Quel che resta di Fratelli d’Italia
Se non è un “funerale politico” poco ci manca. Fratelli d’Italia con il magrissimo 2,1% conquistato alle elezioni e la delusione per il comportamento dei vertici romani del partito che hanno imposto l’appoggio al ballottaggio al candidato sindaco Alessandro Urzì, ha dato il via a un esodo senza precedenti. Ponte, Tomada, Gaspari, Antolini, Mescalchin, Ponticelli, Carravieri, Tagliari, Bertolucci, Casanova, Matano, Cassini, Licciardello, Quinz, Bragadin, Maturi e Incalza hanno deciso di abbandonare FdI (durante la riunione di ieri dei candidati di Bolzano e Merano) lasciando il neoeletto in consiglio comunale Alberto Sigismondi a fare i conti con i resti di un partito completamente disgregato.
Maria Teresa Tomada accusa in un comunicato stampa i vertici del partito oltre che del mancato appoggio alla campagna elettorale anche del “mancato ascolto delle nostre ragioni (che è sfociato anche in prese di posizione pubbliche molto offensive e irrispettose nei confronti di persone che da anni lavorano gratis per il partito e per la comunità, sacrificando il tempo libero, la famiglia e spesso anche con pesanti ripercussioni su lavoro e carriera)”.
La "pasionaria" di FdI aggiunge che “i vertici romani erano stati preavvisati dal nostro coordinatore Sigismondi che le loro scelte avrebbero portato pesanti conseguenze, poiché un partito che non ascolta il territorio è destinato all'estinzione. Esprimiamo la massima solidarietà nei confronti di Alberto, di cui comprendiamo le difficoltà politiche in questa fase. Lo sosterremo comunque sempre nella sua opera in Consiglio e nei circoli culturali”. Un canto del cigno annunciato che fa sorgere una domanda su tutte: la responsabilità della "migrazione di massa" e della conseguente decomposizione del partito è di Urzì quale fine stratega e calcolatore o di una certa inabilità e leggerezza politica degli stessi garanti del partito?
FratellO d'Italia.
FratellO d'Italia.