1861
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Politik | Accadde domani

L’autonomia ai tempi di Cavour

La legge voluta da Calderoli che il centrosinistra vuole sottoporre a referendum ripropone una discussione che in realtà dura da oltre centossessant’anni.
  • La legge che proclama la nascita Del Regno d'Italia, all'indomani della seconda guerra d'indipendenza e della conquista delle regioni centro meridionali a seguito dell'impresa di Garibaldi, porta la data del 17 marzo 1861.

    Quattro giorni prima, tuttavia, la Camera dei Deputati, a Torino, aveva già dovuto lungamente confrontarsi con il problema di un possibile assetto autonomistico del paese. L'Italia in pratica non esisteva ancora ma già ci si poneva il problema di scegliere fra un sistema fortemente centralistico ed uno che riconoscesse e valorizzasse, in chiave di possibili livelli di autogoverno, le differenze anche marcate che la storia aveva impresso sul territorio dello stivale.

    La discussione avvenne sulla base di ben quattro disegni di legge presentati dal Ministro dell'Interno Marco Minghetti, un politico appartenente a quella che è stata definita la destra storica, vicino quindi alle posizioni di Cavour del quale, entro breve tempo, avrebbe dovuto raccogliere l'eredità.

    "Quelle tendenze, quelle abitudini, quegli interessi che erano stabiliti intorno ai centri predetti, si possono distruggere? "

    Quelle che Minghetti presenta sono proposte di sistemazione del nuovo Stato che nascono da un'attenta analisi della situazione. "Le province italiane - egli scrive - furono sinora aggregate in reparti più vasti che ebbero centro in alcune città cospicue per popolazione, per ricchezza, per arti, per tradizioni e per splendore. Il motto nazionale di indipendenza e di unificazione ha per sempre annullata la personalità politica degli Stati e noi dobbiamo fare tale opera che nulla possa mettere a repentaglio quell'unità che fra tanti pericoli e tante difficoltà abbiamo acquistata. Ma la unità politica importa essa necessariamente la unità amministrativa? Le istituzioni peculiari che fiorirono nei vari Stati d'Italia, i regolamenti propri di ciascuno debbono anch'essi assimilarsi è pareggiarsi? Quelle tendenze, quelle abitudini, quegli interessi che erano stabiliti intorno ai centri predetti, si possono distruggere? O hanno una ragione vera di esistere nell'organismo italiano?"

    Sono ragionamenti, questi, che Minghetti sviluppa nell'immaginare un centralismo mitigato dalla possibilità di delegare a livello locale determinate funzioni.

    "Quello di abolire le autonomie speciali, senza tener conto che quella altoatesina è internazionalmente garantita, è un tormentone che si ripresenta periodicamente".

    È un'idea che cadrà completamente nel vuoto. Le proposte del Ministro vengono bocciate e quello che nasce è uno stato nel quale il processo unitario viene realizzato attraverso un centralismo rigido, accentuato durante il ventennio fascista, messo in discussione nuovamente all'indomani del secondo conflitto mondiale, con un processo costituzionale nel quale il regionalismo occupa un ruolo di ampio rilievo.È una scelta che trova da subito applicazione con la concessione delle autonomie speciali pensate per contrastare il separatismo siciliano, l'isolamento della Sardegna, le particolarità etnico linguistiche della Valle d'Aosta e, assai più tardi del Friuli-Venezia Giulia. C’è infine l'autonomia concessa, per l'accordo di Parigi, alla minoranza altoatesina ed ampliata per volontà di Alcide De Gasperi anche al Trentino. Per il completamento del sistema regionale occorrerà attendere altri vent'anni e il ritrarsi, provvisorio, delle perplessità con le quali una parte cospicua del mondo politico continuava a vedere la formula regionale. Un rifiuto radicale delle autonomie che non alberga solo nei partiti di destra ma coinvolge, ad ondate periodiche, anche altre forze politiche di diverso orientamento.

    Non si è ancora posata la polvere sulle polemiche di qualche anno fa relative ai privilegi delle regioni e province a statuto speciale, Alto Adige compreso, accusate da esponenti di diverse forze politiche di godere di trattamenti economici ingiustificati, con bilanci artatamente gonfiati. Quello di abolire le autonomie speciali, senza tener conto del fatto che quella altoatesina è internazionalmente garantita, è un tormentone che si ripresenta periodicamente. Il forte movimento politico orientato addirittura alla secessione della cosiddetta Padania, promosso dalla Lega sul finire del secolo scorso ha avuto invece come effetto il tentativo di parare il colpo da parte del centro-sinistra che, per rintuzzare l'offensiva, ha varato, tra l'altro in modo unilaterale, una modifica costituzionale del titolo V con la previsione di percorsi differenziati per saziare, senza mettere a rischio l'unità del Paese, il robusto appetito di competenze autonome che si registra soprattutto in alcune regioni del Nord.

    Ora in una situazione politica completamente cambiata, con la destra sovranista di Fratelli d'Italia, per antica tradizione assolutamente contraria allo sviluppo regionalistico ed autonomistico del paese che invece sembra voler saziare le richieste che arrivano soprattutto dal Veneto e Lombardia, l'opposizione di centro-sinistra punta sullo scardinamento dell'autonomia differenziata che essa stessa aveva inserito nella carta costituzionale per far esplodere le contraddizioni nella maggioranza di governo. Una battaglia sostenuta anche a suon di referendum, nella quale i toni della polemica arrivano non di rado a lambire il concetto di un totale fallimento del regionalismo e quindi di un ritorno all'antica vocazione centralista. In questo agitato mare si muove anche la navicella della trattativa condotta dal Presidente altoatesino Kompatscher e che riguarda invece i desiderata delle autonomie speciali per un riequilibrio delle loro competenze messe in forse dagli interventi statali e dalla giurisprudenza costituzionale. Per quel che riguarda lo specifico caso di Bolzano e Trento sul piatto della bilancia ci sono anche le richieste che porterebbero, se accolte, alla totale blindatura dell'autonomia. A completare il quadro infine le altre modifiche del sistema di governo con le quali la destra sovranista vorrebbe compensare le fughe verso il regionalismo.

    Sono passati oltre centosessant’anni anni da quel dibattito sulle autonomie del parlamento di uno Stato che ancora non aveva mosso i primi passi, ma i contrasti e le incertezze non sembrano poi così diversi oggi da quel che erano allora.

     

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Gasteiger josef Sa., 14.09.2024 - 18:15

Tolle analyse, die auch der jetzigen situation ein politisches risiko unterstellt, zurecht. Mir reicht die jetzige autonomie für unsere zwei provinzen, man sollte den bogen nicht überspannen, und ein noch mehr an autonomie, beim wissen um die macht unserer großen wirtschaftsverbäbände und deren verquickung mit der mehrheitspartei, lässt für demokratie und nachhaltige entscheidungen für eine sozial gerechte gesellschaft und die erhaltung der natur und umwelt nicht gutes erwarten

Sa., 14.09.2024 - 18:15 Permalink
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Gasteiger josef Sa., 14.09.2024 - 18:15

Tolle analyse, die auch der jetzigen situation ein politisches risiko unterstellt, zurecht. Mir reicht die jetzige autonomie für unsere zwei provinzen, man sollte den bogen nicht überspannen, und ein noch mehr an autonomie, beim wissen um die macht unserer großen wirtschaftsverbäbände und deren verquickung mit der mehrheitspartei, lässt für demokratie und nachhaltige entscheidungen für eine sozial gerechte gesellschaft und die erhaltung der natur und umwelt nicht gutes erwarten

Sa., 14.09.2024 - 18:15 Permalink
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Patrick Grisi Mo., 16.09.2024 - 10:13

Sehr interessante Analyse!!
Nur ein kleiner Hinweis: Mir ist aufgefallen, dass im Beitrag das Datum '17. März 1821' genannt wird. Möglicherweise handelt es sich um einen Tippfehler und es sollte '17. März 1861' heißen?

Mo., 16.09.2024 - 10:13 Permalink