scienza? In quale misura la scienza può ispirare i poeti? Esiste una conoscenza che solo la letteratura può dare? Ed è possibile un reciproco profitto fra i due ambiti? Se ne parlerà domani e venerdì in un convegno che si tiene all’Eurac dal titolo Literatur und Wissen(schaft), malamente traducibile come letteratura e (cono)scienza. La notizia mi è giunta da due diverse newsletter provenienti da altrettante realtà di riferimento per la letteratura in Alto Adige, e cioè Literatur Lana e la SAAV, o Unione Autrici e Autori Sudtirolo. Bello, no?
Non proprio. Scorrendo la prima delle due newsletter, che fornisce i dettagli del convegno ed elenca i suoi relatori, si apprende che, oltre che di letteratura e scienza – un tema che, non fosse un termine fuori moda, definirei “universale” oltre che di attualità – si parlerà dei paesaggi alpini come spazi narrativi, di Dolomiti, di Ladinia e di romanzi che trattano della vita rurale e paesana. Sono aspetti, questi ultimi, che collimano in certa misura con alcuni settori di ricerca dell’Eurac, un ente che per il resto in trent’anni di vita non si è occupato di letteratura se non occasionalmente. E così, come si conviene, i saluti iniziali spettano a tre figure direttive: il presidente dell’Eurac Roland Psenner, la presidentessa della SAAV Rut Bernardi e il direttore dell’istituto per lo sviluppo regionale Thomas Streifeneder. Segue la cronografia delle sessioni, e al loro interno – e questo è il punto – non c’è un solo relatore di lingua italiana.
È la crisi di mezza età dello Statuto d’autonomia? O abbiamo semplicemente fallito nei nostri intenti?
Intendiamoci: non si può né qui si vuole dubitare delle buone intenzioni o della professionalità di organizzatori e studiosi. Questi ultimi conoscono lo stato della ricerca e i mediatori sanno bene cosa c’è di nuovo e buono in libreria – la presenza di Sepp Mall, forse il maggiore autore sudtirolese vivente, nominato di recente per il Deutscher Buchpreis, è garanzia di questo. Viene però da chiedersi, allora, perché al convegno non sia stato chiamato a intervenire uno studioso di fama come Carlo Romeo, del quale l’editore alpha beta ha pubblicato a inizio anno Scorci di un confine, ovvero il saggio più esaustivo che sia stato scritto sulla rappresentazione dell’Alto Adige nella letteratura di lingua italiana. Fosse l’unico, poi: non è forse, il suo stesso saggio, la miglior documentazione di ciò che è stato fatto e scritto anche in italiano, negli ultimi decenni, in direzione di un patrimonio letterario condiviso?
Ora, a meno che il professor Romeo o altri suoi colleghi non siano stati tutti impediti da motivi di salute, la spiegazione di questa mancanza può essere soltanto una: e cioè che la forma mentis degli organizzatori non prevedeva un convegno plurilingue che comprendesse la comunità italofona. Oggi, nel 2023. Possibile? Eppure con la stessa SAAV in anni recenti ne avevamo organizzati almeno un paio, di eventi del genere, lanciando segnali di politica culturale che speravamo chiari, e uno di questi convegni, con storici e studiose e artiste e artisti di diverse madrelingue, si tenne pure all’Eurac nel 2018. Che cos’è successo da allora se cinque anni dopo c’è ancora chi organizza convegni che lasciano fuori dalla rosa dei relatori un intero gruppo linguistico in un ambito, quello della letteratura, che è di per sé sovranazionale e che da qualche decennio mostra segni inequivocabili di dialogo e mescolanza fra tutte le lingue che si parlano in provincia? È la crisi di mezza età dello Statuto d’autonomia? O abbiamo semplicemente fallito nei nostri intenti? -
Una precisazione doverosa: fra gli ospiti del convegno spicca la nostra più nota poetessa ladina, Roberta Dapunt, che scrive per lo più in lingua italiana e il cui volto in bianco e nero, solitario e ieratico, campeggia in cima alla newsletter. Dapunt è una sorta di figura di sintesi, che mette al riparo gli organizzatori dall’accusa di aver escluso del tutto la letteratura in italiano, mentre è dato spazio a quella in ladino. La quale, dal canto suo, per uscire dalla propria condizione di minoranza si dispone di volta in volta a cooperare con una lingua maggiore o l’altra, senza tanto badare a quale lingua sia. Ma è abbastanza, questo vago ammiccamento all’italiano via Dapunt, per rendere il convegno all’altezza del nostro tempo e delle nostre ambizioni di progresso, di unità nella pluralità, anziché dare l’impressione che sia stato concepito nel secolo scorso? A me non pare: questa non è un’occasione mancata, amiche e amici della SAAV e di Literatur Lana, è piuttosto una regressione riuscita.
Intendiamoci di nuovo: qui non si tratta di fare rimostranze o di prendere le parti di qualcuno. Questa è una dichiarazione di sorpresa molto più che d’indignazione, di delusione molto più che di risentimento. Non ci vuole una scienza per capire che non c’è conoscenza reciproca senza dialogo fra letterature. Ci vuole invece un bel coraggio per mettere in piedi un convegno accademico che dia adito al dubbio che non lo si sia ancora capito.
Ohneeinander leben, vivere…
Ohneeinander leben, vivere come se l'altro non ci fosse... questa è la realtà ormai ampiamente interiorizzata anche da chi fa cultura ad alto livello. Questa condizione viene accettata come la nuova normalità: dopo il gegenneinader e il nebeneinander. Troppo faticoso il confronto con l'altro, manca la curiosità e la voglia. Se penso alle potenzialità di questa terra mi sembra un'occasione persa. Schade!
Mi permetto solo di portare…
Mi permetto solo di portare a conoscenza dell'autore dell'articolo e dei lettori di Salto che è in atto una proficua collaborazione tra l'Associazione Scrittori Bolzano (ASB) e SAAV (Südtiroler Autorinnen-und Autorenvereinigung) per valorizzare gli importanti elementi di interculturalità presenti nel paesaggio letterario e poetico altoatesino/sudtirolese. La prossima iniziativa pubblica bilingue, gestita congiuntamente (anche con il progetto ZeLT) riguarda l'" Omaggio alla poesia bilingue di Gerhard Kofler"/"Hommage an die zweisprachige Dichtung Gerhard Koflers", poeta bolzanino, brissinese, Graz/viennese e vedrà la partecipazione, tra gli altri, del prof. Furio Bugnolo dell'Università di Bologna e di Matthias Vieider.
L'appuntamento è per MERCOLEDI' 29 novembre alle ore 18 presso la sala dell'Academy, via Cassa di Risparmio 16 39100 Bolzano.
LINGUE IN VITA SPRACHEN AM LEBEN di/von Gerhard Kofler
se mi ritrovo finde ich mich
in altre lingue in anderen sprachen wieder
questo das ist dies
è il più bel viaggio die schönste reise
di poesia der poesie
e tu und du
non dirmi sag mir nicht
di nuovo von neuem
che parlo daß ich
solo nur von poesie
di poesia rede
la mia meine
poesia poesie
è già ist schon
nella tua in deinem
vita leben
Scusate: i due diversi testi…
Scusate: i due diversi testi (It e Dt) si sono fusi assieme anziché comparire su due colonne distinte. Un disguido tecnico, ma forse anche uno stimolo ai lettori....
Non me ne vogliate, ma penso…
Non me ne vogliate, ma penso che debba essere la comunità italiana la prima a fare questo passo e sforzo. Allo stesso tempo non aspettarsi nulla in cambio.
Quanti eventi bi/multi lingua vengono organizzati dal centro Trevi o dall'intendenza alla cultura italiana? Quanti ospiti di lingua tedesca vengono invitati?
Chiedo, non sono però al corrente, magari ci sono già iniziative del genere?
Una cosa che mi è rimasta impressa dal prof. A. Mazza è quando dice che bisognerebbe avere curiosità per l'altro. È la base.
Quindi come fare anche in modo da ottenere la curiosità dell'altro?
Prima di tutto uno non deve sentirsi obbligato. Altrimenti non lo farà con il cuore.
Non deve sentirsi criticato perché questa curiosità non gli viene spontanea.
Zwei Präzisierungen, die es…
Zwei Präzisierungen, die es mich drängt hinzuzufügen:
1. die SAAV war in die Programmgestaltung dieses Events meines Wissens nicht eingebunden - sie hat sich allerdings bereit erklärt, als Verein ein Förderansuchen für die Veranstaltung zu stellen - in dieser Rolle begrüßt die Vorsitzende der SAAV Rut Bernardi und wurde ansonsten in ihrer Rolle als Autorin und Wissenschaftlerin eingeladen.
2. bei allem Verständnis für deine berechtigte Kritik, lieber Stefano, in einem Punkt ist deine Argumentation widersprüchlich und fragwürdig. Du schreibst "non c’è un solo relatore di lingua italiana." Dann führst du Roberta Dapunt an und räumst ein, dass sie jemand sei, die vorwiegend auf Italienisch schreibe. Und dann folgt ein ziemlich zweideutig lesbarer Satz: "Ma è abbastanza, questo vago ammiccamento all’italiano via Dapunt...", der in dieser Formulierung nicht nur die Veranstalter kritisiert, sondern auch in Frage stellt, inwieweit das Werk der Autorin als italienischsprachige Literatur gelten darf.
Ich bin der Meinung, dass wir uns in dieser Diskussion so lange im Kreis drehen, solange wir nicht die mehreren Sprachen von Südtirols Literatur anerkennen und einfordern, sondern ewig fortfahren, Sprache und sprachliche, literarische Kompetenz mit Herkunft und Ethnie zu verknüpfen. Auch das ist ein veralteterer Diskurs, lieber Stefano.
Ansonsten stimme ich dir zu: Auch ich finde es befremdlich, dass zwei angesehene Südtiroler Institutionen, Literatur Lana und die Eurac, diese Tagung in Bozen unter beinah völligem Ausschluss von in italienischer Sprache verfasster Literatur organisieren und sich auch nicht bemüßigt fühlen, das Programm in zwei oder mehreren Sprachen zu kommunizieren.
Ieri mi è arrivata la…
Ieri mi è arrivata la comunicazione di un premio internazionale vinto per le sezioni "racconti" e "poesia" . È il dodicesimo riconoscimento ottenuto quest'anno, come ho detto in una recente intervista per una emittente televisiva veneta. Ma la cosa più soddisfacente è non partecipare a convegni associazioni e circoli. Un'immensa libertà . E venire esclusi, un titolo di merito.
Grazie, Stefano, per il tuo…
Grazie, Stefano, per il tuo articolo. Credo di intuirne l'intento; non mira alla polemica per il gusto della polemica, ma ad aprire un dibattito. Non mi dilungherò quindi in spiegazioni superflue come "guarda che la colpa è di qualcun'altro" o in affermazioni imbarazzanti del tipo "ma guarda che facciamo questo questo questo e quello in italiano", ma prendo il tuo articolo come spunto per riflettere sul mio e sul nostro operato SAAV, attuale e futuro.
Sottoscrivo in pieno quanto…
Sottoscrivo in pieno quanto scritto da Stefano Zangrando e il commento di Aldo Mazza. Mi permetto solo di far presente che nel panorama culturale bilingue della nostra terra, c'è, dal 1995 il Premio letterario internazionale Merano-Europa per narrativa e traduzione poetica in lingua italiana e tedesca. Un concorso nato e cresciuto per essere un ponte tra le nostre due culture, che fino ad oggi è stato abbastanza poco considerato nel mondo letterario locale e che meriterebbe a mio modesto parere, di essere finalmente apprezzato e valutato dagli operatori culturali del nostro territorio. Per chi volesse saperne di più www.plime.eu
Ringrazio dei commenti. L…
Ringrazio dei commenti. L'articolo è stato scritto quasi di getto nell'arco di una sera e dopo una rapida verifica di alcuni fatti e retroscena, il che non mi ha impedito di commettere delle approssimazioni. Cerco di andare in ordine nella replica a chi ha commentato:
- la condivisione della mia critica da parte di Aldo Mazza ed Enzo Coco, come di altre persone che mi hanno contattato privatamente, mi conforta nella sensazione di non averci visto male, o non del tutto;
- Evelin Grenier parla di enti di lingua italiana, ma io non ho scritto di enti di lingua tedesca, bensì di enti che dovrebbero essere - e in parte sono - translinguistici e interculturali; lei parla poi di doveri della comunità italiana, ma io non parlo a nome di una comunità linguistica in particolare (si veda l'ultimo capoverso dell'articolo), bensì piuttosto di una comunità multilingue "unita nella pluralità", dove l'altro non è contraddistinto da alterità linguistica, ma semmai politica: io mi sento "uno" con colleghe e colleghi di lingua italiana, tedesca e ladina e altro che condividono con me una visione di politica culturale translinguistica e interculturale, in cui la cosiddetta identità (uso questa parola malvolentieri) sia qualcosa di fluido, in movimento e aperto alle ibridazioni, mentre vivo come "altro" chi ancora pensa e agisce in senso monoculturale o almeno "esclusivo" - nel senso che esclude quello che lui/lei considera ancora "altro"; è semmai nei confronti di quest'ultimo tipo di interlocutore che devo tener desta una curiosità altrimenti incrinata dalla diversità di vedute;
- Alma Vallazza coglie con molta intelligenza un punto debole del mio testo, del quale ero consapevole ma che, mi si creda o no, ho lasciato vivere nella speranza che potesse comunque suscitare un dibattito e muovere delle argomentazioni che lo superassero; Roberta Dapunt, dal canto suo, sa che riconosco la difesa della propria personalità artistica così come l'ha articolata nella bella replica apparsa oggi e che, dal mio punto di vista di autore, condivido la sua posizione come anche la critica che mi ha mosso Alma; se mi sposto su un piano socio-letterario, tuttavia, mi trovo invece a fare i conti con strutture di pensiero sì superate (secondo noi almeno), ma che hanno tutt'ora a che fare, mi sembra, con i rapporti di potere e posizionamento simbolico nel campo letterario e culturale altoatesino-sudtirolese;
- a Joanna Voss vorrei dire che so molto bene quanto la SAAV, di cui ho condiviso la direzione per un quinquennio assieme a Maxi Obexer, sia impegnata tutt'ora in molte iniziative orientate al plurilinguismo, all'interculturalità e alla traduzione letteraria; peraltro ho potuto partecipare alla creazione dello ZeLT citato da Alberto Stenico - con cui mi congratulo per l'iniziativa che cita - e credo che abbia le carte per diventare un'eccellenza del territorio in questo senso. Se poi la SAAV stavolta è rimasta irretita in un'iniziativa che presenta le mancanze criticate nell'articolo, può darsi sia stato per un incidente di percorso, su cui dovrà riflettere internamente per evitare in futuro simili passi falsi (sempre che lo consideri un faux pas) - o magari sfugge a me qualcosa che finora non è stato ancora addotto a difesa del convegno Eurac di cui si discute: nel caso di un articolo come il mio, in effetti, non ci sarebbe miglior risultato che vedersi smentiti sotto ogni punto di vista.
Citazione : "... vivo come …
Citazione :
"... vivo come "altro" chi ancora pensa e agisce in senso monoculturale o almeno "esclusivo" - nel senso che esclude quello che lui/lei considera ancora "altro"; è semmai nei confronti di quest'ultimo tipo di interlocutore che devo tener desta una curiosità altrimenti incrinata dalla diversità di vedute;"
Capisco, credo che però, oltre alla curiosità ci vorrebbe, forse, anche più comprensione. Questo in una situazione generica.
In casi come questo da Lei descritto però, credo si possa parlare anche di scarsa professionalità.
Trovo quanto scritto…
Trovo quanto scritto condivisibile fino ai suoi due terzi, ossia fino a quando viene chiamata in causa Roberta Dapunt, dopodiché trasecolo difronte a ciò che leggo.
Innanzitutto definire Dapunt, che ha al suo attivo tre sillogi pubblicate da Einaudi, festeggiata da critica e pubblico come una tra le maggiori voci della poesia italiana, vincitrice del premio Viareggio Rèpaci, "la nostra più nota poetessa ladina" mi pare davvero grottesco. Tuttavia non mi stupisce e purtroppo è (paradossalmente) nella logica che sta alla base di ciò che lo stesso articolo denuncia. La logica locale dell'appartenenza etnica che, si badi bene, prevede nei comportamenti sociali immancabili sanzioni verso chi, nella sua biografia, la scavalchi.
L'autore dovrebbe saperlo sulla propria pelle e dunque non riesco a comprendere perché arrivi a allinearsi a questo tono sanzionatorio quando opera un tale riduzionismo da ribaltare la realtà - quella di una cittadina di questo luogo che sa muoversi agevolmente tra le diverse lingue e quella di un'artista che dato il suo rilievo è fatta oggetto di interesse da diversi ambiti nazionali e sovranazionali - attribuendo a Dapunt un penoso stato di necessità: "per uscire dalla propria condizione di minoranza si dispone di volta in volta a cooperare con una lingua maggiore o l’altra, senza tanto badare a quale lingua sia".
Torno alla definizione "la nostra più nota poetessa ladina" . Usandola Zangrando sposa in pieno la logica che toglierebbe d'imbarazzo chi decida di organizzare un'iniziativa evitando "gli italiani" e si allinea alla altrettanto ingiustificabile posizione dell'Assessorato alla cultura italiana della Provincia di Bolzano che, evidentemente in virtù della quota etnica di Dapunt, non ha mai dedicato nessuna iniziativa specifica verso un'autrice che, la si pensi come si vuole, è già parte della storia della letteratura italiana.
Non vorrei che queste parole suonino come una semplice difesa di Roberta Dapunt che non ne ha certamente bisogno. Piuttosto segnalano come, a partire dalla consapevolezza del problema posto nell'articolo che c'è, esiste, l'autore dimostri poi di non essere estraneo alle logiche che sottendono il problema stesso. Al suo posto avrei usato il nome di Dapunt con segno opposto: per fortuna che almeno...ecc
Antwort auf Trovo quanto scritto… von marcello fera
..si potrebbe dire che la…
..si potrebbe dire che la ricchissima comunità ladina potrebbe celebrare anche qualche poeta o artista dichiarato obbligatoriamente; non per scelta, "italiano". Il nome del dio Denaro tutto è possibile.Senza nulla togliere ai meriti. E nessuno stigma sociale ha mai toccato gli innumerevoli artisti - scultori, pittori, poeti- che devono da decenni la fama a giornalisti e critici "italiani" turisti fedeli in loco, direi molto benvenuti. Questo come discorso generale, ripeto, senza nulla togliere alla persona.
Vedo solo ora il commento di…
Vedo solo ora il commento di Marcello Fera, cui rispondo volentieri: ha ragione, Roberta Dapunt non ha bisogno di difensori o sergenti ed è «una tra le maggiori voci della poesia italiana». Il che non toglie che al convegno in questione non siano stati invitati relatori scientifici di lingua italiana che avrebbero avuto qualcosa da dire sui temi del medesimo e che l'immagine di Roberta sia stata usata indebitamente dagli organizzatori anche per compensare questa mancanza, che è voluta.
Il fatto poi è che io non credo nella connotazione nazionale delle letterature, per me la letteratura è sovranazionale, come lo sono di solito gli album di famiglia di ciascun'autrice o autore. E questo ai miei occhi non confligge con la loro madrelingua, che anzi contribuisce a mio avviso a definirli in base a un'origine, mentre in questo tipo di definizione non si riconosce Roberta, cui privatamente ho espresso il mio dispiacere e le mie scuse, perché si è sentita offesa dalle mie righe.
L'accusa per cui io riferirei a Dapunt le righe che Fera mette tra virgolette, infine, è semplicemente falsa. L'affermazione si riferisce alle politiche culturali istituzionali, non ad autrici e autori. Politiche di cui io approfitto a mia volta, seppur raramente, come autore o mediatore, e non certo in base a logiche di appartenenza «etnica» (trovo anzi incomprensibile che si usi ancora questo aggettivo), ma non credo di doverlo dimostrare in questa sede. Se non si è capito perché abbia assunto queste logiche nel ragionamento che ho esposto nell'articolo, probabilmente è a causa di una mia imperizia.