"Siamo pronti a tutto"
Bertoldi, in diverse occasioni è parso che lei non fosse contrario per principio alla proposizione di un referendum sull'autodeterminazione qui in Alto Adige, cosa c'è di vero?
Premetto che se ci fosse un referendum di questo genere sarei tra coloro che voterebbero per restare con l’Italia, com’è scontato che sia e come credo voterebbe la maggior parte degli altoatesini. È assurdo stravolgere la storia: anche se ci sono state ingiustizie e ci sono stati errori non si può tornare indietro, non avrebbe senso. Credo però fermamente nella democrazia e nella libertà, quindi un referendum non può trovarmi contrario, anzi. Ovviamente dovrebbe trattarsi di un quesito sull’indipendenza e non sull’autodeterminazione. Quest’ultima, come hanno ribadito più volte gli organismi internazionali, è già stata riconosciuta con l’autonomia, anche senza peraltro consultare il parere degli altoatesini di lingua italiana. Il presidente dell’Assemblea parlamentare dell’OSCE 2, rispondendo tempo fa a una mia missiva, ha ammesso che ci si è spinti talmente oltre con l’attuazione dell’autonomia e che ora sarebbe necessario garantire la minoranza di secondo grado, cioè gli italiani.
Perché porre proprio adesso una questione del genere al centro del dibattito pubblico?
La questione è un evergreen. In questi giorni se ne è tornati a parlare grazie al convegno organizzato a Merano da Süd-Tiroler Freiheit. Io sarei lieto di sfidare questo movimento in un referendum che dimostrerebbe come qui oggi si stia bene, in certi casi fin troppo, e come nessuno vorrebbe perdere i privilegi acquisiti.
Ma non pensa che la vostra base elettorale sarebbe a dir poco frastornata da un'ipotesi del genere?
La nostra base ovviamente voterebbe per restare in Italia. Non vedo comunque perché potrebbe restare frastornata dalla proposta di una consultazione democratica. Probabilmente ad alcuni nemmeno dispiacerebbe l’idea di uno Stato indipendente: sanno che andremo subito all’ONU a reclamare i diritti che spettano a una minoranza. Tra l’altro, come detto, dovremo già farlo come minoranza effettiva.
Lei pensa che in un partito strutturato in modo molto verticistico come il vostro (un partito, diciamo così, Berlusconi-dipendente) sia possibile prendere iniziative tanto dirompenti a livello provinciale?
L’Alto Adige ha le sua specialità, in tutti i campi. Come Pdl locale siamo anche noi “speciali” e abbiamo il diritto di pronunciarci anche su cose dirompenti, che magari a Roma fanno fatica a capire.
Come crede che reagiranno gli altri partiti "italiani" della provincia? Non teme che questa venga recepita come l'ennesima provocazione senza costrutto?
Se gli altri partiti sono realmente democratici come il nostro non dovrebbero temere un referendum che ci potrà essere soltanto se formalmente possibile. Non è una provocazione, ma una dimostrazione che non temiamo fanatismo, estremismo, confronto e soprattutto ulteriore democrazia.
Senta, concretamente, come pensa di attivare la procedura che porterebbe a un simile referendum? È consapevole del fatto che esistono dei vincoli costituzionali, tali da non permettere a una porzione di territorio di staccarsi dal resto dello Stato? Ed è consapevole, inoltre, che questa ipotesi contraddirebbe accordi internazionali stipulati con il contributo delle Nazioni Unite?
Io non attiverò alcuna procedura, ci mancherebbe, ma semplicemente non ostacolerò chi lo sta facendo. Semmai sarei proprio io a indicargli quali sono gli ostacoli di cui lei parla. Ho un’indole molto altruista, come vede. A parte gli scherzi: la Costituzione ci dice che l’Italia è una ed indivisibile. L’unico iter possibile sarebbe forse quello di ottenere una deroga dal Governo (quando ci sarà) e dal Parlamento italiani in accordo con gli organismi internazionali deputati che, come le Nazioni Unite, si sono occupati del nostro territorio il secolo scorso. Mi pare che questa fosse anche la strada immaginata da Cossiga, per cui non penso che l’ipotesi di una deroga sia tecnicamente impossibile.
Ma ammesso e non concesso che si possa arrivare a un referendum del genere, quale tipo di maggioranza sarebbe necessaria a esprimere la decisione? Avrebbe senso, per lei, sondare questa volontà almeno all'interno dei singoli gruppi linguistici?
Procederei così: prima un sondaggio a campione che sia ufficiale e diviso tra i tre gruppi, per capire se c’è la volontà di pronunciarsi o meno; poi, se almeno due dei tre gruppi lo volessero, procederei con le urne, infine il quorum dovrebbe essere superiore ai 2/3 e anche la maggioranza non potrebbe certo essere fissata semplicemente al cinquanta per cento. Occorrerebbe creare le condizioni per una massima condivisione.
Lei si è fatto un'idea sulle prospettive geopolitiche in gioco? Preferirebbe la creazione di uno stato completamente indipendente, oppure l'annessione a stati già esistenti (per esempio l'Austria)?
Stiamo ipotizzando il referendum per far nascere uno Stato indipendente, mi pare, nessuno ha avanzato la disponibilità di annessione del nostro territorio al suo e comunque mai accadrà.
Attualmente è lo statuto di autonomia a regolare i meccanismi di equilibrio tra i vari gruppi linguistici. Che fine farebbero questi accorgimenti in una cornice istituzionale completamente mutata?
I rapporti tra i gruppi si invertirebbero, andrebbe scritta la Costituzione del nuovo Stato, e agli italiani, finalmente dotati di uno status di minoranza a tutti gli effetti, andrebbero garantiti i privilegi dei quali adesso godono i nostri concittadini di lingua tedesca.
È in grado di dirci quali vantaggi avrebbero gli italiani all’indomani della secessione dell'Alto Adige dall'Italia?
Probabilmente crescerebbero numericamente divenendo i protagonisti anche economici della nuova Montecarlo alpina. La pressione fiscale sarebbe al 20%, l’IVA al 10, e tutto dovrebbe essere all’insegna di una maggiore libertà: riapertura delle case chiuse, dei casinò e tanto turismo. L’Italia che ci vorrebbe adesso, che sogno, per la quale lotto e continuo a sognare.
Per alcuni si tratterebbe di un incubo, altro che sogni.
Varrebbe la pena provare, mi creda.
Questo territorio si chiamerebbe poi ancora così?
Si chiamerebbe “Repubblik Südtirol-Alto Adige” suppongo, o qualcosa di simile, ma a me piacerebbe “Repubblica libera o liberale dell’Alto Adige”, ovviamente sempre traducendo in due lingue.
Secondo lei quale sarebbe il risultato di questo referendum? Azzarderebbe una previsione?
Sono certo almeno il 65-70 percento della popolazione residente voterebbe “NO” all’indipendenza, scegliendo di restare con l’Italia. Si chiuderebbe così anche la polemica perenne sul senso d’appartenenza di chi vive qui. Comunque noi siamo sempre pronti a tutto e amiamo le sfide rischiose.
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l’Italia è una ed indivisibile?
In der Tat finden sich hier einige Widersprüche...
Das "Monte-Carlo" der Alpen? Meine Vorstellung von Freiheit ist das jedenfalls nicht!
Doch eines darf ich als jemand sagen, der das Vergnügen hatte, die Historie zu studieren:
Wer an Sätze wie:
"la Costituzione ci dice che l’Italia è una ed indivisibile"
glaubt, der sollte mal in den Geschichtsbüchern blättern.
Vor allem in jenen, die weiter als 150 Jahre zurückreichen...
Non è incoerenza.
Non si tratta di incoerenza Cara lettrice, ma di onestà intellettuale. Bisogna distinguere il referendum dal risultato, se esiste la volontà di farlo secondo me la democrazia legittima quest'esigenza. Il risultato non sarà mai quello sperato dai promotori proprio perché la gente di tutti i gruppi è abbastanza intelligente per capire come stravolgerebbe la storia.
...siamo pronti a tutto.....
Caro Bertoldi .....questo si é vero "opportunismo all'italiana" prima delle elezioni! Se necessario poi si dimentica tutto o si cambia ancora. Essendo di madre lingua tedesca rimango in questo stato, anche se spesso non si capisce bene dove andremo a finire.