Politik | Gastbeitrag

Ridefinire l'interetnicità

A trent'anni dalla scomparsa di Alexander Langer, secondo Elio Dellantonio occorre fare i conti con quello che siamo: contro le lobby SVP non basta essere interetnici.
Alexander Langer
Foto: Seehauserfoto
  • A trent’anni di distanza dalla morte di Alexander Langer è giusto ricordarsi di lui e di ciò che di giusto aveva cercato di fare. Il suo pensiero e la sua azione politica sono densi di analisi, riflessioni, idealità e suggestioni per un futuro più umano, più equo, più ecologico (che oggi appare più lontano) in grado di preservare l'umanità dal suo destino che in queste giornate asfissianti e surriscaldate pare essere difficilmente reversibile.

    Per noi che abitiamo la sua terra c’è l’urgenza di fare i conti con quello che siamo, che sono stati i nostri genitori e che saranno i nostri figli, con la nostra storia passata, con le nostre molteplici identità e storie individuali che ancora oggi vengono compresse in schemi etnici rigidi e soffocanti per far funzionare una società che nella salvaguardia del potere e dell’interesse politico, economico e culturale dei singoli gruppi etnici formalmente riconosciuti ed in competizione tra loro si presenta al mondo come riconosciuta eccellenza di integrazione e convivenza. E se per molti aspetti la nostra situazione è invidiabile, la nostra ricchezza, la nostra prospera economia, la disponibilità di risorse sono di un livello elevato – anche per il gruppo etnico meno performante – non si possono ignorare segnali di frizione ed elementi disfunzionali e disarmonici che ci inducono a pensare come anche la migliore, la più dinamica e più avanzata autonomia dei singoli gruppi etnici – maggioritario e minoritari - sia concettualmente incompatibile  con un’integrazione autentica e interetnica in grado di far sentire tutte le persone figlie uguali di questa splendida terra.

    Qui più che altrove viviamo ancora in mondi separati e sovrapposti di culture e radici etniche diverse, di lingue e dialetti diversi con storie passate frastagliate altamente conflittuali che si coagulano in valori e simbolismi identitari abilmente nutriti ed utilizzati da chi ne sa trarre egoistico vantaggio e tornaconto. Ciò connota i rapporti tra gruppi etnici e gruppi sociali come se i torti inflitti e subiti fossero ancora presenti in assetto variabile inducendo gli individui a dover sempre temere per il futuro nel ricordo del passato. Un passato, a ben vedere quando lo guardiamo, bloccato e cristallizzato. Ne consegue una vertigine che ci trasferisce da una realtà prospera e di benessere in una prospettiva di incertezza per il futuro. Incertezza vaga che genera estraniamento, evoca fantasmi, produce sottili finzioni incarnate nella nostra storia che si fonda sull’idea delle identità separate ed incompatibili come se la migliore convivenza fosse possibile solamente tra culture rigidamente separate e scisse.

    Alex, per la nostra terra, è stato maestro di analisi e di proposta, ha dischiuso spazi, ha aperto prospettive. Con il senno di poi si può perfettamente comprendere lo scandalo – per l'SVP in particolare – dell’alternativa interetnica che Alex ha propugnato. Ed è comprensibile il rifiuto radicale, e militante di cui è stato oggetto, accompagnato da ostracismo anche violento nei suoi confronti.

    A distanza di anni mi appare però interessante notare come la posizione interetnica di Alex, assolutamente necessaria ed innovativa per un futuro "risolto" della nostra terra sia stata, per quanto da subito fortemente osteggiata e demonizzata dall'SVP (forse proprio per questo motivo), perfettamente funzionale al disegno egemonico di controllo politico ed economico del partito etnico sudtirolese ininterrottamente al governo “con pieni poteri” da oltre mezzo secolo. 

     

    La posizione interetnica di Alex, pur necessaria per un futuro "risolto" della nostra terra e per quanto osteggiata dalla SVP, per mezzo secolo è stata funzionale al disegno egemonico del partito etnico sudtirolese.

     

    Essere interetnici, idealmente equidistanti, dalle dinamiche competitive di controllo politico-economico di un gruppo etnico sull'altro, significa di fatto confermare e convalidare chi è depositario della posizione dominante di potere che lo può sviluppare ed ampliare ulteriormente.
    Essere interetnici ha significato richiamarsi ad una sfera di idealità e di principi etici di giustizia ed uguaglianza laddove sul piano concreto e materiale dell'agire politico-economico si stava sempre più consolidando la posizione dominante di un gruppo sull'altro. Ed il veicolo, da parte dell’SVP, è stato il richiamo al principio di salvaguardia e difesa delle minoranze nazionali sudtirolese e ladina – rurali - senza curarsi troppo degli interessi del gruppo italiano – urbano – di fatto emarginato dal focus dei partiti nazionali impegnati, con l’aiuto dei voti spesso decisivi dell’SVP nella sopravvivenza dei loro governi nazionali.

  • Dopo il 1972

    Poco importa se, dal Secondo statuto di autonomia in poi, in particolare negli ultimi trent'anni, gli assetti politici ed i rapporti di potere sono radicalmente cambiati nella sostanza. Il gruppo sudtirolese dominante si era storicamente identificato nel passato con una gestione politica rigorosa di tipo sociale (Silvius Magnago) e quasi francescana (Alfons Benedikter) rivolta a salvaguardare gli interessi di un po' tutte le componenti del proprio gruppo etnico che, per questo motivo, garantiva al partito di raccolta – l’SVP - il suo consenso plebiscitario che a sua volta dava forza e legittimità alle politiche di esplicita difesa e sviluppo degli interessi dei gruppi sudtirolese e ladino.

    Quella politica, realizzata con pieno successo, si è espressa con un progressivo ridimensionamento degli interessi e del potere italiani che con la destra al governo provinciale contano sempre di meno. Ora essa ha acquisito un differenziale di potere così elevato che, al proprio interno, essendo stati un po’ tutti i sudtirolesi garantiti e beneficiati da politiche di supporto ed incentivazione economica, non sembrano più contare a livello di dirigenza SVP le logiche di giustizia sociale e ridistribuiva del passato. Ora la ricchezza nella nostra provincia se la disputano le lobby, esclusivamente sudtirolesi, all'interno dell'SVP che agiscono dinamiche di competizione esasperata. Fonte e motivo di scandali. Nel nome, ovviamente condiviso, della minoranza nazionale che a livello locale è ormai maggioranza egemone.

    L’idealità interetnica va, per questo motivo, sottoposta ad un processo di ricollocazione e ridefinizione politico-culturale, di valori e simboli, che sappia adeguatamente comprendere le problematiche di tutti i cittadini della nostra terra e li sappia tutelare, indistintamente dall’appartenenza ad un gruppo etnico. Non possono essere più messi in contrapposizioni gli interessi di tutti i componenti di un gruppo etnico con quelli dell’altro gruppo etnico ma vanno indistintamente presi in considerazione, in egual misura, tutti gli interessi di tutti coloro che nei diversi gruppi hanno più necessità di essere tutelati in un contesto economico di diffusa ricchezza cui tutti i gruppi etnici hanno contribuito, indistintamente dalla distribuzione della ricchezza dei singoli cittadini e dei singoli gruppi etnici che tutti possiamo oggi osservare.

  • Elio Dellantonio

    Nato a Bolzano nel 1954, laureato in medicina a Innsbruck nel 1978, entra nel servizio psichiatrico di Bolzano nel gennaio 1979, specializzandosi in psichiatria a Verona nel 1982. Ha diretto il servizio per i disturbi da dipendenze di Bolzano dal 1989. In pensione dal 2017, attualmente è il responsabile sanità del Partito Democratico dell'Alto Adige.