Politik | Referendum regole

Quorum da abolire

Il referendum abrogativo, uno strumento di partecipazione diretta fondamentale, da tanti anni è mortificato da alcune regole superate e sbagliate. Per primo occorre togliere il quorum sancito dall’art. 75 Cost.
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Referendum: alles für die Katz
Foto: Thomas Benedikter
  • “La partecipazione è l’esercizio democratico che sostanzia la nostra libertà per cui non possiamo arrenderci all’assenteismo degli elettori a una democrazia a bassa intensità,” ha detto Sergio Mattarella nel suo discorso del 25 aprile di quest’anno. Auspicabile che il Presidente della Repubblica, oltre all’appello ai cittadini, indicasse anche la via maestra per stimolare la partecipazione: togliere gli ostacoli evidenti a questo “esercizio democratico” cominciando con l’art. 75 Cost. che sancisce il quorum di partecipazione del 50%, una regola “ammazza-referendum”. Perché?

    In un paese in cui la partecipazione al voto nelle elezioni comunali e regionali oscilla intorno al 50% e nelle elezioni del Parlamento tocca a malapena il 70%, basta un 20% dell’elettorato a far scendere la partecipazione di una manciata di politici (stavolta della destra) per far fallire il referendum. Per non parlare del silenzio comunicativo delle TV, giacché né la RAI, né Mediaset né La7 hanno dedicato l’1% del loro tempo a parlare di referendum, anche perché mancano obblighi e doveri chiari in questo settore. Gli argomenti principali contro il quorum di partecipazione si possono riassumere nei seguenti otto punti:

    1. A causa del quorum, chiunque non si reca a votare conta automaticamente come un «No», mentre in realtà sono tantissimi i motivi personali che possono impedire la partecipazione ad un referendum: la mancanza di conoscenza dell’argomento, l’indecisione, il disinteresse e mille altre ragioni private. 

    2. Gli oppositori di un quesito referendario, sfruttando il meccanismo del quorum, cercano di invalidare la consultazione invitando gli elettori a disertare le urne, contando sull’assenteismo fisiologico. Perciò gli oppositori non devono più convincere i cittadini con argomenti e proposte alternative, ma si fermano ad appelli al boicottaggio („Andate al mare!“). Solo in assenza di quorum contano veramente gli argomenti, perché sia i promotori che gli oppositori sono tenuti a convincere la maggioranza dei cittadini.

    3. I cittadini attivi politicamente si impegnano ad informarsi e a farsi un’opinione per poi recarsi a votare. I non interessati e i fautori del boicottaggio non vanno alle urne. In caso di referendum invalidato a causa del mancato raggiungimento del quorum, i primi vengono di fatto puniti per il loro impegno civico, mentre i secondi, boicottatori e disinteressati, vengono premiati per una scelta che di fatto danneggia il confronto democratico.

    4. Interessante notare che in Italia non è previsto un quorum di partecipazione nel caso di referendum molto importanti quale il referendum confermativo facoltativo relativo alle leggi costituzionali (art. 138, 2° comma). Quanto una decisione conta anche per i partiti, il quorum è ritenuto superfluo.

    5. Per il voto elettorale a nessun livello governativo è previsto un quorum minimo di partecipazione: solo chi vota può decidere. Non esiste il «numero legale» nelle elezioni politiche. Lo stesso deve valere per le votazioni referendarie: chi si reca alle urne, decide. Chi sta lontano, si astiene e implicitamente delega gli altri. Anche la non partecipazione al voto referendario, quindi, andrebbe considerata per quello che è: un’astensione dal voto senza influenza sul risultato del referendum. 

    6. Il timore che una piccola minoranza molto attiva possa imporre i suoi interessi ad una maggioranza passiva non è motivato. Le ricerche sul comportamento degli elettori evidenziano che nelle votazioni contese il tasso di partecipazione è alto e la maggioranza dei cittadini esprime chiaramente il suo rifiuto alla proposta di una minoranza. I partiti e le forze sociali, che pretendono di rappresentare la maggioranza della società, sono comunque sempre liberi di mobilitare i loro sostenitori a votare contro un quesito referendario, che si presume rifletta solo l’interesse di una minoranza.

    7. In Svizzera, negli Stati Uniti, in Baviera ed in altri paesi con democrazia diretta più evoluta non esiste il quorum di partecipazione. Nonostante la partecipazione alle votazioni referendarie in Svizzera oscilli «solo» attorno al 40%, nessuna forza politica rivendica seriamente un quorum di partecipazione, sapendo che così si aprirebbe un varco a manovre tattiche e a strumentalizzazioni politiche.

    8. Uno degli obiettivi principali della democrazia diretta è la promozione della partecipazione dei cittadini, ribadita dall’attuale art. 118, comma 4 della Costituzione, soprattutto in ambiti dove si riscontra un crescente scollamento. Il quorum invece fa il contrario, cioè, invita al boicottaggio mortificando così l’istituto stesso.

    Il quorum di partecipazione dl 50% non è una norma fondamentale del nostro ordinamento giuridico, tant'è vero che è previsto solo da uno dei tipi di referendum nazionali oggi istituzionalizzati. A livello regionale è evidente la tendenza verso la sua riduzione, come successo anche in Alto Adige, dove dal 2018 è stato ridotto al 25% oppure agganciando il quorum alla partecipazione alle elezioni politiche regionali precedenti.

    È ormai chiaro il trucco con il quale il referendum abrogativo viene vanificato. Partendo dal dato di fatto che la partecipazione dei cittadini alle elezioni oggi si aggira sotto il 70%, basta convincere il 20% degli elettori a disertare le urne per far mancare il quorum della metà più uno degli aventi diritto. Per questo va abrogato il quorum oggi previsto dall’articolo 75 della Costituzione. Poi è anche difficile motivare la maggioranza dei cittadini ad interessarsi di vari quesiti di una certa tecnicalità. A questo fattore i promotori di un referendum dovrebbero pensarci prima. Può trarre in inganno anche la nuova possibilità della raccolta delle 500.000 firme per un referendum online. Se quest’operazione può tornare più facile ai promotori do un quesito, è molto più complesso organizzare una campagna referendaria per portare fisicamente alle urne (e non online) 25 milioni di italiani, cioè il 50% dell’elettorato.

    L’abrogazione di ogni quorum è la sola scelta che costringe alla partecipazione tutti gli interessati all’esito, pena la vittoria della posizione alternativa. Con grande probabilità il referendum di questo fine settimana di Pentecoste 2025 sui diritti dei lavoratori e alla cittadinanza fallirà a causa del quorum. Il sindacato che ha promosso questo referendum e i partiti di sinistra che lo hanno appoggiato non dovrebbero versare troppe lacrime di coccodrillo: durante il loro governo avrebbero potuto riformare queste norme superate, e non l’hanno fatto.

    Per cambiare: Dal ieri si può firmare la nuova proposta di legge di iniziativa popolare, promossa da un comitato per più democrazia, per abolire il quorum previsto nell'art. 75 Costituzione: basta andare sulla piattaforma del Ministero della Giustizia: https://firmereferendum.giustizia.it/referendum/open/dettaglio-open/3900018 con accesso via SPID, carta d'identità CIE o tessera sanitaria.

    Per approfondire: Thomas Benedikter (2018), Più potere ai cittadini? Il fascino indiscreto della democrazia diretta, MIMESIS Edizioni (collana eterotipie)

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richter a So., 08.06.2025 - 09:25

Confermo il mio sostegno al referendum: andrò a votare e con ogni probabilità esprimerò solo dei sì. Vorrei però fare una puntualizzazione sul suo scritto. La più antica democrazia europea, quella britannica, ha tenuto un solo vero referendum nella sua storia: quello sulla Brexit. Un’esperienza che molti oggi rimpiangono. Questo perché il Regno Unito è una democrazia rappresentativa: i cittadini eleggono rappresentanti che studiano, si documentano e decidono su questioni complesse. Pretendere che ogni cittadino possa avere le competenze per valutare a fondo ogni tema è forse un po’ eccessivo, specie in un mondo così complicato.

La Svizzera, spesso citata come esempio, offre due casi emblematici. Il primo è il referendum Schwarzenbach del 1970, in cui per poche centinaia di voti non fu impedito l’ingresso agli stranieri. Il secondo è il referendum del 2014 contro l’immigrazione di massa, poi sostanzialmente non attuato per non mettere a rischio gli accordi con l’Unione Europea. Questo dimostra come anche in sistemi rodati il meccanismo referendario possa generare tensioni o risultare inefficace.

Per questo dubito che estendere il ricorso ai referendum porti reali miglioramenti. Anzi, temo il rischio di derive emotive e rigurgiti xenofobi, specialmente in contesti come il nostro. La democrazia rappresentativa, con tutti i suoi difetti, offre strumenti più solidi per governare la complessita

So., 08.06.2025 - 09:25 Permalink
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Thomas Benedikter Mi., 11.06.2025 - 12:08

Purtroppo si sbaglia nella Sua valutazione del quorum e dello strumento referendario, signor Richter, perché - come spesso capita, scambia il metodo stesso con i singoli argomenti e quesiti delle votazioni, che erano e sono i più svariati a seconda della volontà dei cittadini promotori. Si sbaglia nel caso della votazione sul Brexit in UK, perché da una parte referendum voluto dal Parlamento, dall'altra parte una questione di fondo per quel paese che si presta bene per essere decisa dal popolo. Non a caso vari altri paesi membri UE hanno svolto votazioni sull'adesione all'UE, tipo Austria, poi la Francia due volte sulla Costituzione europea, la Danimarca più volte e poi l'Irlanda parecchie volte. L'adesione dell'UK all'UE era discusso sull'isola sin dall'inizio, andava chiarito in forma democratica. Se poi i cittadini inglesi hanno sbagliato è colpa loro. Non spetta a noi di giudicare col senno di poi se quella decisione era appropriata o meno.
Poi la Svizzera che vota con referendum 4 volte all'anno e in 150 anni di democrazia diretta senza quorum (!) ha votato su tante centinaia di quesiti, sempre su richiesta dei cittadini sia nel caso dell'iniziativa popolare (propositiva) e del referendum (confermativo). Criticare un referendum del 1970 e poi di nuovo quello sull'immigrazione del 2014 è inutile e illegittimo. Ogni secondo cittadino svizzero le risponderebbe: neanche a me piace il risultato, ma il popolo si è espresso, la maggioranza ha vinto. È questa la democrazia. Non occorre spaccare lo specchio quando l'immagine non ci piace. Non è il referendum che ha creato tensioni: la tensione c'era già fra una minoranza sostanziale di cittadini che ha richiesto il referendum. Tutti potevano esprimersi liberamente, il risultato è quello, anche se a lei o me non piace. Lo stesso vale per gli altri referendum, a condizione che il regolamento generale dell'istituto referendario sia democratico: non confondere lo strumento in quanto tale con il singolo quesito.

Mi., 11.06.2025 - 12:08 Permalink