Wirtschaft | Rapporto Draghi

Se l’Europa non si sveglia, sono guai

Rapporto Draghi sul futuro della competitività europea: dal debito comune all’importanza dell’autonomia strategica. Promossa o bocciata la traiettoria tracciata dall’ex presidente della BCE? Risponde il Direttore dell’IPL Stefan Perini.
Hinweis: Dies ist ein Partner-Artikel und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.
unione europea
Foto: Pixabay - NoName_13
  • L’Europa deve cambiare per sopravvivere” è il chiaro messaggio che emerge dal Rapporto Draghi, il documento tecnico sul rilancio economico dei Ventisette presentato il 9 settembre scorso a Bruxelles dall’ex governatore della BCE ed ex presidente del Consiglio italiano. 

    Con il direttore dell’IPL | Istituto Promozione Lavoratori, Stefan Perini, abbiamo analizzato cause e soluzioni della scarsa competitività dell’Unione Europea rispetto ai suoi rivali globali.

  • 400 pagine, 5 aree tematiche, 170 proposte per la competitività: Direttore, qual è il suo giudizio sul “manuale di istruzioni” di Draghi per far ripartire l’Europa? 

    Il rapporto Draghi, chiesto un anno fa dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, è sostanzialmente diviso in due parti: la prima fotografa accuratamente la situazione attuale dell’Europa e la seconda lancia una serie di proposte tese ad aumentare la competitività dell’Unione Europea, mantenendo al contempo saldi i valori fondanti che la caratterizzano. Le proposte toccano molti ambiti e settori economici, ma anche alcune riforme istituzionali della UE, dall’abolizione del diritto di veto nel Consiglio all’emissione di titoli di debito comune a livello europeo (Eurobond). A tal proposito, mi trova d’accordo la proposta di finanziare i grandi investimenti con un debito comune se ciò genera ricchezza, capitale e benessere. L’Europa, lo sappiamo, non tiene il passo con le altre grandi potenze come Stati Uniti, Cina e Russia e conta sempre di meno in termini demografici, di forza economica e di capacità innovativa.

    Cosa non ha funzionato?

    L’Unione da tempo è caduta nella cosiddetta trappola delle medie tecnologie, come per esempio il settore automobilistico, e ha perso la competizione con gli Stati Uniti e la Cina nei settori di punta dell’innovazione: parliamo per esempio di piattaforme digitali, intelligenza artificiale, microprocessori e così via. Le imprese europee investono poco in ricerca e innovazione, nello specifico 270 miliardi di euro in meno rispetto a quelle statunitensi, e hanno una dimensione comparativamente modesta, – nel vecchio continente non ci sono colossi come Google, Meta o Amazon. Il divario è evidente anche nel settore bancario: gli istituti di credito e finanziari europei hanno dimensioni molto più ridotte rispetto a quelli statunitensi e ciò diminuisce la loro capacità di finanziare i grandi investimenti che sarebbero invece necessari per migliorare la competitività.

    Quali altri fattori sono alla base del lungo ristagno dell’Europa?

    Tra le cause del lento declino, in atto ormai da oltre vent’anni, il rapporto cita la frammentazione normativa, l’iperregolazione e la farraginosità delle procedure. L’attuazione del mercato unico trova ostacoli nelle “barriere regolatorie” dovute alle normative nazionali dei ventisette Stati membri che sono spesso disallineate. Anche la finanza pubblica è eterogenea nei diversi Paesi dell’Unione: alcuni sono più virtuosi da questo punto di vista mentre altri, fortemente indebitati, non sono in grado di finanziare gli investimenti necessari per promuovere la crescita. Va anche aggiunto che, sul piano politico, l’Unione fa spesso fatica a prendere decisioni proprio a causa dei veti imposti dai singoli Paesi e questo complica non poco le cose.

  • L’Unione da tempo è caduta nella trappola delle medie tecnologie, perdendo la competizione nei settori di punta dell’innovazione

  • Cosa manca nel rapporto?

    Nel processo di rilancio economico dell’Europa non possono essere ignorati alcuni obiettivi. In questo senso condivido la posizione della CES (Confederazione Europea dei Sindacati) che, pur promuovendo la proposta di Draghi di investire 750-800 miliardi di euro in più all’anno, sottolinea al contempo che saranno necessarie azioni specifiche per garantire che gli investimenti generino posti di lavoro di qualità in tutti i settori e in tutte le regioni. I sindacati chiedono inoltre di essere coinvolti direttamente per contribuire a indirizzare questi investimenti; il dialogo sociale e la contrattazione collettiva devono essere al centro della soluzione per la competitività europea. Esther Lynch, segretaria generale dell’ETUC (European Trade Union Confederation), dice che l’Europa non può competere attraverso misure di deregolamentazione che potrebbero compromettere le protezioni per i lavoratori. Il vantaggio competitivo dell’Europa, continua Lynch, risiede nelle competenze della sua forza lavoro e nei posti di lavoro ad alto valore che derivano da queste competenze.

    Come togliere il freno alla crescita dell’UE?

    Per essere competitivi con il resto del mondo non possiamo andare a intaccare gli standard lavorativi che abbiamo raggiunto, ad esempio aumentando gli orari di lavoro o eliminando normative che garantiscono la sicurezza dei posti di lavoro. L’Europa deve quindi tornare a essere leader sulla scena mondiale imponendo agli altri Stati i suoi standard e non viceversa. Ricordiamoci che con la globalizzazione le aziende europee spesso hanno esternalizzato la produzione in Paesi con costi di manodopera particolarmente bassi ma, per esempio, anche con standard ambientali bassi o inesistenti. I sindacati rimarcano poi a ragione anche la necessità di una tassa sugli extra-profitti delle multinazionali, di una Tobin tax, ovvero la tassa sulle rendite finanziarie, e di un “prosciugamento” dei paradisi fiscali, altro capitolo che manca nel rapporto Draghi.

    Ritiene che l’agenda Draghi abbia concrete possibilità di essere messa in pratica?

    Penso che questo rapporto costituisca una traccia utile alla neoinsediata Commissione Europea. Si tratta di linee guida percorribili nell’ottica di un miglioramento della produttività dell’UE. Del resto, questo rapporto contiene in gran parte tutte le politiche che l’Unione sta già perseguendo da dieci anni a questa parte sulla strada della sostenibilità, dell’innovazione, della conversione ecologica e così via. In più, ora, cerca di dare risposte ad alcune problematiche sorte in seguito alla pandemia e al conflitto russo-ucraino. L’UE deve sviluppare maggiore autonomia strategica e riacquistare un certo grado di indipendenza in settori chiave come energia, tecnologia digitale e industria farmaceutica, solo per citarne alcuni. Abbiamo perso terreno su molti fronti e questo deve farci riflettere. In sintesi, abbiamo bisogno di una risposta comunitaria, veramente “europea”, per restare competitivi sul palcoscenico globale.

Bild
Profil für Benutzer Josef Ruffa
Josef Ruffa Sa., 05.10.2024 - 13:36

"non ci sono colossi come Google, Meta o Amazon" ... hanno permesso la nascita e crescita di colossi come questi e viste tutte le problematiche, questi sono "too big to see".
Se non mettono freno a questi colossi, ma freni massicci, saranno problemi grossi, molto grossi.

Draghi?
Draghi è una persona che questi colossi, nel suo piccolo, non li ha contrastati.
Lui fa parte del sistema che sta fallendo.
Non dovrebbe aver titolo di presentare la ricetta.
L'unica cosa che potrebbe fare, è un sonoro "mea culpa".

Sia chiaro che non tutte le responsabilità sono sue.

Sa., 05.10.2024 - 13:36 Permalink